𝐗𝐗𝐗. 𝐏𝐫𝐢𝐠𝐢𝐨𝐧𝐢𝐚

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La guardia gli piazzò una mano sulla spalla e lo forzò a sedersi

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La guardia gli piazzò una mano sulla spalla e lo forzò a sedersi. Indebolito com'era dal digiuno forzato e dall'assenza di cure in generale, Casey non riuscì in alcun modo a opporsi. Da quando lo avevano portato in quell'inferno era sempre la solita storia: tutte le sere una guardia veniva a prelevarlo dalla cella, lo bendava, lo portava fino alla sala dove al momento si trovava e a quel punto la palla veniva passata a Olegov, il quale in ogni maniera cercava strenuamente di farlo cedere.

Casey, nonostante la fame, i patimenti e la nostalgia della libertà, non aveva mai vacillato, neppure per un istante, e mai lo avrebbe fatto. Era consapevole del proprio destino e sapeva che non sarebbe stato roseo, lo sapeva tanto da non nutrire più alcuna vana speranza e aver accettato il fato, ma non avrebbe dato alcuna soddisfazione a quell'individuo. Sarebbe rimasto saldo nella propria posizione fino all'ultimo istante.

La benda gli venne strappata dagli occhi e come al solito gli ci volle un po' per adattarsi alla fredda luce che penzolava sopra il tavolo di fronte a lui; ancora più in là v'era un'altra seggiola e su di essa il suo vero e unico carceriere: Stefan Olegov, ovvero suo padre. Per lui era stato un shock scoprire l'identità dell'uomo che vent'anni prima aveva privato Lidia Leroin della dignità; non si era aspettato di certo un tipo perbene, ma una rivelazione del genere aveva superato ogni sua più nera aspettativa. Aveva scoperto tutto quanto quando sua madre si era decisa a parlare apertamente della questione e questo era successo solamente un'ora prima che poi lui e gli altri fossero stati rintracciati da Olegov e dagli uomini corrotti dello sceriffo di Caverney Town. Quei bastardi si erano presentati spacciandosi per autentici poliziotti umani e per umiliarlo ancor di più avevano giustificato il suo arresto dicendo agli scioccati presenti che lui fosse un assassino ricercato e latitante. Nessuno, a quel punto, era intervenuto né aveva avuto ragione di dubitare delle parole di poliziotti dall'aria seria e rispettabile che stavano solo facendo il loro mestiere.

Casey, paradossalmente, era stato l'unico a non esser rimasto stupito di fronte a quella piega degli eventi. Si era aspettato un arresto sin da quando aveva abbandonato Daffodil Manor e così era stato; neppure per un istante aveva ceduto alla tentazione di essere ottimista, di sperare di farla franca, sapendo che sarebbe solo rimasto con un pugno di cenere in mano e una cocente delusione nell'animo.

La prigione di Caverney Town, ad ogni modo, era esattamente come se l'era immaginata: un posto inospitale, freddo e insensibile nei riguardi di coloro che erano ritenuti Alphaga di serie B. Dal canto proprio, Casey si era premurato di rivelarsi un prigioniero tutt'altro che impeccabile e tranquillo, fregandosene dei consigli degli altri detenuti che gli avevano detto di non provocare le guardie ed evitare di finire in isolamento, visto che quando ciò accadeva le guardie poi tendevano a prendersi delle libertà e a rivelarsi più crudeli del consueto.

Non gliene importava niente. Potevano pure fare del loro peggio, per quanto gli riguardava. Non avrebbe fatto la parte del bravo cagnolino e accettato in silenzio la denigrazione e la totale mancanza di diritti.

LEÍRON - The Alphaga Series| 1# [Omegaverse]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora