Pronti, partenza, via di corsa!

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Piccola nota prima di iniziare: i delineatori di curva sono quei segnali stradali che, appunto, segnalano e delimitano curve potenzialmente pericolose. Per vederli googlate e poi ridete con me -- i crediti per il paragone vanno alla mia amica Federica.

Capitolo 8 -- Pronti, partenza, via di corsa!

Nell'appartamento le cose stavano andando in maniera piuttosto strana quel lunedì mattina; mentre un insolito silenzio che proveniva dalla stanza vuota di Babs, uscita praticamente all'alba - secondo il parere di Dixie-, la cucina era più affollata e rumorosa del solito, a causa della presenza di una sola persona, la quale, per giunta, era viva e vegeta nonostante non avesse ancora bevuto il primo caffè della giornata.

«Scuuusami, Ruthie! Scusa, scusa, scusa, scu-»

L'insistente richiesta di perdono della ragazza fu brutalmente interrotta dallo sbuffo esasperato di Ruth. «Avanti, ora smettila. Ti ho già detto che non è un problema».

Dixie comunque non era tipo da chiudere il becco così in fretta, specie se si considerava che una volta tanto la sua (non iper-, ma pur sempre) attività non era stata indotta dalla caffeina ma da un sovraccarico emotivo. Un sovraccarico tale che le aveva impedito di dormire, come dimostravano i cerchi scuri che le contornavano gli occhi. «Sì, invece».

Ruth alzò gli occhi al soffitto. Forse avrebbe preferito che la sua amica continuasse a non accorgersi delle ferite causatele nell'ultimo periodo, se l'alternativa era quella che le si stava presentando. «Forse» le concesse; «ma ormai il danno è fatto, quindi dispiacersi è inutile» osservò acutamente, mentre posava la propria tazza nel lavandino e recuperava la giacca di lana dallo schienale di una delle sedie, decisa a dirigersi in facoltà il più in fretta possibile.

«Mi dispiace comunque» obiettò Dixie nello stesso tono infantile che di solito usava per i commenti adoranti riguardo ai suoi pairing preferiti, Margot e Harry Styles.

L'amica si sistemò gli occhiali sul naso, mantenendo un certo contegno di fronte a quella sceneggiata messa in piedi con l'unico intento di intenerirla e spingerla a perdonarla – cosa che ufficialmente aveva già fatto, sebbene la ferita nel suo intimo ancora bruciasse. Evitò il suo sguardo, mentre borbottava sottovoce: «È il minimo».

Dixie trattenne il fiato e si imbronciò con aria colpevole. Questa volta l'aveva fatta davvero grossa, non sarebbe stato facile rimediare.

«Scusami» ripeté, in tono più serio, consapevole dei propri sbagli, approfittando di un momento in cui lei stava spiando la sua reazione per guardarla dritto negli occhi; era sincera. Estremamente stupida e distratta, ma sempre sincera. «Davvero» aggiunse per rincarare la dose.

Fu allora che Ruth si sciolse nel primo sorriso spontaneo della giornata e annuì frettolosamente come a chiudere alla svelta quella conversazione fin troppo difficile per entrambe – l'una aveva bisogno di non pensare a certe cose, mentre l'altra avrebbe dovuto smettere di piangere sul latte versato. «Per farti perdonare, oggi pomeriggio mi accompagni a correre» decise.

Dixie, il petto alleggerito di una parte del peso dei sensi di colpa, sgranò gli occhi ed ebbe anche il coraggio di protestare: «Cosa?! Ruthie!».

Lei sorrise, soddisfatta di quella reazione, e approfittò del suo silenzio sconvolto per infierire ulteriormente: «E mi racconterai di Liam».

«Ruthie!» la richiamò di nuovo Dixie, implorante. Ebbe però il buon senso di non domandare cosa avesse fatto di male per meritare una tortura simile; servire su un piatto d'argento ad un'altra il ragazzo a cui la propria migliore amica non voleva ammettere di essere interessata era una di quelle colossali bastardate che lei per prima non avrebbe mai perdonato a nessuno. Ruth doveva essere proprio una santa per averlo fatto, o anche solo starci provando. «In alternativa non potrei, non lo so... Lavare i piatti al posto suo per una settimana?»

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