Capitolo 5

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"Cazzo!" impreco a bassa voce quando  per la quinta volta ripasso nello stesso corridoio senza trovare la fottuta presidenza.
Il problema di questa scuola è che i corridoi sono tutti uguali, pieni di armadietti verdi o gialli e nessuno di distingue dall'altro.
"Cosa cerchi?" una voce ormai a me famigliare mi fa girare di scatto.
"La presidenza"
"Vieni con me"

Indossa una felpa blu che gli fila a pennello e mette in risalto un accenno di muscoli che stanno sbocciando.
I capelli sono scombinati e sembra quasi che sta mattina non si sia preso la briga di pettinarsi.

Camminando di fianco a lui noto una certa giffaggine e senza pensarci due volte gli pongo una semplice domanda.
"Logan perché mi aiuti nonostante io ti abbia trattato male più volte?"

Noto che le sue guance si tingono leggermente di rosso e il suo passo si fa più veloce.
"Bhe, ehm.. perché, cioè insomma non so ti aiuto e basta!"
"Va bene" rispondo un po' confusa.

Camminiamo per qualche minuto nei corridoi della scuola e finalmente arriviamo davanti alla presidenza.
"Come mai devi ri-andare dalla preside Cartney?" chiede lui poggiandosi sul muro.
"Perché si" ribatto scocciata, non ho voglia di parlargli di mio fratello, del fatto che ha problemi e cose varie.
"Okay ho capito mi dovró abituare alle tue risposte inutili"

Si Logan dovrai abituarti. Rispondo in questo modo perché non sono una che fa tante domande quindi non mi trovo mai nella posizione di volere tante risposte.

"Comunque alla pausa vieni in mensa ti porto la cartina della scuola così non ti perdi"
"Okay" dico solo sperando che se ne vada il prima possibile.

Come sperato va via e nello stesso istante la porta della presidenza si apre e ne esce una persona che ho già visto.
È il ragazzo che ieri mattina sapeva il mio nome senza che io mi presentassi.

Per un istante i suoi occhi celesti si incastrano nei miei e resto incantata nel fissare quell'oceano.

I suoi capelli sono ancora una volta nascosti dal cappello e non so perché ho una voglia matta di toglierglielo e vedere i suoi capelli biondi.
La sua mascella perfetta destabilizza le mie gambe e le sue labbra gonfie mi fanno battere il cuore.

Non mi sono mai sentita così e non so neanche il motivo, ma non mi piace.
Mi sento vulnerabile e ho creato il mio muro, nessuno deve distruggerlo.

"Ginevra ancora tu, entra pure"
la preside mi riporta con i piedi per terra e mentre sbatto un paio di volte le palpebre il ragazzo sta già camminando verso la sua classe.

Merda. Anche questa volta non ho avuto modo di parlare.
È la seconda volta che mi accade quando lo vedo, mi blocco totalmente persa in quei occhi e le mie parole muoiono in bocca.

Entro dentro la presidenza e come fosse ormai casa mia mi siedo sulla poltrona.
"Si ehm è successo un piccolo problema." dico e prendo fiato.

Capirei se mi mandasse a fanculo dicendomi che sono un caso perso e che dovrei fare la punizione, ma ci provo comunque.

"Mio fratello ieri ha rovesciato della coca cola sui volantini che mi aveva dato."

La preside scompare dalla mia vista per andare a chiudere la porta dell'ufficio.
Forse avrei dovuto chiuderla io? Nah, non credo.

"Oh capisco"
"Solo -Oh capisco-? "
"Te ne daró altri, ma sta volta non li devi perdere sennó avrai per davvero la punizione"
"Okay"

Apre un cassetto nella scrivania ma lo richiude subito dopo, ne apre un altro ma niente.
Si gira e cerca in qualche faldone appoggiato sull'armadietto, ma ancora neinte.

"Cazzo!" impreca lei e questa sua afferermazione così spontanea mi fa spalancare gli occhi.
"Scusi?"
"Cosa?" si gira e mi guarda sbigottita.
"Lei preside Cartney ha appena detto cazzo?"
"No! Io? Bha ti sembro tipa!" ma nello stesso istante in cui finisce la frase si piega e da una gomitata alla scrivania.
"Merda!"
"L'HO HA FATTO ANCORA!" dico con le mani sulla bocca cercando inutilmente di trattenere una risata.
Nel frattempo lei si gira e mi lancia uno sguardo fulmineo.
"Ginevra sono umana insomma e poi è colpa tua se le ho dette!" dice continuando a cercare tra armadi e armadietti.
"Colpa mia?!" chiedo divertita.

"Si, se non fossi venuta qui a chiedermi altri volantini non sarebbe successo"
"Oh mi dispiace tanto se è uscita fuori dal contesto della preside per un minuto e ha detto due parolacce" ribatto divertita.
"Ginevra non è questo il problema, io dovrei essere un esempio per voi studenti e dire parolacce non rientra nella categoria - devo esservi di esempio-"

I suoi occhi sono fissi nei miei come a tentare di dare più serietà a quelle parole. La mia testa nel frattempo sta formulando una proposta al quanto malsana.

"Va bene facciamo un patto. Le prometto che non diró a nessuno questa cosa se lei mi dice il nome del ragazzo che è entrato prima qui!"

Appena finisco di parlare mi rendo conto dell'assurdita che ho appena detto e spero vivamente che non dica a nessuno di questo strano momento.

"È un ricatto Ginevra?"
"No! Semplicemente un patteggiamento. Lei mi dice il nome io le prometto silenzio"

Nonostante dalla mia faccia da schiaffi non si direbbe affatto ma sono una persona che alle promesse tiene molto. Da bambina me ne venivano fatte molte e mai nessuna di esse veniva mantenuta, quindi per principio morale mantengo le promesse. È una mia prerogativa.

Lei resta ancora qualche minuto a fissarmi con uno strano ghigno in volto e quando ormai ho perso le speranze..

"Travis"

"Come scusi?"

"Vuoi per caso uno spalling? Travis!"
"E ora fila via di qui!"

Compare uno stupido sorriso sul mio volto e mi alzo dalla poltrona contunado a fissare la preside negli occhi.
"Si ma i volantini?"
"Ti farò sapere appena li troverò"
Detto questo le regalo un ultimo sorriso e poi esco fuori dall'ufficio.

Non so di preciso cosa mi abbia detto la mia testa bacata nel chiedere il nome di quel ragazzo, ma dovevo saperlo.
Lui sa il mio, quindi è un passo avanti, ma ora non più.

Passo per qualche corridoio e per una volta riesco a non perdermi, così entro in aula di matematica e mi accomodo su una delle sedie ancora libere.
La professoressa ancora non è arrivata infatti tutti i ragazzi presenti in classe stanno facendo un baccano incontrollabile.

A Nashville avevo molti amici, erano più conoscenti che amici.
Nel momento del bisogno non c'erano, ma per divertiti correvano tutti in fila indiana.
Non posso dire di aver avuto un infanzia felice, avrei preferito un padre piuttosto che un uomo senza palle, ma va bene così.
Quelle esperienze ormai fanno parte della mia persona, mi hanno resa quella che sono oggi.

Qualche minuto dopo la prof di matematica entra dentro l'aula e resto sbigottita nel vedere che è quasi una ventenne.
Ma nello stesso istante in cui la porta si sta per chiudere compare una figura troppo divina per essere reale.
Travis.

...
💜

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