Clarissa
Il resto della settimana passa senza ulteriori problemi. Anzi, Ethan sembra aver cambiato atteggiamento, abbandonando l'ostilità e le frecciatine. In mensa si siede con noi e rimane in silenzio, se non viene coinvolto direttamente in una conversazione. Ignora Tiffany e tutte le altre ragazze che gli gravitano attorno.
Nelle poche lezioni che abbiamo in comune da soli, si siede accanto a me ma non prova nemmeno a parlarmi, si limita a seguire la lezione. Anche se con la coda dell'occhio posso ancora notare quanto tempo passa ad osservarmi. Credo che si stia veramente rendendo conto solo ora di quanto male mi abbia fatto e stia cercando di lasciarmi un po' di spazio o di capire se davvero esiste un modo per rimediare ai suoi errori...
So solo che la sua presenza mi sta confondendo parecchio le idee. Anche stare insieme a Liam non è più lo stesso. Cerco il momento giusto per raccontargli ogni cosa da tutta la settimana e ancora non sono riuscita a farlo. Ogni volta che guardo in quei suoi occhi trasparenti così sinceri, perdo il coraggio di farlo, di infliggergli altro dolore.
Sono certa che si sia accorto che qualcosa non va, solo che non può avere la minima idea di cosa ci sia sotto. Però ho deciso: oggi gli dirò ogni cosa. È sabato, siamo lontani da scuola e, soprattutto, da Ethan. Gli chiederò di passare il pomeriggio al lago, dato che so che è un posto che lo calma, e lì gli dirò ogni cosa. Spero solo che capisca e che possa perdonarmi per non averglielo detto subito. E che non uccida Ethan, anche.
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Mentre ritorno dalla mia corsa mattutina, mi ripeto mentalmente il discorso che dovrò fare a Liam. Stamattina non è nemmeno venuto a correre; probabilmente avrà preferito riposare per l'incontro di stasera.
Arrivo davanti casa completamente trafelata e senza fiato; sono stata fuori molto più del solito, tanto che perfino Mark è già sveglio. Lo trovo chino sul cofano aperto della sua Charger. Mi avvicino e lo saluto.
«Ehi, Lawson. Che fai?» gli chiedo ancora boccheggiando.
«Do un'ultima controllata per verificare che sia tutto a posto. Stasera ho intenzione di correre. In quel posto dove siamo stati ad Halloween. L'altra sera, io, Liam e Ethan siamo stati qui da me per una serata tra ragazzi, e ho scoperto che c'è proprio Ethan dietro alla gestione di quel piccolo autodromo. Lui e suo cugino, per la precisione. Suo cugino è il tizio che mi ha inviato lì la prima volta... Incredibile com'è piccolo il mondo, no?» chiede scuotendo la testa.
«Già...» borbotto. Peccato che io sappia perfettamente che non si sia trattato certo di una coincidenza quell'invito.
«Che stai facendo?» mi chiede Mark dopo un po'. Senza rendermene conto, mentre parlavamo mi sono messa a lavorare sulla sua auto. Mi ritrovo con una chiave inglese in mano senza sapere nemmeno quando l'ho presa.
«Io... ehm, scusa. C'erano un paio di bulloni allentati. Con le vibrazioni, durante la corsa, avrebbero potuto allentarsi del tutto» gli spiego, ripassandogli l'attrezzo e pulendomi le mani sporche di grasso sui pantaloni grigi della tuta. Mark mi osserva con uno strano sguardo.
«Da quando te ne intendi di auto?». Do una scrollata di spalle, fingendo noncuranza.
«Ho imparato qualcosa in accademia» borbotto, volgendo poi lo sguardo verso la saracinesca chiusa del nostro garage dove dentro so esserci la mia Mustang; mi sembra quasi di sentirla chiamarmi.
Mark sta per aggiungere qualcosa quando un rombo familiare lo interrompe e la Camaro di Ethan parcheggia nel vialetto dietro l'auto di Mark. Scende con la sua solita indolenza e ci raggiunge.
«Ciao, ragazzi» ci saluta cordialmente.
«Ehi, amico» risponde Mark. Io mi limito a un cenno del capo e penso a un modo per defilarmi senza far pensare che me la stia dando a gambe.
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Ovunque andrai
RomansSarebbe bello se la vita fosse come una lavagna. Poter scrivere e riscriverne la trama anche mille volte finché non risulta perfetta, cancellare le parole dette e gli errori commessi con un semplice colpo di spugna... Ma la vita non è una lavagna e...