Hogwarts

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"Hai paura?"

"Ovvio che no..." mentì, accarezzando con le dita il braccio dell'altro "mi manchi così tanto..."

"Anche tu... Ma sai che farò il possibile per tornare di nuovo..."


James strizzò gli occhi prima di aprirli definitivamente. Si strofinò il destro con il polso e cercò di mettersi seduto sul letto. La testa gli doleva ancora tanto, ma molto di meno rispetto al giorno precedente.

Si guardò attorno. Quella stanza era così deprimente, con tutto quel bianco. Ci voleva una nota di colore, chissà forse... il blu. Sì, il blu. D'altronde era un colore che trasmetteva la calma e la tranquillità, ed era ciò che serviva adesso al ragazzo. Un po' di tranquillità, perché aveva i pensieri che non smettevano di rimbombargli in testa. E aveva paura: di chi poteva fidarsi, di chi no? E se qualcuno non gli avesse detto la verità, lui come avrebbe fatto a capirlo?

Un'infermiera entrò, portandogli un vassoio con del cibo sopra. James la ringraziò e questa uscì dopo aver poggiato il vassoio sul comodino vicino al letto.

Il cibo aveva un aspetto disgustoso, ma erano giorni che non mangiava. Il suo stomaco, come risvegliatosi in quel momento, cominciò a borbottare. James si rassegnò: prese la ciotola con il porridge e ne prese una cucchiaiata.

Mentre mangiava, continuava a ripetersi il suo nome in testa.

James, James, James, James.

Sperava che in quel modo qualcosa gli ritornasse in mente. E in effetti fu così.


"Potter!"

Lui si voltò: "Professoressa?"

"Volevo solo augurarti buona fortuna per la partita."

"La ringrazio per non avermi tagliato fuori dalla squadra dopo quello che è successo..."

"Avevi le tue ragioni... Sei un buon giocatore, James, sono sicura che renderai orgogliosi tutti i Grifondoro, domani!"

"Non aveva detto che lei non era di parte?"

"Sì, ma il fatto che farò il tifo per voi non mi porterà via la cattedra di preside a Hogwarts!"


Hogwarts. Grifondoro.

Una serie di ricordi investì in pieno il cervello di James. Hogwarts, Grifondoro. Sì, ora ricordava: lui studiava a Hogwarts, era al suo sesto anno ed era un Grifondoro. Ma la cosa più importante era che fosse un mago. Ricordava qualche lezione di Difesa contro le Arti Oscure, le foto e i quadri che si muovevano nel castello, le scale che cambiavano costantemente direzione e che in questo modo gli avevano fatto scoprire molti nascondigli segreti.

Improvvisamente, gli balenò in testa l'immagine della sua bacchetta. Poggiò la ciotola di nuovo sul vassoio e provò a cercarla tra le coperte, poi nel cassetto del comodino... ma non c'era. Vide un armadio di fronte a sé. Gli costò uno sforzo immane, alzarsi, però ci riuscì e aggrappandosi al tubo di metallo che reggeva la flebo che aveva attaccata al braccio, si avviò verso l'armadio. Lo aprì e scoprì che era vuoto, fatta eccezione per uno specchio. Ne approfittò un attimo per guardarsi, perché non ricordava come fosse fatto fisicamente: aveva i capelli lisci, corti e leggermente tendenti al rosso molto spettinati e gli occhi di un colore a metà tra il grigio e l'azzurro. Si rese conto solo guardandosi del fatto che indossasse una camicia da notte d'ospedale. Non era né grasso né magro, era una via di mezzo ma certamente si vedeva che erano giorni che non mangiava. Mise una mano sullo specchio.

Amnesia|| James Sirius PotterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora