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J.

"Possibile che in questa cazzo di casa ci sia solo cibo in scatola?" imprecai chiudendo con violenza l'anta della credenza. Fare la spesa al mercato mi scocciava a tal punto da indurmi ad accontentarmi del cibo precotto e confezionato dell'unico minimarket presente a Yeongju, gestito da una donna dalla pelle così rugosa da ricordare una mela aggrinzita.

Al mercato del paese, sebbene quest'ultimo fosse abitato da non molta gente, c'era in egual modo un incredibile caos. I venditori urlavano a più non posso, volenterosi di ottenere maggior clientela e quindi aumentare il profitto. I bambini, quando non erano a scuola, scorrazzavano tra i chioschi rubando prelibatezze qua e là.
Il caldo di quelle zone di certo non aiutava ad aumentare la mia voglia di uscire, ma necessitavo veramente di mangiare qualcosa di normale. Nell'ultimo periodo, il mio colorito era diventato sempre più tendente al grigio e al verde, data la scarsa quantità di sostanze nutrienti contenuta in quello che io definivo 'cibo'.

Lasciai la cucina per dirigermi nel mio studio, volendo recuperare le mie cose per poi uscire.
L'aria in quella stanza era viziata, così aprii la finestra, lasciando entrare un po' d'aria pulita.
Quel posto, che odorava di colori a olio ed emanava una certa aria di pace, presto non sarebbe stato più mio.

Ero arrivato alla conclusione che non avevo più motivo di rimanere lì. Avevo cercato a lungo l'ispirazione che avevo trovato solo in una cittadella come quella: in un certo senso ero riuscito nel mio intento, ma solo fino ad un certo punto. Non toccavo più una sola matita, un solo pennello, da più di due mesi.
Avevo una certa età, oramai. Riuscivo a capire quando fosse arrivato il momento di smetterla di sognare e cadere dalle nuvole, affrontando la realtà, a testa alta o meno.

Mi prefissai di contattare il proprietario per pagargli l'ultima quota del mese e informarlo del mio imminente trasferimento.

Sarebbe stato un grande dolore lasciare quel paese così estraneo dal mondo moderno, che ormai era diventato casa.
Quella casa che non avevo mai sentito di avere, quella casa che emanava l'aria di protezione e di calore da farti sentire al sicuro per sempre.

Ma purtroppo, i miei demoni avevano avuto la meglio. E anche l'arte, mia unica amica da sempre, era stata capace di rivoltarsi contro il sottoscritto, portandolo alla bancarotta.

Afferrai le chiavi dell'abitacolo dopo aver indossato gli anfibi infangati e pieni di terreno. Mi sistemai i pantaloni e uscii da quella casa.

Strabuzzai gli occhi venendo a contatto con la luce del sole, che a mezzogiorno, era al picco dell'altezza. I raggi picchiettavano dolcemente sulle braccia, mettendo in evidenza il mio pessimo e pallido colorito.

Mentre ero sul mio cammino, salutai innumerevoli persone, fingendo sempre un sorriso. Non avevo il coraggio di pensare a quando avrei dovuto dare la notizia della mia partenza a l'intera Yeongju: non che mi credessi particolarmente importante, ma sapevo che la gente lì mi voleva bene, basti vedere con quanto calore mi avessero accolto al momento del mio arrivo.

"Oppa!" urlò venendomi incontro Sooyeon, sui sei anni, figlia di un tipo che possedeva una piantagione di grano poco al di fuori del villaggio.

"Ciao, tesoro." mi inginocchiai per stare all'altezza del suo volto. Portava sempre due adorabili codini ai lati della testa. Raccoglieva le ciocche scure con dei nastri di ogni tipo di colore, ogni tipo di tonalità, sempre intonati al vestitino indossato quel determinato giorno.

"Dove vai?" mi chiese dopo avermi stampato un bacino sulla guancia.

"Al mercato. Ho bisogno di fare la spesa."

"Oh! Posso accompagnarti? La maestra ci ha fatti uscire prima e proprio non ho voglia di tornare a casa. Così raggiungo anche la mamma al chiosco."

