Capitolo 9

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Liam

Per fortuna stamattina splende il sole e non sarò costretto a chiedere di nuovo un passaggio a Mark. E di conseguenza ad essere costretto a sopportare la presenza di Clary.

Eppure... per quanto cerchi di evitarla, mi rendo anche conto che se non la vedo per troppo tempo sento che mi manca qualcosa. È come se il suo ritorno fosse il pezzo mancante del mio puzzle ma continuassi a provare a incastrarlo nel modo sbagliato. E non ho ancora capito come vada infilato quest'ultimo pezzo.

Quando arrivo a scuola parcheggio accanto alla Charger di Mark. Lui è appoggiato alla fiancata e mi osserva con aria tesa mentre scendo dalla mia moto. I muscoli della braccia sono contratti e l'espressione è seria.

«Ehi... Che ti succede?» gli chiedo mentre lego il casco alla moto.

«Niente» afferma indifferente lui, cercando di darmela a bere. Aggrotto la fronte e lo scruto con sospetto. 

«Entriamo?» mi chiede lui allora, staccandosi dalla sua auto e facendo qualche passo in direzione dell'entrata dell'edificio con la schiena rigida.

Comincio a seguirlo, confuso, poi però il mio sguardo viene catturato da un lampo dorato alla mia sinistra. Mi volto e mi fermo ad osservare i capelli biondi di Clarissa che risplendono sotto il sole.

Ma non sono i suoi capelli ad attirare per lo più la mia attenzione, bensì il fatto che stia chiacchierando amabilmente con uno dei compagni di squadra di Mark.

Non un ragazzo qualsiasi, ma Lucas Wheeler. Il playboy più incallito della scuola; nemmeno Mark regge il confronto con lui. Lucas ha la fama di cambiare due ragazze a settimana, niente storie serie. Si limita a portarsele a letto e poi a scaricarle.

Possibile che abbia messo gli occhi su Clary?
E perché la cosa dovrebbe interessarmi tanto, poi?

«Liam. Calmati» mi intima Mark mettendosi davanti a me con le mani alzate. Riesco a distogliere lo sguardo da quei due per riportarlo sul mio migliore amico.

«Che c'è?» gli chiedo scontroso. I suoi occhi si riempiono di compassione. 

«Devi calmarti, ok? Siamo già abbastanza nei guai con il preside per tutte le cazzate che combiniamo... non c'è davvero bisogno di iniziare una rissa».

Lo guardo perplesso, così lui aggiunge: «Non te ne sei nemmeno reso conto, eh?»

«Di cosa?» ringhio io tra i denti, cominciando a perdere la pazienza e continuando a lanciare occhiate alle sue spalle, verso quei due che continuano a chiacchierare.

Clary sta sorridendo, anche se non è un sorriso sincero. È quel sorriso che concede quando si sente in imbarazzo e non sa come togliersi d'impiccio.
Mi sorprendo di ricordare ancora queste cose di lei.

La voce di Mark mi riporta indietro: «Assisto sempre ai tuoi incontri... e so quando sei pronto ad attaccare. E in questo momento, lo sei! Lo vedo da come stringi i pugni, dalle spalle incassate e i muscoli contratti. E soprattutto da come non riesci a togliere gli occhi dalla preda».

Mi fissa truce e mi spinge indietro con le mani sul petto, incalzandomi a riprendere il cammino. Cerco allora di rilassare la muscolatura che nemmeno mi ero reso conto di aver contratto. Volto la schiena a quell'immagine e mi incammino di nuovo verso l'entrata.

Mark, subito al mio fianco, mormora: «Mi dispiace, amico. Io ci ho provato a tenerglieli lontani, ma ormai hanno capito che non sono interessato a lei in quel modo. Quindi ora si sentono liberi di provarci. Nemmeno la tua ragazza, con tutte le stronzate che va dicendo in giro su di lei, è riuscita nell'intento di farla passare per una sfigata con la quale non vale la pena di perdere tempo...».

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