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2 luglio 2017

Come previsto, la mattina seguente mio padre era di pessimo umore. Di solito la domenica mattina mi svegliava dolcemente dicendo "Buongiorno raggio di Sole" e stampandomi un bacetto sulla fronte.
Quella mattina irruppe nella mia camera e andò dritto verso la finestra, tirò su la tapparella velocemente facendo la maggior quantità di rumore possibile e spalancò le ante della finestra, dopodiché uscì senza dire una parola.
"Buongiorno" dissi cauta entrando in cucina qualche minuto dopo.
"Dove sei stata ieri sera?"
Eccolo
"Sono andata al Trabocchetto con Aurora" risposi.
"Sei stata al Trabocchetto con Aurora fino alle sei del mattino? Non credo proprio."
"Erano le cinque e un quarto Pa'" lo corressi.
Come se cambiasse qualcosa
"Abbiamo incontrato dei ragazzi che non vedevo da anni e ci siamo fermate a chiacchierare un po' con loro" spiegai "non mi ero resa conto che fosse così tardi"
"Non mi risulta che i genitori di Aurora la lascino stare in giro fino alle sei. Dimmi la verità"
Evitai di ricordargli ancora che avevo varcato la soglia di casa alle 5.17, e non alle sei come continuava ad insistere.
"Beh, Aurora è andata via un po' prima..."
"Ah ecco"
"Ma poi sono stata lì con questi ragazzi, li conoscevo già"
Mezza verità
"E siete stati tutto il tempo al Trabocchetto? Non chiude mai quel posto?"
"Quando ha chiuso siamo rimasti sui tavolini lì fuori"
Bugia
Meglio tralasciare la parte dove salivo sul tetto di un palazzo abbandonato.
Lui continuava a guardarmi impassibile.
"Mi dispiace di aver fatto così tardi" continuai "Non capiterà più, te lo prometto"
"Lo spero bene! E poi perché frequenti quel postaccio? E' pieno di gentaglia rumorosa e ubriaca, non mi piace"
Non aveva tutti i torti. La sua voce era sempre seria ma il suo sguardo si era addolcito. Stava andando meglio del previsto.
"E' carino come posto e poi è vicino a casa" risposi "E non mi avevi detto che anche tu ci andavi quando eri giovane?"
"Quelli erano altri tempi, all'epoca non era pieno di balordi come adesso"
Balordi. Ancora quella parola.
Come un lampo mi tornò in mente quel bacio così inaspettato. Mi sentii arrossire.
"Vado a farmi una doccia" dissi dirigendomi verso il bagno quasi correndo. Mi bloccai a metà strada e mi girai, con un timido sorriso chiesi:
"Sei arrabbiato con me Papi?"
Lui mi guardò dolcemente e rispose:
"No tesoro, ma non tornare più alle sei"

L'acqua bollente scorreva piacevolmente sul mio corpo; sentivo le goccioline percorrere tutta la lunghezza della mia schiena e poi perdersi sul fondo bianco della vasca. Non ero il genere di persona che trascorreva le ore sotto la doccia, di solito non impiegavo più di otto minuti per insaponarmi e lavarmi i capelli, dieci se dovevo anche passarmi il rasoio. Quella mattina però decisi che sarei rimasta un po' più a lungo, avevo bisogno di pensare e almeno avrei dato tempo a mio padre per recuperare completamente il buon umore.
Nonostante fuori ci fossero più di ventisette gradi, per me la temperatura dell'acqua doveva essere bollente, estate o inverno che fosse. Questa era una delle tante cose che avevamo in comune io e Roby.
Roby
Non potevo più far finta di niente, le cose tra noi non andavano affatto bene. Il fatto che avessi baciato un altro ragazzo lo confermava. Cercai di farmi un esame di coscienza. Mi sentivo in colpa?
Si, ma non proprio
Sapevo che quello che era successo era sbagliato, non avrei mai voluto ferirlo; tuttavia non potevo dire di sentirmi male o di essermi pentita. Lo rifarei?
Probabilmente si
Sincera, Sole.
Si, lo rifarei
Bene. Anzi no. Non c'era niente che andava bene in tutto ciò.
Era da parecchio tempo che sentivo che le cose non andavano; non sentivo più le farfalle svolazzare nel mio stomaco e non mi brillavano più gli occhi quando parlavo di lui. Se ne era accorta anche mia madre.
Mi sarebbe piaciuto poter dare la colpa a lui, dire che non mi trattava bene o che non mi dava abbastanza attenzioni, ma la verità era un'altra: lui era perfetto. Mi metteva sempre al primo posto, c'era sempre quando avevo bisogno di lui e mi trattava come una regina; qual era il problema allora??
Chiusi il rubinetto e uscii cauta dalla doccia, mi avvolsi nell'accappatoio rosa che mi avevano regalato due Natali fa e iniziai a strofinarmi i capelli nell'asciugamano. Notai con un velo di tristezza che l'azzurro acceso dei miei capelli di un paio di settimane prima era già diventato un verde acqua spento.
"Maledette tinte" pensai.
Erano anni che i miei capelli non vedevano il loro colore naturale, amavo troppo i colori accesi e sgargianti che non me la sentivo proprio di tornare al mio castano banale; mio padre continuava a ripetermi che prima dei trent'anni sarei rimasta pelata, ma io ero fiduciosa. D'altronde chi non aveva qualche doppia punta?
Finii di asciugarmi e vestirmi; sentii arrivare un profumino di ragù e mi venne l'acquolina in bocca.
"E' pronto!" gridò mio padre dalla cucina
"Arrivo!" risposi allegra. Aveva cucinato il mio piatto preferito, era ufficialmente tornato di buon umore.
Mentre mi sedevo a tavola controllai il cellulare: un nuovo messaggio da un numero sconosciuto.
"Ehi splendore, sei sopravvissuta all'ira del Papi? Se non sei stata relegata in casa per il resto dell'estate, ti andrebbe un gelato oggi? Passo a prenderti alle 4. A."
Fissai quel messaggio per qualche secondo. Come diavolo faceva ad avere il mio numero? A chi l'aveva chiesto? E perché dava per scontato che io sarei stata libera quel pomeriggio? Non ci sarei andata. No, non era una buona idea e poi avevo una montagna di roba da studiare.
Prima che riuscissi a digitare una risposta mi vidi arrivare davanti agli occhi un piatto colmo di spaghetti al ragù fumanti.
"Tesoro metti via quel telefono, lo sai che non mi piace che lo usi a tavola"
"Si Papi scusa" mi voltai e lo appoggiai a faccia in giù sul mobile dietro di me.
"Buon appetito a noi" disse mio padre sorridendo e alzando una forchettata stracolma di spaghetti.

Tre quarti d'ora dopo mi buttai sul letto con un tonfo. Ero pienissima. Probabilmente quella sera non avrei cenato e sicuramente da lì a tre ore non avrei avuto voglia di un gelato. Presi di nuovo in mano il telefono per rispondere ma ancora una volta non riuscii a portare a termine il mio intento. Mentre entravo su Whatsapp infatti, il cellulare cominciò a squillare; d'istinto premetti il testo verde senza neanche riuscire a vedere chi mi stava chiamando:
"Pronto?"
"Ehi piccola, sono io"
Se mi fossi fermata a rifletterci due secondi probabilmente avrei risposto in modo diverso, invece purtroppo chiesi:
"Io chi? Andrea?"
"Eh? No amore, sono io, Roby... Chi è Andrea?"
Merda
"Ehi scusami, ho risposto talmente veloce che non ho nemmeno visto il nome sul display" dissi un po' agitata. "Tutto bene?" chiesi, speranzosa che si fosse dimenticato di indagare su chi fosse questo Andrea.
"Si si, ero solo un po' preoccupato, ieri non mi hai più risposto ai messaggi e stamattina non ti sei fatta viva... Stai bene?"
"Oh si, è solo che ieri mi si è scaricato il telefono mentre ero ancora fuori e stamattina appena sveglia mi sono buttata subito in doccia e poi sono andata a mangiare"
Okay non era esattamente la verità, ma cos'altro avrei potuto dirgli?
"Tranquilla, l'importante è che tu stia bene. Ci vediamo oggi?"
"No, devo studiare"
Quelle parole mi uscirono così, senza nemmeno rifletterci e con un tono impassibile.
Accidenti, dovevo darmi una calmata
"Sono molto indietro con neuroscienze" dissi più dolcemente "non posso permettermi di saltare una giornata di studio"
"Capisco" rispose e riuscii a sentire tutto il suo dispiacere in quell'unica parola.
"Ora devo andare" dissi per troncare quella conversazione che mi stava mettendo a disagio.
"Va bene ma non sparire mi raccomando. Scrivimi nelle pause"
"D'accordo, a dopo allora"
"Ah, Sole?" lo sentii dire mentre stavo per riattaccare.
"Si?"
"Chi è Andrea?
Trattenni il respiro per un tempo che mi sembrò infinito. Poi non so come, riuscii a rispondere con la voce più calma del mondo:
"E' un mio compagno di corso, ci siamo messi d'accordo per ripeterci un paio di capitoli di neuroscienze su Skype"
Mi preparai ad un "non raccontarmi cazzate" o a qualcosa di molto simile e invece mi rispose soltanto:
"Brava la mia ragazza studiosa. Ci sentiamo dopo allora" e riattaccò.
Tirai un sospiro di sollievo e mi lasciai cadere indietro con la schiena sul letto.
Da quando ero diventata così brava a dire bugie? Ma soprattutto, da quando ne sentivo il bisogno?
Chiusa la chiamata trovai la schermata di Whatsapp aperta sul messaggio di Andrea. Lo fissai per qualche istante e poi risposi.
"L'indirizzo lo conosci già. Ti aspetto"
Dopotutto, forse, ero davvero una stronza.

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