14. Non qui (PARTE 2)

275 6 3
                                    

L'ultima volta che diedi una ripulita al mio aspetto, riuscendo in qualche modo a sembrare una donna rispettabile, è ricollegabile a quando Howard mi invitò per la rimpatriata in quel bar dov'era presente anche Steve. Ricordavo come i suoi occhi erano incollati alla figura dell'agente Carter, ma anche di come ero riuscita a strappare quell'ammirazione posandola su di me. Sentii di essere riuscita ad ammaliarlo, ad aprire una piccola breccia nel suo cuore, uno spazio accanto a quello già occupato da Peggy.

Non provavo rancore o rivalità per lei, era una donna coraggiosa a cui bisognava portare molto rispetto. Era intelligente, affascinante, e non mi stupiva sapere che Steve fosse interessato a lei, ma avrei voluto provasse lo stesso guardando me.

Era bastato un giorno soltanto perché io rimanessi affascinata da quel mingherlino di ometto, tutto orgoglio e onore per la patria, ed era stato il giorno più bello della mia vita. Prima che diventasse un super soldato, prima ancora di aver perso tutto ciò.

Avevo ritrovato quel peluche di carpa koi buttato sul letto della mia camera, lì dove l'avevo lasciato l'ultima volta. In quello stesso momento mille ricordi mi avevano riportato a quell'attimo in cui c'eravamo solo io e lui, Elizabeth e Steve.

Guardai malinconica il mio riflesso nello specchio: avevo raccolto la parrucca dai capelli castani in uno chignon lasciando che un ciuffo mi cadesse ribelle di lato agli occhi, il vestito verde scuro con dei bottoncini sul petto mi abbracciava il corpo slanciando la mia figura, valorizzando le mie forme.

Howard bussò alla mia porta sorprendentemente puntale. Andai ad aprirlo speranzosa, confidando in una serata tranquilla dopo tanto tempo.

Lo vidi lì sulla soglia, perfetto nel suo completino, i baffi tirati e i capelli laccati all'insù.

- Ti avevo detto di essere un tipo preciso. - esordì.

Scossi la testa divertita ed accettai il suo braccio come appoggio, chiudendo la porta di casa alle mie spalle.

Eh già, Howard era proprio un uomo dalle mille risorse e mille sorprese!

Aveva prenotato in un locale molto chic di Brooklyn: nulla di troppo estroso, niente di scadente. In poche parole, il posto perfetto. Solo il meglio per Howard Stark, lui poteva permetterselo.

- Ti piace il locale? Ci ho impiegato un po' per scegliere quale fosse quello ideale, magari avresti preferito qualcosa di più informale. - disse prendendo posto di fronte a me, dopo avermi fatto accomodare da vero gentiluomo.

- Stark... - sospirai prendendogli la mano che teneva sul tavolo - è perfetto, davvero.

- Bene. - diede un'occhiata al menù per sciogliere l'imbarazzo - vuoi qualcosa in particolare o ordino per entrambi?

- Va benissimo quello che scegli tu.

- D'accordo.

Nel mentre che il cameriere prese la comanda, potei osservare l'uomo che mi sedeva di fronte con più minuziosità.

Aveva deciso di indossare un papillon grigio - che si aggiustava ripetutamente nei momenti di imbarazzo, ovvero sempre - in contrasto con lo smoking nero. Doveva aver dato una spuntatina ai baffi, confidandogli un aspetto più pulito, perché qualcosa in lui quella sera mi attirò diversamente dal solito. Distolsi immediatamente lo sguardo quando notai che si stava voltando verso di me, posando gli occhi sul cameriere che tornava in cucina.

- Immagino che siamo qui per parlarmi della missione, non è così?

Sembrò quasi deluso nel dirlo, come se si aspettasse qualcosa di più da questa serata.

Io come te  |  MarvelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora