Mamma e papà

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Quando finalmente quei due si staccarono, James non seppe dire quanto tempo fosse passato, perché gli sembrava che qualcuno gli avesse lanciato contro l'incantesimo di pietrificazione. Anche se era finita, continuava a rivedere quella scena ancora e ancora nel suo cervello. Più cercava di scacciarla, più questa restava, insistente. Tutti i ricordi associati a Victoire e Ted tornarono e lo travolsero. Fu l'unica volta che pensò che avere l'amnesia fosse meglio.

Victoire si accorse di lui, ancora tra le braccia di Ted.

"Jamie, oddio scusami..." disse, andando verso di lui per abbracciarlo. Lui non ricambiò la stretta. Guardò Ted con sguardo ostile, sperando d'incenerirlo. Quest'ultimo cercò di chiedergli scusa con gli occhi, i capelli che lentamente si stavano tingendo di un miscuglio tra grigio e rosso, un miscuglio tra tristezza e vergogna.

"Pensavo che dormissi, di solito dormi fino a tardi. Non ti avevo visto." Victoire aveva un tono dispiaciuto, ma James sentiva che non lo era davvero. Lo aveva visto eccome. Victoire mantenne un minimo di abbraccio, mettendogli le mani sulle spalle.

"Come stai? Ci hai fatto preoccupare tutti quanti!"

"Sto bene..." disse James, alle strette. Voleva scappare, voleva andarsene, voleva piangere. Voleva stare ovunque ma non lì.

"Beh, a me non sembra... Hai una faccia strana..."

"Sto bene!" ribadì James, usando il tono più duro che avesse.

"Ok, sempre il solito permaloso, vedo!" commentò la cugina, però sorridendo "Mi dispiace non essere venuta prima, ma il lavoro mi ha tenuta impegnata più del dovuto."

James annuì, abbassando lo sguardo. Non era vero che era dispiaciuta. Lo sentiva.

Sentiva anche le lacrime che stavano per sgorgargli fuori. Non guardò più Ted e così fece l'altro, i capelli ormai completamente rossi. Victoire disse una serie di cose delle quali James non colse il senso. Era come se si fosse estraniato in una dimensione parallela. Non si accorse nemmeno che Albus fosse rientrato in casa e stava osservando la scena pieno di rammarico verso il fratello. Si avvicinò loro.

"Vic! Sei tornata..." commentò Albus, non appena fu loro vicino.

"Al! Sì, giusto 5 minuti fa... Come stai?"

"Tutto bene... J?"

Il fratello lo guardò. Non ricordò che l'avesse più chiamato 'J' dai 10 anni in su.

"Sì...?"

"Ti avevo detto che era meglio che non ti alzavi. Avrai dormito a malapena tre ore, stanotte. Vieni, torniamo di sotto. Sei molto stanco!" disse al fratello, alzando un braccio per far sì che James ci s'infilasse sotto. Lui lo fece, un po' sospettoso.

"Scusa, se te lo porto via, Vic..."

"Tranquillo, lo capisco... tanto dovevo parlare di alcune cose con Teddy..."

"Immagino..." disse Albus, sprezzatamente. "Andiamo, J..."

Se Victoire fosse rimasta ferita dall'atteggiamento di Albus, non lo diede certo a vedere.

Albus condusse James, ormai prossimo alle lacrime, al piano di sotto. Teddy provò a fermarli.

"Jamie, pos-" disse, cercando di afferrare il braccio di James

Albus lo strattonò, in modo tale che Ted non potesse afferrarlo.

"Non ti vuole parlare!" gli sussurrò, guardandolo in malo modo "Lascialo in pace!"

Albus, ancora con il braccio sulle spalle del fratello maggiore, si diresse di sotto.

Una volta al sicuro da occhi indiscreti, in camera di Albus, James si lasciò andare e guardò il fratello con gli occhi lucidi.

Amnesia|| James Sirius PotterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora