Maryse spalancò la porta della biblioteca, facendo sussultare tutti i presenti.
«Non bevete il thè!»
«E chi aveva intenzione di toccarlo?» intervenne Melyorn «Questa roba è piena di schifezze»
Gli occhi di tutti passarono dalla cacciatrice a lui.
«Cosa significa?» Luke si fece avanti, emergendo da un'alta pila di libri posato a terra uno sull'altro.
«Che una goccia di questo thè può fare fuori chiunque dei presenti» riprese la fata «eravate talmente presi dal cercare delle inutili formule che non vi siete accorti di quello che avevate di fronte»
Ci volle un attimo prima che se ne potessero rendere conto, poi Luke corse via, doveva assolutamente evitare che Clary bevesse dalla tazza che gli aveva lasciato sul comodino.
«Perché non hai parlato subito?» Maryse era furente.
«Nessuno me lo ha chiesto»
Prima che la cacciatrice potesse fare un passo falso, Simon le fu vicina, posandole una mano su una spalla. A quel tocco lei trasalì, ma il diurno non si fece indietro.Max corse a perdifiato giù per le scale. Doveva avvertire Jace e suo fratello prima che fosse troppo tardi; aveva lasciato indietro suo padre, se qualcuno glielo avesse mai chiesto lui avrebbe detto che non sarebbe mai riuscito a correre più veloce di Robert Lightwood, eppure lo stava facendo.
Quando arrivò all'angolo della parete di pietra capì che era quasi arrivato, forse ce l'aveva fatta. Girato quell'angolo, infatti, trovò Alec e Jace. Il primo stava camminando avanti e indietro per il corridoio, l'altro era seduto a terra con le spalle poggiate alla parete. Quando lo videro, Alec gli andò incontro.
«Max? max, cos'è successo?» non era cosa di tutti i giorni vederlo correre, né tantomeno vederlo così spaventato.
Il piccolo fece un paio di tentativi, ma non riuscì a parlare.
«Jace, passami la tazza, forse ha bisogno di bere», ma l'altro sembrò non sentire e, in preda all'ansia, Alec andò a prendere da solo una delle due tazze che Simon gli aveva portato. Quando l'avvicinò a Max, però, quest'ultimo la colpì con una mano, facendola cadere a terra, dove si ridusse in mille pezzi. «Insomma! Cosa ti prende?» lo sgridò il maggiore.
Max deglutì a fatica e prese un bel respiro «È avvelenato» sussurrò, riprendendo a respirare affannosamente.
In quel preciso istante Alec sgranò gli occhi e si voltò verso Jace. Il ragazzo era ancora seduto dove lo aveva lasciato, ma quando gli fu abbastanza vicino vide che aveva il volto imperlato di sudore.
«Và a chiamare papà!» ordinò, mentre cercava di sollevare il parabatai.Clary si rigirò nel letto. Forse, se avesse smesso di fissare il soffitto non avrebbe visto più quelle maledette rune. Sarebbe stato così, se solo non avesse tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo. Sentì la porta aprirsi di colpo, sbattendo contro la parete, allora li aprì, e vide che era Luke.
Il licantropo si fiondò sul comodino, afferrando la tazza per guardarvi all'interno. Solo allora sembrò calmarsi.
«Ne hai bevuto?» chiese. Clary scosse piano la testa, senza capire «Grazie all'Angelo!» sospirò lui, e lasciò che la tazza gli cadde dalle mani. Resosi conto di aver lasciato la presa assunse un'aria colpevole.
«Maryse non ne sarà contenta» infierì Clary, ridendo dell'espressione di puro terrore che solcò il viso dell'altro.Maia scese dal una delle scale attaccate agli scaffali alti delle librerie della biblioteca, passando due pesanti libri a Isabelle. Quest'ultima li prese e li accatastò in un angolo.
La mannara alzò un sopracciglio e lei, di tutta risposta, fece spallucce «Ormai non servono più»
«Che significa?» si guardò intorno «E dov'è quel ragazzo?»
«Per l'Angelo! Una domanda per volta!» sbuffò Izzy.
«Ok, dov'è quel tipo che è venuto col tuo amico? Il fatino, o come si dice?»
«Era qui fino a un attimo fa»
Le due continuarono a guardarsi intorno, non trovando traccia dell'altro, allora decisero che era meglio chiedere agli altri. Quando riemersero dagli scaffali li trovarono ancora impegnati a discutere. Maryse era furibonda, se avesse potuto avrebbe emanato scintille come faceva Magnus e Simon cercava di tenerla lontana da Melyorn. A vederlo, Isabelle non poté trattenere una delle sue risate, ma si ricompose all'istante, non voleva che sua madre si infuriasse ancora di più. Sempre che fosse possibile essere più arrabbiata di quanto già era.
