Ho sempre invidiato quelle ragazze così sicure di sé da potersi prendere il lusso di essere chiunque esse volessero, senza preoccuparsi minimamente del giudizio delle persone, belle fuori e dentro, intelligenti e piene di amici. Non che io fossi una ragazza scialba, insignificante, stupida e..brutta. No, semplicemente ero me stessa e ciò mi faceva un'immensa paura. Il mio modo di essere ha allontanato molte persone, eppure forse è stato meglio così. Il mio carattere ha trattenuto dall'esserci solo chi non voleva rimanere, il resto lo ha fatto il tempo. Si, perché è sempre questione di tempo prima che le persone ti deludano e ti abbandonino, come fece mio padre, come fecero tutti del resto, prima di lui.
Pov. Helena
<<Helena! Helena! Dai su, svegliati. Sono le 7:45, non vorrai arrivare in ritardo anche il primo giorno di scuola spero>> –eccola, la mia cara e dolce mamma che disturba il mio adorato sonno ristoratore urlando dal piano di sotto come uno scaricatore di porto–
Lois, mia madre, mi ebbe appena compì la maggior età e nonostante mio "padre" inizialmente fosse riluttante nel tenermi, mi crebbero insieme, fino a quando non decise che continuare a crescere una bambina di appena 3 anni non era quello che voleva. Così un giorno, esattamente quello del mio terzo compleanno, non tornò. E neanche il giorno dopo, ne quello dopo ancora. Così continuò la mia vita, senza un effettivo cambiamento, eravamo io e mia mamma e questo mi bastava. «Si mamma, sono sveglia. D'altronde come potrei non esserlo con te che urli di prima mattina« dissi io ridacchiando alzando un po' il tono di voce per far si che mi sentisse.
Mi alzai controvoglia e pigramente maledicendo quest'ultimo anno di scuola, sperando vivamente che finisse il prima possibile senza danni permanenti.
Sono già stanca senza ancora neanche aver iniziato.
Dovrò impegnarmi come non ho mai fatto in questi quattro anni per poter riuscire ad entrare alla facoltà di medicina, devo farlo, per me stessa, per mia mamma.
So che nessuno crede davvero che io possa farcela ed è proprio questo a spronarmi a dare il massimo, l'orgoglio.
La voglia di superare le poche aspettative che hanno su di me.
Così, con questo nuovo obbiettivo e raggiante come non mai, corsi velocemente in bagno a prepararmi, ricordandomi di essere in tremendo ritardo.Appena fui pronta per uscire, e dopo essermi guardata per l'ennesima volta allo specchio, indossai le mie tanto adorate vans nere, spazzolai i miei lunghi capelli rossi e corsi a perdifiato scendendo le scale, rischiando come ogni volta di rompermi qualche ossa
–ridacchiai nel pensare alla mia sbadataggine, ero davvero un impiastro–
ignorando i commenti di mia madre sul mio abbigliamento poco femminile, mi fiondai sulla porta.
–Cazzo, erano le 8:07, mancavano solo 13 minuti al suono della campana, sicuramente anche oggi non ci sarei arrivata.–Frequento il quinto anno del liceo linguistico, non per scelta mia purtroppo. Quando mia mamma mi consigliò questo indirizzo non mi sentì di contraddirla, sapevo che voleva il meglio per me, cosa che lei non ebbe, così senza oppormi l'accontentai.
Non fu male come scelta, inizialmente fu davvero difficile riuscire ad ambientarmi con i miei compagni e abituarmi ai ritmi di studio, ma solo dopo aver conosciuto le mie attuali migliori amiche, Ludovica, Chiara e Victoria, sono riuscita ad adattarmi al nuovo ambiente senza troppe difficoltà. Ed ora, ripensando agli inizi, rimpiango tanto la mia spensieratezza e voglia di fare.
Sono cambiata troppo in questi anni, che sia in bene o in meglio, non sta a me dirlo, ma di certo non sono la stessa bambina indifesa e piena di paura di un tempo.Come volevasi dimostrare erano le 8:33 quando feci il mio ingresso a scuola,
–non sarei mai cambiata–arrivai davanti la mia classe tutta trafelata, sperando che almeno quella vecchia stronza della professoressa di matematica, essendo il primo giorno di scuola fosse clemente con me..
ci sperai quasi, conoscendola mi avrebbe urlato contro per almeno 10 minuti, ricordandomi che se mi avessero bocciata, sarebbe stato soprattutto per i miei innumerevoli ritardi.Bussai delicatamente con un groppo in gola e senza attendere una risposta dalla stronza entrai a capo chino, pregando mentalmente almeno che mi risparmiasse la sua solita ramanzina, cosa che stranamente non arrivò.
Almeno, non dalla sua bocca. «Oh salve, signorina..? »
Alzai di scatto il viso, e quello che vidi non avrei mai potuto aspettarmelo.–Parlava con me? E certo, con chi sennò, stupida. Vedi qualcun'altra impalata a sbavare davanti la porta con la bocca spalancata? Non mi pare– mi ricordò in modo poco educato il mio subconscio.
Dannazione, che figura di merda, solo questa ci mancava per iniziare l'anno nel migliore dei modi.
«Ehm..si, ecco, sono Helena Williams, scusi per il ritardo»
–ottimo ci mancava solo che balbettassi dalla vergogna, di male in peggio. Ma chi diamine era quel ragazzo? Dov'era finita quella vecchiaccia dalla lingua biforcuta? Che si fosse trasformata in un bel principe?–«La ringrazio per averci degnato della sua presenza Miss Williams, ora la prego, si sieda.»
–Oh, mi rimangio tutto, che stronzo! Che ci potevo fare io se mi piaceva così tanto dormire, non era mica colpa mia se ero nata col gene della pigrizia!
Così senza degnarlo di una risposta mi andai a sedere al mio posto, accanto Ludovica, Chiara e Victoria, non senza prima avergli lanciato un'occhiataccia di puro disprezzo.
Sarebbe stato un anno interessante, me lo sentivo.
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Quello stronzo del mio prof
Teen FictionLui: bello, terribilmente bello, arrogante e stronzo. Dannatamente sicuro di sé e del suo fascino. Sa sicuramente il fatto suo. Lei: insicura e schiva, ma allo stesso tempo testarda e combattiva. Nessuno riusciva a metterle i piedi in testa. Due ca...