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T.

"Che ne pensi di questa?" mi chiese quel vecchio burbero portando l'ennesima cravatta sotto il mio naso.

"È carina." mi limitai a dire, annoiato.

L'uomo continuò ad osservarla, grattandosi poco elegantemente la barba pronta a ricrescere. Battei insistentemente un piede per terra: il mio culo aveva preso la forma di un quadrato, talmente era scomoda la poltrona su cui ero seduto da ore.

"Che ne pensi di quest'altra?" continuò alzandone un'altra, quasi dello stesso e identico colore.

"Ascolta" mi alzai spazientito "non me ne frega un cazzo di queste tue cravatte. L'andamento della cena di stasera non dipenderà da un dettaglio stupido come questo." conclusi girandomi portando gli occhi al cielo, sistemandomi al contempo lo scialle sulle spalle.

"Prendo questa da 400.000 allora?" riprese a domandare, come se non mi avesse sentito, dandomi ancora di più sui nervi.

"S-sì." decisi di rispondere per porre fine a quell'inferno, balbettando dalla rabbia, digrignando i denti.

Confermò la sua scelta al negoziante, estraendo il portafogli pieno zeppo di contanti e carte di credito. Mi avvicinai a lui, non vedendo l'ora di uscire da quel dannato negozio.

"È suo figlio?" chiese il negoziante d'un tratto, rivolgendosi all'anziano accanto a me.

"Lui?" domandò quest'ultimo, indicando me "Assolutamente no! È diciamo, un amico."
Sembrava così innocente, in quel momento. Aveva l'aria di uno di quegli anziani che trovi per le strade di Myeongdong accanto ai carretti di street food, pronti a farti assaggiare le prelibatezze della cucina di strada.

Incredibile quanto l'apparenza potesse ingannare.

"Strano che un ragazzo così giovane si trovi accanto a lei." puntualizzò ancora il negoziante.

"Mi stai dando del vecchio?" domandò furioso Lui, avvicinandosi all'impiegato con fare minaccioso.

Il più giovane fece una risatina nervosa. "Mi ha frainteso, signore. Non potrei mai pensare una cosa del genere." concluse porgendo al più anziano il pacchetto della cravatta, senza approfondire l'argomento.
Buon per lui, non aveva idea di con chi aveva a che fare.

"La ringrazio." fece tornando mite l'uomo accanto a me che, poggiandomi una mano sul fianco, mi condusse fuori.

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"Buona sera, Taehyung." mi salutò inchinandosi la moglie di Lee, uomo spietato e aggressivo, forse anche più potente di Lui.

Ricambiai l'inchino senza proferire parola.
Odiavo quel tipo di cene a cui ero costretto a partecipare.
Il mio obbligo di sembrare felice e sereno raddoppiava, in presenza di estranei.
Quando eravamo a casa, potevo tranquillamente permettermi di sfogarmi quanto volevo. A patto che lui potesse sfogarsi su di me, dopo.

"Che foulard incantevole, Taehyung. È Fendi?"
Apprezzavo il fatto che la signora cercasse sempre di farmi sentire meno un pesce fuor d'acqua: evidentemente il mio nervosismo in quelle occasioni era palpabile, e avrebbe fatto pena a chiunque.

Annuii accennando un piccolissimo sorriso, dopo aver salutato il signor Lee, pronto ad accomodarmi in salotto, dove ero sicuro stessero per servire un costosissimo champagne francese, come sempre.

"Hai qualcosa da dire riguardo il comportamento di Kang?" cominciò il discorso il proprietario della grande dimora in cui mi trovavo, rivolto a Lui.

"Sappiamo entrambi la gran dose di vigliaccheria di quell'uomo. Sapevo fin dall'inizio che non sarebbe riuscito a concludere niente di buono con l'affare."

"Non posso neanche immaginare un lontano motivo per cui sarebbe dovuto esser stato scelto lui per l'incarico. Sono anni che io e te lo serviamo, e ci ripaga così." continuò digrignando i denti.

Non avevo mai ben capito di cosa si trattasse questo 'grande affare' di cui parlavano ogni singola volta e, in tutta onestà, non m'importava capirlo.

"Di questo passo penso proprio che dovrò prendermi una vacanza." dichiarò Lui appoggiando una mano sulla mia gambe, facendomi venire i brividi.

"E dove hai intenzione di andare? Sentiamo." cominciò l'amico "Le Maldive? Caraibi? O qualcosa di più rustico come il Canada?" finì prendendolo in giro.

"Nessuna di queste. Ormai sono troppo vecchio per andare così lontano. Credo che rimarrò qui in paese."

"Non c'è niente che tu già non conosca, qui." cantilenò il collega.

"Voglio andarmene in un posto tranquillo. Una campagna, ecco" chiarì guardandomi con sorriso malizioso. Girai lo sguardo, ancora non riuscendo a sopportare l'orrore di quel che mi provocava quell'uomo.

"Verrà con te anche Taehyungie?" continuò Lee guardando questa volta me, con sua moglie accanto che guardava a terra, senza proferire parola.

"Certo che verrà con me. Mi segue dappertutto, questa cagna."
Al chè i due uomini scoppiarono in una fragorosa risata, lasciando me e la signora Lee nel più totale imbarazzo. Specialmente me.
Incredibile il senso di ribrezzo che riuscivano a provocarmi quei due quando erano insieme, specialmente quando parlavano di me e della donna come se fossimo al loro servizio.

"Seriamente, cosa ne pensi?" mi domandò guardandomi in maniera quasi seria, ma vedevo ancora un velo di risata nei suoi occhi.

"Non ha importanza ciò che dico io." recitai meccanicamente come una battuta imparata a memoria.

"Ecco la mia puttanella." fece ancora Lui passandomi una mano sulle clavicole nude per via della profonda scollatura della maglia che indossavo. Rabbrividii. Ma non osai muovere un muscolo.

"Decideremo poi la destinazione. Credo che andremo ancora più a sud. Dicono che ci sono dei paesaggi rurali sublimi." concluse il discorso "Ma adesso sta cominciando a venirmi fame, andiamo?"

𝔯𝔞𝔤𝔞𝔷𝔷𝔬 𝔠𝔬𝔫 𝔩'𝔬𝔯𝔢𝔠𝔠𝔥𝔦𝔫𝔬 𝔡𝔦 𝔭𝔢𝔯𝔩𝔞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora