Capitolo 3

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È sabato e per fortuna a scuola si fanno solo quattro ore.

All'uscita becco Gabriel tra la folla e lo raggiungo.

«Ciao Gabri, come va?» gli chiedo.

«A me chiedi come va? Mi sa che sei tu quello che deve parlare qua» mi dice sorridendo.

Gli amici di Gabriel si allontanano e rimaniamo solamente noi due e ci dirigiamo verso i nostri motorini, come al solito.

Mi stupisce ciò che mi dice, non gli ho raccontato niente di ieri pomeriggio. Mi aveva chiesto di uscire e gli avevo solamente detto che non potevo perché avevo un impegno, ma non ho specificato nulla. Non è incazzato con me nonostante io gli abbia dato buca, ma non ho idea di come lui faccia a saperlo.

«Come lo sai?» gli chiedo senza giri di parole.

«Ho trovato tua sorella stamattina a scuola e gli ho chiesto di te» comincia «e mi ha detto che ti ha visto tornare dalla biblioteca».

Non ci credo, perché va avanti a mettersi in mezzo Sophie? Le ho ripetuto centinaia di volte che non deve parlare con i miei amici e, se proprio è costretta, deve rimanere vaga con le informazioni. Sa benissimo i giri che ho e se inizia a dire quello che faccio a chiunque mi mette in casini più grandi di me e lei messi insieme.

Non la sopporto, è proprio per questo che non riesco a instaurare un rapporto con lei. Non fa mai quello che le dico di fare e non riesce a farsi i fatti suoi.

«Beh, ho fatto per la prima volta in vita mia i compiti di matematica, ma per lo meno l'ho vista» ammetto.

Con Gabriel non mi faccio problemi a raccontargli quello che faccio, però vorrei che le cose partissero da me e non da mia sorella.

«Ti sei ridotto a studiare pur di conoscerla?» mi chiede il mio amico scoppiando a ridere.

Lo seguo perché effettivamente è ridicolo, ma ieri mi sentivo di fare così.

Cominciamo a chiacchierare e scherzare finché non la vedo uscire da scuola. I nostri indirizzi sono separati, ma abbiamo lo stesso ingresso e la stessa uscita.

La seguo con lo sguardo e Gabriel fa lo stesso con me. Cammina tranquillamente, ma poi accelera il passo fino ad arrivare dritta tra le braccia di un ragazzo. Si scambiano un bacio a stampo veloce e lui le prende lo zaino dalle spalle per non farle fare fatica.

Aver visto questo di certo non mi ha migliorato la giornata, ma in fin dei conti sono stato io a fantasticare su di lei, non viceversa.

«È ora di trovarne un'altra amico mio» mi dice Gabriel appoggiandomi una mano sulla spalla.

Scoppio a ridere e monto sul mio motorino per tornarmene a casa. Ha ragione, non ha senso che io continui ad andare dietro a una ragazza se posso trovarmene un'altra molto più facilmente. Quella è fidanzata e di certo non cerca il divertimento, quindi perché provarci?

La mattina seguente mi sveglio alle undici del mattino e mi rendo conto di aver dormito solo sei ore. Ieri sera sono andato a una festa di un amico di Gabriel e abbiamo trovato le due ragazze che abbiamo puntato da qualche giorno insieme a Noah. Ho completamente rimosso la ragazza della biblioteca dalla testa perché ho pensato che fosse più facile divertirsi con altre ragazze piuttosto che star dietro a una irraggiungibile.

In fin dei conti, ieri sera non è andata così male. Siamo riusciti a farci dare i numeri di telefono da queste due ragazze e sono rimasto abbastanza sobrio per tutta la serata. Gabriel invece si è lasciato andare, infatti dovrò raccontargli io cos'ha combinato con la sorella di Noah.

Ho scoperto che l'amica di questa si chiama Ashley e io, ovviamente, ci ho provato con lei. Ci siamo baciati ancora, ma più volte e si è lasciata toccare abbastanza. Se Gabriel non avesse iniziato a vomitare saremmo andati oltre, ma mi sono sentito in dovere di andare ad aiutarlo.

Penso di scrivere a quella ragazza oggi e chiederle di vederci stasera, così possiamo portare a termine quello che avevamo iniziato ieri.

Sono ancora nel letto e penso che oggi ci rimarrò tutto il giorno, ma qualcuno bussa alla porta della mia camera.

«Neil, mamma e papà sono fuori città quindi preparerò io sia il pranzo che la cena. Se hai altri piani dimmelo che mi organizzo» esordisce mia sorella entrando in camera.

La guardo per qualche istante e inizio a pensare a cosa potrei avere in programma per oggi. Non ho voglia di programmare adesso la mia giornata per farle un piacere, quindi non le rispondo.

Rimane sulla porta ad aspettare una mia risposta nonostante sappia che non gliela darò.

«Quindi?» mi chiede scocciata.

Mi metto seduto sul letto appoggiando i piedi sul pavimento e la guardo incazzato ricordandomi di quello che mi ha detto ieri mattina Gabriel.

«Non fare la scocciata che quello incazzato qua, sono io» le rispondo.

Mi avvicino alla scrivania per prendere una maglietta da indossare e i pantaloni della tuta.

Odio dover perdere così tanto tempo dietro a quella ragazzina. Non vedo l'ora di andarmene da questa casa.

«Incazzato per cosa?» mi chiede.

Ha veramente intenzione di portare avanti la conversazione? Non avevo voglia di sbraitare appena sveglio, ma non mi sta dando altra scelta. Sa benissimo cosa ha fatto e sa anche che non avrebbe dovuto farlo, quindi non ha senso che faccia la finta tonta.

«Devi piantarla di dire in giro quello che faccio, hai capito? Mi metti in difficoltà e non ho voglia di risolvere problemi che mi crei tu quando ti ho detto già centinaia di volte di non fare determinate cose» la aggredisco, «devi lasciarmi stare, fai come se io non esista, ok?» proseguo.

Sento che fa un sospiro affranto per poi sedersi sul mio letto. Non so perché stamattina abbia così voglia di stare con me, anche dopo che le ho urlato contro. Sa benissimo che voglio mantenere le distanze con chiunque abiti in questa casa, ma fa sempre l'opposto di quello che dico.

Mi siedo sulla sedia della scrivania per starle lontano, ma inizio a guardarla per sentire cosa ha da dirmi e per far finire in fretta questa situazione che non sopporto.

«Perché provi tutta questa rabbia verso di me?» mi chiede tenendo lo sguardo basso.

Sbuffo e alzo gli occhi al cielo. Non so bene cosa rispondere, ma sa bene che non voglio affrontare questi discorsi. Ha provato un sacco di volte a chiedermi perché il legame che avevo con i nostri genitori si sia rotto, ma non ho mai risposto.

Inizio a guardarla e noto che il suo sguardo era già fisso su di me, speranzoso di una risposta che sa già che non riceverà.

«Sophie ti ho detto un sacco di volte di non tirare fuori questo discorso» rispondo.

Inizio a prendere freneticamente tutto ciò che mi serve per poter uscire di casa: il casco, le chiavi, lo zaino, il giubbotto. Voglio tirarmi fuori da questa discussione il prima possibile, mi irrita pensare al passato e lei lo sa.

Apro la porta della stanza per andarmene, ma lei mi afferra per un braccio per fermarmi.

«Io voglio mio fratello...» mi dice sottovoce.

Mi fermo a guardarla per qualche istante, ma poi me ne vado: non so cosa risponderle. 

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