Spazio dell'autore:
Questo sarà un intero capitolo incentrato su Helena.
Sui suoi ricordi e sul suo dolore.Pov. Helena
Erano ormai ore che piangevo senza controllo e senza sosta. I miei singhiozzi risuonavano bassi in tutta la stanza. Mi sentivo come divisa a metà. Spezzata.
Quel bacio era stato paradiso e inferno allo stesso tempo. Mi aveva portata su, resa felice e in un attimo trascinata nei più bassi inferi.
Sentivo ogni mia certezza infrangersi.
Quelle sue parole avevano rovinato ciò che in tutti quei anni mi ero costruita col sangue e col sudore.
Quella corazza che non mi permetteva di farmi vedere debole era stata spazzata via da un semplice bacio.
Sentivo la testa scoppiare, la vista appannata non mi dava una visione chiara della mia stanza, e la stanchezza prese il sopravvento, così dopo poco, con le lacrime agli occhi caddi tra le braccia di Morfeo.
Quella, fu una notte senza sogni.
La prima di una lunga serie..La mattina arrivò velocemente, come a volermi incitare a smettere di piangere e stare meglio.
Sapevo di dover reagire, che quello che era successo non doveva avere alcun peso per me, che non doveva minimamente scalfirmi, ma non ci riuscì. Mentire a me stessa mi era sempre risultato difficile, e quella volta più che mai.
Pensare a lui riusciva solo a peggiorare il mio stato mentale. Non ero più abituata a tanta sofferenza. Mi ero così abituata nel non sentire dolore, nel non farmi toccare emotivamente dalle persone che fu devastante per me. Come fosse la prima volta.
Non so e forse non saprò mai perché mi diede quel bacio e ancor meno il perché si fosse allontanato da me, come scottato eppure una parte di me, sperava in un altro suo bacio.
–Sei una sua alunna– mi ricordò la mia mente.
Già, non ero nient'altro che questo.
Questa nuova consapevolezza non fece altro che farmi ancora più male.
Io non contavo niente, ne per lui ne per nessuno. Bastava vedere come anche mio padre mi avesse abbandonato, per capire che ero una responsabilità troppo grande per le persone e che nessuno vuole un peso del genere nella propria vita.
A quanto pare, neanche lui.
Aveva ragione mia mamma a ripetermi che gli uomini, seppur sembrino uno diverso dall'altro, col tempo si rivelano tutti per quello che sono.
Delle merde.
Senza alcuna eccezione.Flashback
«Mamma, mamma! Quando arriva papà?» chiesi con aria innocente battendo le mani.
«Amore di mamma, starà sicuramente arrivando» mi rispose lei.
Seppur fossi ancora solo una bambina, seppi dal suo sguardo che quello, non sarebbe affatto stato un bel giorno per me, –ne quello dopo ancora– e che sicuramente lo avrei ricordato per sempre.Le ore passavano, ed il rintocco dell'ormai mezzanotte si fece sentire in tutta la sua fierezza.
– Non era più il mio compleanno.
Non riuscivo a prendere sonno, volevo aspettare papà per poterlo festeggiare con lui, anche se l'ennesimo rintocco della mezzanotte mi ricordò che oramai era passato.– sorrisi tristemente. Sicuramente la mattina successiva mi avrebbe svegliata chiedendomi scusa per essersi perso il mio compleanno e mi avrebbe portata in gelateria e poi al parco e anche se in ritardo, lo avrei festeggiato con lui.
O almeno lo speravo.
Rimasi ad osservare l'uscio della porta fino alle prime ore dell'alba, fino a quando la consapevolezza che non sarebbe tornato si fece strada nella mia testa.
«Papà..» sussurrai al nulla.
Solo una lacrima cadde dai miei tristi occhi azzurri, una lacrima che fu prontamente cancellata dalle mie dita.
Da quel momento, non piansi più.
Fine flashback–Da quel momento, non piansi più.
Almeno fino ad ora.
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Quello stronzo del mio prof
Novela JuvenilLui: bello, terribilmente bello, arrogante e stronzo. Dannatamente sicuro di sé e del suo fascino. Sa sicuramente il fatto suo. Lei: insicura e schiva, ma allo stesso tempo testarda e combattiva. Nessuno riusciva a metterle i piedi in testa. Due ca...