"A patto che mi dai un altro bacio." affermai avvicinandomi al suo viso, dandole un pizzicotto sulla guancia.

"No, no! Dovrai aspettare per un altro bacio! Quando ci saremo sposati, potrai averne un altro!"

"Sei proprio convinta di voler sposare me? Ci sono tanti bei ragazzi in giro." scherzai alzandomi e cominciando ad incamminarmi, con la bambina al mio fianco.

"Io non voglio un ragazzo che sia solo bello. Deve essere gentile, proprio come te. E poi, tu sai disegnare benissimo! Vorrei tanto avere un fidanzato che mi insegnasse a disegnare!"

"Posso sempre insegnarti io." scherzai sorridendole "Abbiamo tutto il tempo del mond-"
Mi fermai a quelle parole.
No, non avevamo tutto il tempo del mondo.
Di lì a poco avrei lasciato la città, dovendo dire addio a tutti.

"Wow, sì! Qualche pomeriggio vieni a casa mia, dirò alla mamma di preparare le tortine di riso e tu mi insegnerai a disegnare, affare fatto?" propose porgendomi il mignolo.

La guardai amareggiato, con gli occhi lucidi, aggiungerei.
"Certo, affare fatto." sorrisi deglutendo, intrecciando il mio mignolo con il suo, di gran lunga più piccolo.

La bambina continuò a saltellare contenta al mio fianco, mentre cominciavo a intravedere il mercato il lontananza.

"Stamattina ho visto fermarsi davanti il municipio un'auto grande grande. Era tutta bianca e nuova di zecca. Mai vista un'auto così bella!" mi informò la bambina con occhi sognanti.

"Un'auto? E cosa ci fa un'auto in paese?"

"Non ne ho idea. Forse qualcuno è venuto a farci visita?" propose la piccola, avvertendomi poco dopo "Vedo la mamma, vado da lei. Ci vediamo!"

"Ciao piccola, stai attenta." le sorrisi un'ultima volta, prima di vederla correre verso il chiosco della madre.

Mi immersi nel fiume di gente che inondava l'intero mercato. L'odore di spezie di ogni tipo regnava in quel posto.
Mi accostai al chiosco della signora Kang, maestra indiscussa del kimchi fatto in casa.

"Buondì, Jungkook."

"Salve a lei, tutto bene?" la salutai con un piccolo inchino.

"Tutto bene, giovanotto. Il solito?"

Annuii, cominciando ad estrarre le varie monete dalla tasca dei jeans.

"Hey! Suji! Senti qua!" gridò il marito della signora Kang correndo verso di lei. "È arrivato un uomo di città, direttamente da Seoul! Te ne rendi conto? Dicono sia un uomo molto ricco che è venuto qui per una vacanza. Ho sentito dire che si sia portato dietro anche un giovane, un po' altezzoso, ma di una bellezza disarmante! Che indossava dei vestiti super costosi!"

Mi fermai ad ascoltare, ormai interessato.
Quindi Sooyeon aveva ragione, c'è veramente qualcuno di nuovo in città.

"Hai sentito, ragazzino?" chiese l'uomo questa volta rivolto a me. "C'è gente di città, proprio come te! Dovresti provare a conoscerli."

Non risposi a quelle parole. Certo, quei nuovi arrivati mi incuriosivano, ma non più di tanto.
Tanto, di lì a poco, mi sarei trasferito e non avrei rivisto più nessuna di quelle persone.
Sarebbe meglio isolarmi, così che non potessi far male a nessuno. Nessuno doveva sentire la mia mancanza.

Girai i tacchi senza salutare i due venditori, non guardando nessuno negli occhi, per paura che potessero notare le lacrime che ormai non riuscivo più a trattenere.

𝔯𝔞𝔤𝔞𝔷𝔷𝔬 𝔠𝔬𝔫 𝔩'𝔬𝔯𝔢𝔠𝔠𝔥𝔦𝔫𝔬 𝔡𝔦 𝔭𝔢𝔯𝔩𝔞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora