𝐗𝐋. 𝐊𝐚𝐥𝐚𝐬𝐦𝐚

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Noah lanciò un'occhiata all'orologio che portava al polso: le quattro del mattino

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Noah lanciò un'occhiata all'orologio che portava al polso: le quattro del mattino. Erano trascorse in totale undici ore e secondo la tempistica standard, Casey avrebbe dovuto partorire fra al massimo altre nove ore. Nove ore prima che il parto da manuale si trasformasse in una corsa contro il tempo per evitare la sofferenza fetale o peggio.

Fece un respiro profondo. La mano che reggeva il piccolo bicchiere di plastica con del caffè fumante all'interno tremava e nell'altra reggeva una barretta di cioccolato. A quanto pareva, se lo si desiderava si poteva mangiare qualcosa di dolce o bere bevande zuccherate, dato che davano energia, e Dio solo sapeva di quanta ne avesse bisogno quel ragazzo. Appena un'infermiera aveva dato quel suggerimento a Leroin, dunque, Noah era subito corso a un distributore per prendere un alimento che fosse ricco di zuccheri e invitante agli occhi dell'Indigo.

Ora, però, esitava a terminare il caffè e tornare nella stanza in cui Casey stava fronteggiando il parto. Fino ad allora le contrazioni erano state al centro dell'azione: ogni cinque minuti McKay aveva guardato impotente Casey celare una smorfia e stringere forte una delle sbarre laterali del letto o cambiare posizione di tanto in tanto, oppure, ancora, alzarsi e camminare così da non concentrarsi troppo sul dolore e poter calmarsi.

Il percorso verso la stanza fu breve, fin troppo tale, e quando Noah entrò vide Casey seduto sul bordo del letto e chinato in avanti, entrambe le mani adagiate sul grembo e un'espressione sofferente stampata sul viso che era più pallido del consueto. In una situazione diversa, si sarebbe potuto pensare che fosse sul punto di rimettere anche le viscere. Irene gli massaggiava delicatamente la schiena; sembrava spaventata quanto Noah e il ragazzo messi assieme. Non la si era mai vista così agitata, se non durante la fuga da Daffodil Manor, ed era tutto dire.

L'uomo si avvicinò e si inginocchiò di fronte al ragazzo, tendendogli il dolcetto. «Prova a mangiare questo, dai» gli disse, cercando di parlare con il tono di voce più calmo che era in grado di offrire, anche se dentro era terrorizzato a morte dalla possibilità che qualcosa andasse storto.

Casey scosse la testa e allora McKay consegnò la barretta a Irene, poi prese il suo posto accanto all'Indigo.

«Come... come procede? Come ti senti?» chiese rauco.

Leroin gli scoccò un'occhiata pungente. «Come se qualcuno mi stesse rimestando nelle viscere, pugnalando con mille coltelli e strappando in due da dentro. Ti basta?» fece a denti stretti, quasi con ferocia. Era chiaro che la sua aggressività celasse il malessere e fosse un modo come un altro per sfogarsi, esternare il dolore fisico e lo stress psicologico.

Noah gli scostò i capelli dalla fronte. «Domanda stupida, scusa.»

«Puoi scommetterci che lo era!» Casey tacque e stritolò pressappoco una spalla all'uomo all'arrivo dell'ennesima contrazione. «Come diavolo ha fatto tua madre a non uscire di testa?» chiese stridulo a Irene, la quale sbuffò una risata nervosa. «Non saprei!»

LEÍRON - The Alphaga Series| 1# [Omegaverse]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora