Amicize indissolubili

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Pov. Helena

Era ormai passata una settimana da quel fatidico giorno. Ero riuscita a convincere mamma a non mandarmi a scuola usando come scusa la prima cosa che mi mi era venuta in mente: "Ho le mie cose".
Certo, come no. Come se non sapessi che si annotava sul calendario il giorno in cui mi veniva e quando m finiva. Però ero "felice" che non mi avesse fatto domande. Evidentemente se volevo saltare la scuola un motivo c'era e la ringraziai mentalmente per non aver chiesto niente e non aver insistito.
Ma era ormai passata una settimana e non avrei potuto di certo continuare ad assentarmi per paura di vederlo.
Mi bastava semplicemente ignorarlo e far finta che non fosse accaduto niente, come mi aveva espressamente chiesto lui.
Il punto era: Ce l'avrei fatta?

Nonostante si fosse comportato da emerito coglione, mi mancava.
Mi mancavano i suoi occhi color smeraldo, i suoi capelli corvini costantemente scompigliati ed il suo sorriso. Quel maledetto sorriso in grado di far capitolare qualsiasi ragazza, me compresa. Si perché oramai avevo capito che provavo qualcosa per lui, che io quel bacio lo avevo desiderato ancora prima che accadesse. Io lo volevo. In un modo del tutto assurdo e privo di logica, io volevo David. E sapevo, che nonostante lui mi avesse chiaramente intimato di dimenticarmi di quel bacio e che fosse stato un errore, sapevo che non era così. Se non avesse voluto baciarmi, non l'avrebbe fatto essendo a conoscenza del suo ruolo e del mio.
Tuttavia la rabbia che provavo non parve affievolirsi. Mi aveva ferita, anche se non di proposito, lo aveva fatto e questo non volevo, non potevo perdonarglielo così facilmente.
Oggi avrei avuto due ore di matematica, sorrisi al pensiero.
Lo avrei fatto pentire della sua scelta di starmi lontano.
Oh si che lo avrei fatto. Mi stavo già gustando la mia personale "vendetta" quando lo squillo del mio telefono mi ridestò dai miei pensieri.
Era Ludovica, la mia migliore amica.
«Tesoro, oggi vieni a scuola vero? Stai meglio? La febbre è passata?» mi chiese lei con tono preoccupato.
Mi dispiaceva aver mentito a lei e alle altre, ma in quel momento mi era sembrata la scelta migliore.
Eppure mi sentivo in colpa, avrei dovuto raccontagli tutto ma temevo che mi avrebbero giudicata male e questo proprio non lo volevo.
Non da loro.
Nonostante ciò, sapevo benissimo che avrei dovuto farlo, erano le mie più care amiche e loro al mio posto, lo avrebbero fatto, ne ero certa.
«A proposito di questo..dovrei parlarti, parlarvi.» risposto io esitando.
«Hele, che succede? Devo preoccuparmi?»
«Forse.»
«Cos..?»
«Tranquilla, non è una cosa brutta, non del tutto almeno. Appena arrivo a scuola vi racconto tutto» la interruppi io velocemente.
«D'accordo.. ti voglio bene Hele.» sospirò preoccupata.
«Anch'io Lu, anch'io.»
«Qualsiasi cosa io, sono qui. Insieme, sempre. Qualsiasi cosa accada. Ricordi?»
«Ricordo. E sarà sempre così.»
«A dopo Hele, ti aspetto»
«Si» dissi chiudendo la chiamata.
Ero serena.
Sapevo che mi non avrebbe mai lasciata sola, qualsiasi cosa sarebbe accaduta.
Lei più di tutti era la mia ancora.
La mia persona.
Certo, ero legatissima anche a Chiara e Victoria, ma Lei, con lei era del tutto diverso.
Le volevo più che bene, la amo.
La amo come si può amare la propria sorella, la propria famiglia.
La propria esatta metà.
Si perché lei per me era questo, mi completava.
Sapevo che se avessi avuto lei accanto sempre, a me, sarebbe bastato.
E sapevo anche che per lei, era la stessa cosa.
Era la mia persona e lo sarebbe stata a prescindere da tutto.
Sempre.

Sorridendo mi avviai a passo spedito verso la scuola, non distava molto da casa mia, fortunatamente.
Odiavo camminare, ero davvero troppo pigra.
Arrivata davanti l'entrata, scorsi Ludovica con un libro in mano.
Ridacchiai.
Era unica.
Stava leggendo anche prima di entrare a scuola. Sapevo quanto lei fosse legata alla lettura e sapevo che quello era il suo modo di estraniarsi dal mondo circostante, ma non da me.
Eravamo davvero simili in questo.
Spesso passavamo il sabato sera a leggere insieme, buttate a letto mentre mangiavamo schifezze, era una nostra routine. Un qualcosa che apparteneva soltanto a noi due.

«Luu, sono qui» mi avvicinai sorridendo. Era davvero bellissima con quei suoi capelli biondi e costantemente ondulati. Le sue ciglia lunghe ad incorniciare quegli occhi stupendamente azzurri. Color del ghiaccio. Li adoravo. Erano azzurri tendenti al grigio, sembravano delle perle.
«Hele, ti stavo aspettando.» mi sorrise di rimando lei.
«Dove sono Chia e Vic?»
«In classe, dovevano ripassare»
«Oh. Tu no?»
«Si, ma preferivo aspettare te.» mi rispose imbarazzata.
La ringraziai mentalmente, seppur la sua timidezza non lasciasse trasparire l'affetto che provava nei miei confronti, i suoi gesti lo facevano benissimo.
Avevo già detto che era unica?

«Entriamo?» le sorrisi.
«Si» mi sorrise.
Le presi per mano e con sicurezza varcai la soglia di quel carcere.
Se avessi avuto lei sempre al mio fianco, sarei riuscita in tutto, lo sapevo.

Quello stronzo del mio profDove le storie prendono vita. Scoprilo ora