Maia si schiarì la voce «Qualcuno ha visto l'amico della fata?»
«Io non ho portato nessun amico» ribatté.
«Si che lo hai portato, quel ragazzo, l'altro esponente del popolo fatato»
«Io sono l'unica fata presente in questo Istituto»
«E quando pensavi di dircelo?» sibilò la cacciatrice, ribollente di rabbia «Ah, certo! Nessuno te lo ha chiesto!»Robert raggiunse Max. Appena vide Alec trascinare Jace capì cos'era successo e andò ad aiutarlo, lasciando intravedere le scintille blu che Magnus si era lasciato dietro.
«Da quanto tempo è in questo stato?» chiese lo stregone, portando una mano sulla fronte dell'Herondale.
«Non lo so» Alec sembrava disperato «puoi aiutarlo?»
Magnus annuì «Però dobbiamo sbrigarci»«Ricapitoliamo. Sapevi che quel ragazzo stava mentendo e non hai detto niente, sapevi che il thè era contaminato e, per la seconda volta, non hai aperto bocca, cosa mi nega il diritto di metterti le mani addosso?»
«Mamma, calmati» Isabelle si era aggiunta a Simon, facendo barriera tra la donna e il Nascosto che, per lo meno, aveva continuato ad incassare senza replicare.
Nessuno aveva visto uscire dalla biblioteca il ragazzo, sembrava fosse sparito nel nulla! Senza contare che gli avevano creduto tanto facilmente quando aveva detto di essere una fata. Questa, probabilmente, era la colpa peggiore.
Luke entrò a testa bassa, cercando di non farsi notare. Vedendo che tutti erano impegnati tirò un sospiro di sollievo, cercando di ritornare dietro gli scaffali con la scusa di rimettere a posto qualche libro. Quando arrivò a metà del primo scaffale, però, un coltello gli tagliò la strada all'altezza degli occhi, andando a conficcarsi in una mensola di legno antico e massiccio.
«Non credere di potertela cavare sgattaiolando con la coda tra le gambe, Lucian! So benissimo cosa hai fatto!»
A quell'affermazione, il licantropo sentì un soffio gelido lungo la schiena.L'infermeria era deserta. Robert adagiò Jace sul primo letto che gli venne davanti cercando di fare più piano che poté. Magnus gli fu subito accanto.
«Mi servono delle erbe mediche, dopo avrà un terribile mal di testa» lo stregone guardò Alec «vedi cosa riesci a trovare nella dispensa, cerchèrò di arrangiarmi»
Non c'era tempo da perdere. Non sapendo da quanto tempo avesse ingerito il liquido contaminato, nessuno poteva sapere quanto tempo avevano a disposizione. Cercando di concentrarsi, il Nascosto posò le mani a pochi centimetri dal petto di Jace, cominciando a cantilenare una formula in una lingua incomprensibile. Dalle dita cominciarono a fuoriuscire dei rivoli di fumo azzurro e violaceo, che andarono a condensarsi sotto i palmi aperti e poi a entrare del petto del cacciatore. Quando il fumo fu completamente assorbito, Magnus si scostò e sembrò riflettere. Mentre lo faceva, qualcuno gli strattonò l'angolo della camicia e i suoi occhi felini si posarono sul piccolo Lightwood. Max, titubante, ricambiò il suo sguardo.
«Puoi aiutarlo?» chiese con voce rotta.
Lo stregone gli sorrise, provando una profonda tenerezza «Certo che si!» rispose, scompigliandogli i capelli «Sono pur sempre il Sommo Stregone di Brooklyn» e gli fece l'occhiolino.
Il bambino tirò su col naso. Aveva sentito varie voci sui nascosti, ma di lui sentiva di potersi fidare. Robert, dal canto suo, non poteva fare altrimenti, Bane era l'unico in grado di aiutare Jace.
«Credo sia meglio che mi lasciate da solo con lui, non posso permettermi distrazioni» disse lo stregone, adesso con voce fredda, indirizzando la frase all'uomo che aveva vicino.
Con estrema riluttanza e dopo un attimo di attesa, il Lightwood si decise a uscire, portando con sé il bambino.
«Devo uscire anch'io?» chiese Alec.
Magnus fissò quegli occhi azzurri che gli toglievano sempre il fiato e si rese conto troppo tardi di doversi dare un contegno «Si, niente distrazioni. E poi, non sarà piacevole»
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Porporina gialla e blu
FanfictionQuando Magnus Bane rispose furioso, non poteva sapere chi ci fosse dall'altro lato del citofono.