Capitolo VI

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Lea stava rimettendo a posto le sue cose nello zaino, nel trambusto che si creava al suono dell’ultima campanella.

Aveva perso il suo diario il giorno prima e i bidelli avevano detto di non averlo trovato a scuola. Qualcuno lo aveva, qualcuno lo aveva letto, invece di lasciarlo dove lo aveva trovato o di consegnarlo ai collaboratori o in segreteria. La cosa ancora la agitava. Non riusciva a darsi pace.

Tirò su lo zaino pieno con fatica e si girò verso la porta. Era l’ultima ad uscire dalla classe, come al solito. Davanti a sé trovò un ragazzo, quasi andò a sbattere con la testa sul suo petto. Era Max, non lo aveva visto né sentito entrare.

“Ciao Lea. Guarda cos’ho trovato in fondo al mio zaino ieri…”
Da una tasca del giaccone tirò fuori il suo diario e glielo porse con un sorriso.
Lea lo afferrò prontamente. Non stava nella pelle dalla gioia. Poi però un pensiero fastidioso le attraversò la mente e il suo viso si rabbuiò.
“Non l’avrai mica letto, vero?” disse, e il tono della sua voce non era affatto rassicurante.
Max sorrise di nuovo e mentì “No, tranquilla. Ho aperto solo la prima pagina, per vedere di chi era”.
“Meno male, allora sei salvo: avrei potuto ucciderti altrimenti. Grazie Max di avermelo riportato” disse Lea, finalmente lasciandosi andare ad un mezzo sorriso. Aprì il diario, come per controllare se mancasse qualcosa e subito penso a quanto fosse stupida: era ovvio che lo aveva letto...altrimenti come faceva a sapere che era una diario?

“Ora devo andare” disse.
“Se non ti dispiace, possiamo fare un pezzo di strada insieme. Tu dove abiti?”
“Sono in via Togliatti, subito dopo il ponte”.
“Bene, sono di strada. Anch’io vado nella stessa direzione”. Anche questa era una bugia. Max abitava esattamente nella direzione opposta.
Ci fu una pausa di qualche secondo, in cui Lea lo guardò, poi abbassò lo sguardo, lo fissò di nuovo e i suoi occhi avevano una luce diversa, triste.

“Preferirei andare da sola,” disse. “Ti prego, non rimanerci male”.

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