Capitolo 9

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Era l'alba? Oppure il tramonto? Non era in grado di distinguerli da quella posizione: disteso in terra, guardando il soffitto, con gli occhi stanchi e un mal di testa tremendo che gli martellava le tempie ad ogni piccolo suono che percepiva oltre le pareti della sua stanza.

Molto lentamente, si voltò e trovò la sua mano, che ancora stringeva l'ennesima bottiglia di Idromele di Stoick.

Stoick...

Cosa avrebbe pensato di lui se lo avesse visto ora? Sudicio, nei suoi vestiti che non cambiava da giorni; fetido, così tanto da non ricordare l'ultima volta che aveva fatto un bagno; la barba incolta, che gli oscurava il mento spigoloso; rallentato, vittima di un'altra imponente sbornia. L'avrebbe biasimato? L'avrebbe compatito? L'avrebbe compreso? Cosa aveva provato lui quando gli era stato portato via l'unico amore della sua vita?

No, non avrebbe potuto biasimarlo, ne era certo, perché sapeva che l'affetto che provava per sua madre era lo stesso che lui provava per Astrid, glielo aveva detto una volta, confidandogli: "era l'unica donna per me". E lo era stata, nessun'altra aveva preso il suo posto nel suo cuore, ne' nella sua casa.

Il suono, a suo parere, assordante di qualcuno che bussava alla porta lo distrasse dai suoi pensieri, se non altro, per il dolore intenso alla testa che gli provocò.

Non rispose, non voleva vedere nessuno. Era stanco di ascoltare, inutili e pietosi, discorsi incoraggianti su come tutto sarebbe passato, su come la sua vita sarebbe andata avanti, su come avrebbe superato questa nuova, impegnativa, prova che gli Dei gli ponevano dinnanzi. Roteò gli occhi. Una marea di stronzate, ecco cos'erano. E gli Dei facevano schifo, tutti, indistintamente, se avevano permesso che la creatura più coraggiosa e incredibile su Midgard, scomparisse così miseramente nelle gelide acque dell'Arcipelago.

Bussarono di nuovo e, ancora, il suono rimbombò ferocemente tra le sue tempie. Dei, perché non possono soltanto lasciarmi in pace!, imprecò silenziosamente.

Lentamente, con non poca difficoltà, si mise a sedere, lottando contro le vertigini e la nausea. Il letto sembrava un luogo più comodo rispetto a dove si trovava ora, perché non l'aveva preferito? Si alzò, reggendosi alla scrivania per rimanere in equilibrio e, con attenzione, raggiunse il suo giaciglio.

Inaspettatamente, la figura massiccia di GambediPesce varcò la soglia della stanza. Era abituato agli odori molesti tipici dei Vichinghi, ciononostante, dovette tapparsi il naso, con una smorfia, per il tanfo che regnava nella camera.

"Dovresti almeno aprire le finestre...", osservò con voce nasale.

"Non ti ho dato il permesso di entrare", lo ignorò.

"Sì, beh – si avvicinò all'infisso in vetro e lo spalancò, inspirando voracemente, aria pulita – diciamo che ultimamente non sei molto in te...", gli sorrise tristemente.

Hiccup, in risposta, si sdraiò sul letto e si girò dall'altra parte, dandogli le spalle e schiacciandosi il cuscino sulla testa. "Vattene!", esclamò.

"Per quanto, ti assicuro, gradirei di più trascorrere il mio tempo in un luogo più... - scostò con i piedi un paio di gambali sporchi di vomito e trattenne un conato - ... igienico, siamo tutti d'accordo che questo esilio depressivo debba finire", concluse.

"E cosa ti fa pensare che possiate decidere voi cosa, io, possa, o non possa, fare?", si voltò di scatto, infuriato.

"Hiccup..."

"No! Non voglio ascoltarti! Nulla di quello che diresti mi farebbe cambiare idea!"

"Il villaggio ha bisogno di t-"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 10, 2019 ⏰

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