8.

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L'affermazione mi rimbombò in testa tanto da farmi venire il mal di testa. Istintivamente mi poggiai una mano sulla fronte.
-Tutto bene?- mi chiese lentamente mia madre.
-Come non è venuto nessuno a casa?-
-Non so di chi tu stia parlando, tesoro... Sicura di stare bene?-
-Si... Ora torno di là...-
Mi diressi in camera.
-Chiamami se hai bisogno!- mi urlò lei dietro.
Come poteva non essere venuto a casa nessuno?
Leo... Lui era venuto.
Ne sono certa.
Siamo stati insieme.
Ci siamo parlati.
Mi ha abbracciato.
Ci siamo baciati...
Forse è meglio che mi prenda una bella boccata di aria fresca.
- Mamma, esco un attimo in cortile, devo prendere aria...- la informai mettendomi il cappotto -Torno fra poco-
-Sei sicura di stare bene?- mi chiese affacciando la testa dalla porta della cucina.
-Si, credo-
Chiusi la porta.
Scesi velocemente le rampe di scale, avvolgendomi la sciarpa intorno al collo.
Mi sentii chiamare.
Istintivamente mi fermai, per ascoltare.
-Hei Jess, sei tu?- continuò la voce.
-Max?- risposi di rimando. L'unica persona sulla faccia della terra che non volevo incontrare.
-Hei...- disse lui, spuntando nel mio campo visivo, le mani nelle tasche dei jeans.
Aveva una felpa, niente giacca, nonostante sapesse che le scale non sono calde in questo periodo dell'anno.
-Non hai freddo?- gli chiesi più per cortesia che per altro.
-Oh... Ti preoccupi per me? Ma che carina...- disse quasi in tono sarcastico.
Sapevo dove voleva arrivare; mi girai alzando gli occhi al cielo, continuando il mio percorso.
Come avevo immaginato mi seguì.
Arrivai al portone in fondo, con le guance rosse, mi girai e gli urlai:-MA LA VUOI SMETTERE?!-
L'urlò rimbombò per le scale.
Max non fece nessuna espressione, continuò a scendere gli ultimi scalini con aria annoiata.
Girò lo sguardo un po' intorno, finché il rimbombo non finì.
Poi mi si avvicinò con aria violenta.
Indietreggiai finché non mi ritrovai spalle al muro.
Ero spaventata a morte: non significava niente di buono starsene con Max da soli in una rampa di scale.
Specialmente se ha una cotta per te.
Mise una mano contro il muro, bloccando la via di fuga, mentre con l'altra mi indirizzò la testa verso la sua, da sotto il mento.
-E ora finalmente avrò la mia vendetta- disse minaccioso.
"Vendetta".
So a cosa si riferisce.

Flashback
Avevo dodici anni.
Lui quattordici.
Sapevo già che aveva una cotta per me, l'avevo intuito da come mi trattava.
Tutti i maschi del palazzo mi stavano dietro, ma non davano nell'occhio quanto lui.
Quel giorno me lo disse.
Venne da me mentre facevo i compiti in giardino.
Mi fece alcuni complimenti come "ma quanto sei carina oggi".
E poi me lo chiese.
"Vuoi essere la mia fidanzata?"
Non so neanche perché lo rifiutai.
Non mi era mai piaciuto quel ragazzo, non che avesse fatto qualcosa di male, ma forse il suo atteggiamento, il fatto che fosse il più bello del liceo ...Tutte avrebbero voluto stare con lui. Tutte avrebbero voluto essere al mio posto.
Tutte tranne... Me.
Quel giorno se ne andò offeso.
Non mi parlò fino al mio tredicesimo compleanno.
E poi me lo richiese.
E ogni giorno, ogni singolo giorno, quando ritornavo da scuola, trovavo davanti alla porta di casa mia un fiore ed una lettera.
Quando mi iscrissi al liceo, faceva di tutto per attirare la mia attenzione, ci incrociavamo "per caso" nei corridoi, alle macchinette, scriveva bigliettini sdolcinati che poi infilava nei miei libri.
Ed io ogni volta lo ignoravo.
E lui ogni volta non si arrendeva.

-Quindi, se non posso averti con le buone, ti avrò con le cattive-

SEI SEMPRE NEI MIEI SOGNI•Leonardo DiCaprioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora