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T

Avevo sempre odiato la luce accecante di primo mattino. Avevo sempre avuto la cattiva abitudine di volermi svegliare nel buio totale, non essendo mai pronto ad affrontare la giornata non appena aperti gli occhi.

Ma quella mattina il sole, quasi a volermi tirare fuori dal letto con la forza, decise di piombarmi dei raggi di luce proprio nella mia visuale.
Stizzito mi misi a sedere sul letto enorme su cui avevo dormito, andando immediatamente nel panico non appena notai che i miei capelli erano scoperti.

Il foulard che usavo a mo' di turbante mi era stato tolto.

Mi fiondai con i piedi per terra, ignorando il freddo del pavimento, uscendo da quella stanza.
Mi ritrovai su una lunga rampa di scale a chiocciola che riconobbi all'istante: ero a casa Jungkook.
Tirai un involontario sospiro di sollievo, scendendo con cautela le scale, per non fare rumore.

Come sapevo, la stanza in cui mi trovai fu il salotto, ma ad attirare la mia attenzione fu proprio il proprietario di casa, comodamente seduto sul divano, con una tazza tra le mani.

Mi avvicinai intento a farmi notare, ma senza l'intenzione di spiccicare parola non avendo la più pallida idea di cosa dirgli.

"Hey" esclamò non appena mi vide, saltando giù dal divano, posizionandosi proprio di fronte a me. "Ti donano i capelli biondi" commentò con un piccolo sorriso. Aveva tutti i capelli arruffati e gli occhi ancora un po' gonfi per la nottata trascorsa.

Abbassai lo sguardo ignorando quello che voleva essere un complimento.
"Dov'è il mio foulard?" domandai intimidito e un po' arrabbiato.

"Oh, giusto" fece per avvicinarsi al tavolo della cucina e afferrare il tessuto minuziosamente piegato "Quando ieri sera ti ho messo a letto ho pensato fossi scomodo, quindi ho preferito togliertelo".

Afferrai con un po' troppa violenza l'oggetto di mia proprietà, portandomelo al petto mentre prendevo posto sul divano. Jungkook mi seguì subito dopo, parandosi sulla poltrona difronte a me.

"Come ti senti?" chiese sinceramente preoccupato, abbassando lo sguardo per puntarlo dritto su di me.

Non risposi, solo presi a passare le dita tra quei lembi di seta rosso carminio che tanto amavo.

"Cosa è successo? Ieri, intendo" domandai decidendo finalmente di tirare in ballo l'argomento.

Jungkook serrò la mascella, prendendo a giocare con i laccetti della tuta che gli fasciava perfettamente le cosce, tenendo lo sguardo basso.

"Per fartela breve il proprietario del bar c'aveva visto lungo, e aveva ben capito quanto tu fossi economicamente ben piazzato solo a vedere i gioielli che porti. Perciò ha ben pensato di chiedere a quegli energumeni  di provvedere a portarti via almeno una parte di quelle ricchezze. Fortuna che, preoccupato, sono venuto a cercarti. Se così non fosse stato i gioielli rubati sarebbero stati il tuo ultimo problema". Chiuse quel breve racconto con quella frase greve, appesantita dal tono stanco di chi la sapeva lunga. Mi vennero i brividi.

"Mi dispiace" iniziai sincero "non avevo idea che in un paesino del genere, dove tutti sembrano essere felici e contenti, in armonia con gli altri, potessero esserci persone di questo tipo".

"L'uomo è cattivo indipendentemente dal suo luogo di provenienza, dalla città in cui vive e dalla sua lingua madre. Il menefreghismo verso il prossimo è una delle sfaccettature più antiche dell'essere umano" spiegò guardando fuori dalla finestra, quasi stesse dando voce ad un flusso di pensieri che in realtà erano più rivolti a lui che a me.

"Ma tutto questo non sarebbe accaduto se tu non fossi stato un gran coglione" affermai con franchezza.

"Non mi pento di ciò che ho detto." ammise senza alcun ritegno "Certo, forse sarebbe stato meglio farmi gli affari miei piuttosto che sparare sentenze su un perfetto sconosciuto. Ma sai perché non me ne pento?" sussurrò avvicinandosi al mio viso "Perché quelle sentenze hanno un fondo di verità. Sappi una cosa: odio vedere quando le cose non vanno per il verso giusto e detesto assistere alla vita di persone che non sanno tenere le redini di essa."

"Tu non hai il diritto di sputare veleno sulla mia vita senza sapere un minimo di quello che mi sta attorno. Se mi ritrovo in questa situazione con Lui è perché probabilmente mi piace".
Deglutii rumorosamente dopo aver pronunciato quelle parole, deplorevoli, false, cariche di odio.
Come avrei mai potuto apprezzare di ritrovarmi catapultato in quella realtà piena di schifo e di sesso? Di alcol, di droga, di locali notturni e bordelli? Di una vita dannata, disadatta ad un diciassettenne il cui unico desiderio sarebbe stato quello di frequentare una buona scuola, uscire con gli amici, fare mille stronzate tipiche degli adolescenti, innamorarsi, tornare a casa la sera trovando la propria famiglia radunata attorno ad una tavola, pronta a raccontarsi i resoconti di un'intera giornata.

Mi guardò, con mia sorpresa, con dolcezza. O meglio, compassione. Si era appena alzato, così lo feci anche io. Era decisamente più alto di me e la stazza poi, avrebbe potuto schiacciarmi se solo avesse voluto. Ma il viso giovane e buono tradivano quell'aura tenebrosa che lui teneva tanto a emanare.
"Perdonami" e si allontanò, senza guardarmi dritto negli occhi, senza lasciar trasparire alcuna emozione, solo dopo avermi squadrato da capo a piedi. "I tuoi vestiti sono di sopra. Preparati che ti riaccompagno dal vecchio".

Un magone mi si formò sullo stomaco. Era tutto qui? Sarei dovuto ritornare da Lui? Abbandonare quell'accenno di libertà di cui ormai sapevo sarei stato dipendente?

Mi parai davanti ad uno specchio, maneggiando con destrezza il foulard, portandomelo sul capo.
Prima entrambi i lembi verso il basso. Intreccia. Porta su. Fascia la fronte con entrambe le estremità. Porta ancora giù. E infine chiudi.

Guardai negli occhi quello che doveva essere il mio riflesso. Ero smagrito, stanco. Una lacrima scivolò involontariamente. Avrei dovuto vergognarmi di tutta quella astenia, di quel dolore che stavo permettendo s'impadronisse di me. Di tutta quella sofferenza che ero stato capace di tenere dentro per anni ma che adesso, ebbro di quell'assaggio di libertà, non riuscivo più a contenere, come un fiume in piena.

Mi ricomposi come scosso da un brivido. Guardai il ragazzino nello specchio in cagnesco, tenendo il mento alto, sfoggiando lo sguardo più fiero di cui fossi capace.

"Le puttane non piangono".

𝔯𝔞𝔤𝔞𝔷𝔷𝔬 𝔠𝔬𝔫 𝔩'𝔬𝔯𝔢𝔠𝔠𝔥𝔦𝔫𝔬 𝔡𝔦 𝔭𝔢𝔯𝔩𝔞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora