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Una settimana dopo


Quella era un luogo per i morti. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Perfino le pareti, bianche e perfettamente lisce erano sature di morte.
Narcissa fissava ancora il punto del telo ( anche esso bianco) sotto il quale il corpo di Lucius, o quel che ne restava era scomparso.
Ferita molto profonda al petto, e la maledizione Avada Kedavra .

Non sapeva se ridere o piangere... il possente sollievo che le invadeva il petto era così forte, così assoluto da cancellare ogni altra cosa. Poteva solo restarsene immobile, ferma. Tutto intorno a lei silenzio.

Non c'era nessuno con lei, in quella piccola camera adibita ad obitorio sotto l'Ospedale San Mungo. Gli ufficiali avevano insisto per lasciarle qualche minuto dopo l'identificazione perché lei potesse ' riprendersi'.
Aveva passato l'ultima settimana immersa nel suo personale inferno, Narcissa.
Da quando gli ufficiali avevano fatto irruzione per annunciarle il ritrovamento del cadavere non le era riuscito di mangiare, dormire, nemmeno di pensare in modo normale.
La porta dell'obitorio era socchiusa, aveva voluto lei che fosse così.
Nessun suono nel corridoio, nemmeno un rumore di passi attutiti.

Tutto l'aveva condotta verso la fine ineluttabile della poca pace che aveva conquistato. I giorni, i mesi le ore passati a non sentire il sapore dei cibi ed a svegliarsi la notte nella stretta di Charlie si erano messi a correre in modo crudele, fino a portarla in piedi alla destra di quel tavolo di metallo, in contemplazione di quel corpo ora celato.
Si era riproposta di non crollare, si era costretta a imporsi di ragionare lucidamente e sulle prime ci era anche riuscita.


Poi quella  convocazione.
Dover entrare come un condannato a morte in quella piccola stanza, gli ufficiali ad attenderla... le parole le erano rotolate via dalla bocca, dopo aver iniziato la cosa si era rivelata assai semplice, forse addirittura banale.

'Sono stata io' aveva esordito quasi sussurrando. ' L'ho ucciso io'. E mentre parlava fissando la parete bianca, raccontando ogni cosa aveva la sensazione che ogni muscolo del corpo le cedesse. Un lungo silenzio aveva accolto le sue parole, alla fine.

Aveva raccontato ogni cosa... anche... perché lo aveva fatto.


Poi l'ufficiale l'aveva guardata dritto negli occhi con una strana espressione lucente e solenne...era lo stesso che aveva portato la notizia del ritrovamento al ballo di primavera.

"A meno che lei non abbia scagliato l'Avara Kedavra e non abbia perforato il suo cuore, signora, non può essere colpa sua. Il decesso è avvenuto intorno alle sedici,lei gli ha fatto perdere coscienza ma di sicuro non l'ha ucciso.
Signora, suo marito era in uno stato molto avanzato di Syphilis tertiaria draconiae. Non si é accorto in tempo di essere malato, e questa particolare patologia come sa non produce lesioni visibili, avvelenando lentamente il sangue in maniera irreversibile. Il contagio deve essere avvenuto dai tre ai sei anni prima.
Suo marito non glielo aveva mai detto? Signora, la prego si sottoponga ad analisi accurate, per il suo stesso bene..."

Ed era una sensazione strana, sentirsi come una bambina di dieci anni cui si rivela un segreto ovvio per gli adulti, restarsene lì a bocca aperta di fronte all'ufficiale. Narcissa si portò la mano al viso.
Singhiozzava.
Non aveva mai pianto, non piangeva più da anni...

* *


Charlie si bloccò.
Poteva osservare l'interno della stanza attraverso la porta socchiusa.
Narcissa era in piedi in quella stanza completamente bianca, di fronte al  corpo sotto il pesante telo bianco... piangeva tutte le sue lacrime sul cadavere di suo marito.
Basta.
Invece di entrare, Charlie tornò silenziosamente indietro da dov'era venuto.

* *


Charlie non guardava la donna alta e sottile che contemplava sbalordita i suoi movimenti.

 Non smise di riempire la valigia, si voltò soltanto per infilare un grosso libro nella tasca anteriore...incrociò lo sguardo di lei solo per una frazione di secondo.

L'ufficiale ed il medico gli avevano raccontato com'era andata quella faccenda... pareva stessero ancora cercando il colpevole.
Non sapeva, ovviamente che Narcissa aveva reso una disperata, assurda confessione prima di aver appreso quelle informazioni.
La stanza da letto era fiocamente illuminata, il giorno moriva nella sera, gli Elfi non avevano ancora acceso i lampadari magici in quella stanza... per suo volere.
Non che avrebbero osservato i suoi ordini in futuro.
Il letto e la specchiera erano immersi in una sorta di caligine rossastra, filtrava dalla grande porta finestra attraverso la quale, poco tempo prima un nutrito gruppo di pavoni li aveva attaccati nel sonno.
Fu lei a rompere quel silenzio sospeso, stralunato, proprio mentre Charlie di voltava verso l'anta aperta del suo armadio, che era stato svuotato.

"Charlie? Che cosa stai facendo?"

In quella voce c'era qualcosa di vacuo, un panico pieno di stordimento. Gli occhi di Narcissa erano ancora rossi,quel viso aveva qualcosa di fragile eppure risoluto, nel fantasma del pianto.
Non si era curata di pettinarsi, numerose ciocche di capelli le ricadevano intorno al volto. Era tornata a casa da dieci minuti per trovare suo marito intento a preparare le valigie.
Charlie si bloccò al suono della sua voce, le dave le spalle.
Infine, lentamente si voltò e con quello che sembrò uno sforzo enorme si avvicinò a sua moglie tanto da poterla fissare negli occhi.
Narcissa poté solo lasciarsi investire da quello sguardo azzurro, come un cielo lavato dalla tempesta.

Charlie prese un profondo respiro.
Non le disse di averla vista al San Mungo. Non ce n'era bisogno.

"Me ne vado, perché non riuscirai mai a dimenticarlo davvero, e lo sai anche tu. Me ne vado perché tu eri, e sarai sempre innamorata di Lucius Malfoy."

Narcissa spalancò  la bocca. Ma quella sua 'O' di stupore rimase a metà, congelandole il volto, spedendo fiamme in quel suo sguardo chiaro. In quel momento Charlie sentì un brivido lungo la schiena: non l'aveva mai vista così prima d'ora.

" Innamorata? Io lo odiavo."

La donna vibrò quell'ultima parola con una forza tremenda, spaventosa, una forza tale da rompere finalmente gli argini.
Perché Charlie non sapeva niente di niente, lei non gliene aveva mai parlato. Mai.

Da qualche parte una lampada magica vibrò, si accese e si spense rapidamente, ma nessuno dei due ci fece caso.
Ora era Charlie a fissare sgomento sua moglie, non le aveva mai visto prima una espressione simile, aveva quasi paura di lei... eppure si sentiva così follemente, meravigliosamente bene mentre lei esplodeva.
Le parole vibravano alte, svelando tutto, come pugnali acuminati... infine, Charlie tese lentamente una mano, gliela portò al volto, in silenzio.


" .. Non ha fatto altro che umiliarmi, per ogni giorno della mia vita! Il modo in cui mi guardava mi faceva venire voglia di... di...era una maledetta, sudicia puttana, un lurido marchettaro ad ore, ecco cos'era, un essere schifoso, laido, corrotto ed alla fine ha avuto quel che si MERITAVA!"

Charlie la attirò contro di se' in un unico gesto deciso, lei gli affondò il volto nel petto, mentre ormai erano circondati da una fitta intermittenza di luce ed ombra, e le fiaccole, le lampade magiche crepitavano e sfrigolavano sinistre.

Charlie si guardò intorno smarrito, come se si rendesse conto per la prima volta di dov'era. Alla sua destra una lampada esplose in un turbine di schegge.
Charlie trascinò Narcissa con se', riuscirono a spostarsi appena in tempo.
Infine, la donna alzò il volto, stordita, i suoi occhi girarono lentamente intorno, contemplando quello spettacolo assurdo.

"Ma che diavolo sta succedendo?"

Lucius, il primo maritoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora