from dusk till dawn

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Si sapeva che prima o poi avremmo sentito il bisogno di vederci.
Un altro salto temporale, siamo ai primi di febbraio.
Più precisamente il 12.
Il giorno prima, nonché l'undici febbraio, la nostra conversazione aveva preso una piega un tantino più profonda.
Finalmente si era reso conto di tutte le persone false che aveva attorno, finalmente si era accorto di quanto fosse realmente profondo il mio amore nei suoi confronti.

Comunque sia, il nostro rapporto andava a gonfie vele.
Finalmente non avevo qualcosa di cui lamentarmi, io ero al settimo cielo e lui sembrava felice.
Quel giorno era un martedì, lo ricordo come se fosse ieri, se non erro lui a scuola non ci era proprio andato.

Fate attenzione, ragazzi, questa parte della storia è particolarmente rilevante in quanto è uno dei pezzi più grandi del puzzle.

Io ero a scuola, avevo trascorso la mia giornata scolastica molto tranquillamente, poi ero tornata a casa e come ogni singolo giorno mi ero sdraiata sul letto, e avevo iniziato a pensare a lui.
O meglio, a noi.
Che poi, effettivamente, c'era un noi?
Se avevo avuto in passato dei dubbi, in quel periodo della nostra relazione si erano proprio cancellati; c'eravamo noi due, per una volta.
Eravamo una cosa proprio bella, io e lui.

Forse ho trovato persino una metafora adatta a descriverci.

Il duale, tipico del greco, si usa quando l'azione riguarda due persone o cose ed ha soltanto la seconda e terza persona, mentre la prima è sostituita dalla prima persona plurale.
Il duale, chiunque faccia il liceo classico sa perfettamente quanto sia odioso doverlo studiare pur sapendo chiaramente che potrebbe capitare una volta su un milione.
E così siamo noi, il duale in greco antico.
Due su un milione.
Una cosa solo ed esclusivamente traducibile con 'voi due.' o 'loro due.'
Noi siamo i 'loro due.'

E meno male che a greco ho 3.

Comunque sia, bando alle ciance, quel giorno era un giorno normale.
Fatta eccezione per il fatto che lui fosse andato in un determinato posto.
Me lo scrisse, aggiungendo anche che quello era proprio un bel posto, ma che ci andava raramente.
Ho sempre amato il mare, e quella località di mare sembrava dannatamente bella.

Così glielo dissi, che era proprio bella.
"Ti ci porto?"
Sì, diamine, sì!
Urlava la mia testa, il mio cuore, il mio corpo.

"Sì."
Dissero le mie dita, fingendo un'indifferenza che chiaramente non è mai esistita.

Quello pian piano diventò il nostro posto, e voi vi chiederete;
Come fa ad essere il vostro posto se non ci siete mai andati insieme?
Sapete, ci sono cose inspiegabili che dovrebbero rimanere tali.
Quanti dubbi ha un fiore prima di sbocciare, quanti problemi ancora irrisolti.

Io e lui siamo sempre stati un punto interrogativo per il mondo, per chi era esterno ma soprattutto per noi stessi.
Iniziavamo a non capirci più niente.
Non sapevamo se buttare tutto nella mischia, o se buttarlo via e basta, se cancellare i ricordi di noi due come non fossero mai esistiti e continuare a fingere che tra noi non ci fosse niente più che amicizia.

Ma ancora una volta Lulu, la mia maestra di vita insegna.

"Siamo solo amici.", siamo solo che?
Avevamo tanti problemi, tante domande senza risposta e troppi, troppi dubbi ed incertezze.

Eh già, le incertezze alla fine ci mangiarono vivi.
Furono le incertezze la causa della rottura; perché sapete, quando c'è incertezza le persone si spezzano in maniere inverosimili.
Si spezzano in modi diversi ma c'è sempre una cosa che li accomuna.
Il dolore, e la consapevolezza di non sapere dove diamine è stato commesso l'errore.

Nonostante questo, però, nonostante ci fossimo spezzati, imperterriti andavamo comunque a braccetto.
...Dedicandoci tramonti e canzoni tristi.

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