Capitolo 4

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Il fragore della mano che rovinava sul viso dell'ex cacciatore riempì l'ambiente. Lo schiaffo era stato potente e diretto, micidiale e deciso, tipico della giovane skjaldmaer, il cavaliere del Corno Tonante non si sarebbe aspettato di meno.

"Ma che ti salta in mente! - urlò la bionda, tentando di tenersi su la coperta che era scivolata a causa del rapido movimento – sei impazzito!" scattò in piedi e, con gli occhi che fiammeggiavano per la rabbia, andò subito a cercare con la mano destra l'ascia che portava legata dietro la schiena ma le sue dita strinsero l'aria vuota quando non la trovò. La furia e la frustrazione tracimavano dal suo viso, distorto in una maschera di rabbia, con gli occhi ispezionò velocemente la caverna in cerca di qualcosa che potesse usare come arma, il disappunto evidente nel suo sguardo quando non trovò nulla, decise, alla fine, di prendere uno dei rami che bruciavano nel focolare. Afferrò saldamente un margine abbastanza freddo e rivolse le fiamme incandescenti contro il ragazzo moro, che la guardava terrorizzato.

"Lurida merda di Yack! - fece un passo verso di lui, facendolo indietreggiare – brutto bastardo figlio di un mezzo Troll, te la insegno io adesso l'educazione!", tentò qualche affondo, ma il giovane riuscì a evitarli tutti, anche se con molta difficoltà, visto che camminava all'indietro e continuava a incespicare contro rocce e pietre disseminate in giro.

"Avanti, non ho fatto niente di male!",si giustificò con un sorrisetto, ma i suoi occhi tradivano terrore per la furia omicida della bionda.

"Io ti uccido!", sibilò con rabbia,tentando un altro colpo.

Eret rotolò di lato per evitare il tizzone bollente e guardò verso l'uscita, con l'intento di scappare fuori, sotto la pioggia, dove non avrebbe potuto ustionarlo, ma si bloccò: all'imbocco della caverna, in piedi, ma sostenuto dal suo drago, si stagliava la magra figura del Capo di Berk. Un pensiero gli attraversò la testa e la bocca parlò prima che potesse riflettere:"Ah... capisco! L'hai fatto per lui!".

La ragazza, a quelle parole, si voltò verso la direzione che il moro stava indicando.

Gli sguardi dei due innamorati si incontrarono, rabbia nell'uno e disperazione nell'altro. Astrid, lasciò cadere a terra il ramo infuocato quando vide il dolore racchiuso negli occhi verdi del suo promesso sposo. Cosa ha visto?, si domandò. Gli corse accanto, con l'unico obiettivo di spazzare via quel tormento così evidente nello sguardo del suo amato. Allungò una mano e tentò di prendere la sua ma lui si scostò, lasciandola perplessa.

"Hiccup...", sussurrò cercando i suoi occhi, ma egli li nascondeva.

"Tranquilla, ha detto che non gli importa!", esordì il moro, beccandosi un'occhiataccia dalla ragazza che, subito dopo, tornò a guardare il suo compagno,scioccata.

Il castano sentì, di nuovo, la rabbia montare nel suo petto, trascinando con se tutti i sentimenti che gli tormentavano l'anima: dolore, gelosia, rifiuto, disperazione. Un unico fiume in piena che minacciava di esondare da un momento all'altro. Quell'accusa poi, quella falsa accusa, era davvero troppo. "Non ho mai detto una cosa del genere!", sbottò. La Furia Buia lo guardò preoccupato.

"Beh sì, invece, l'hai fatto –Hiccup lo fissò furioso – ieri sera per la precisione",insistette l'ex cacciatore, certo delle sue parole.

Astrid guardò di nuovo il suo amato e,questa volta, riuscì ad incontrare i suoi occhi che fiammeggiavano per la rabbia. Aveva realmente detto a Eret che non gli importava?Come era possibile? E tutto quello che si erano detti quella mattina? Il sogno, i loro baci, cos'era allora? Aveva bisogno di risposte. "Hicc-", ma il ragazzo gli fece cenno di aspettare.

"Eret, non ti ho mai detto questo. Ti ho semplicemente spiegato che non era un problema che tu accompagnassi Astrid a casa la sera, tutto qui!" l'esasperazione nella sua voce era evidente.

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