Capitolo 51

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Clarissa

Finite le lezioni prendo posto nell'aula di detenzione per scontare la punizione per aver mandato Ethan in infermeria e decido di sfruttare quest'ora per studiare. Ma il mio buon proposito viene rovinato proprio da Ethan che prende posto accanto a me.

Gli rivolgo un'occhiata truce. «Sei riuscito a farti punire il tuo secondo giorno di scuola... non male» gli dico sprezzante. Si passa una mano tra i capelli neri, e una piccola ciocca gli ricade sulla fronte.

«Infatti non è stato affatto semplice, sai?» borbotta avvicinandosi a me, mentre io mi ritraggo da lui cadendo quasi dalla sedia. «D'altra parte... era l'unico modo per parlare da solo con te».

Mi risistemo sulla sedia e fisso lo sguardo di fronte a me. «Non abbiamo nulla da dirci. Non so perché tu sia qui e non voglio saperlo. Voglio solo che tu te ne vada» sibilo come un serpente velenoso.

«Te l'ho detto: sono venuto per riportarti a casa. Non ci credo – e non ci credi neanche tu – che stai bene qui. Non ti manca mia sorella? Non ti mancano Cole, Josh, Patty, Patrick, July o Condor?» mi sfida. Mi volto a guardarlo negli occhi duramente.

«Certo che mi mancano. Ma non mi manchi tu! Ed è solo colpa tua se ho dovuto andarmene e lasciarli. Perché non sopportavo l'idea di vivere nella tua stessa città, di poterti incrociare per sbaglio sul mio cammino!» gli spiego in tutta onestà, sentendo la mia voce spezzarsi.
Lo vedo ritrarsi un pochino, come se le mie parole lo avessero colpito. Ma non riesco più a fermarmi, ho bisogno di dirgli tutto.

«L'incidente... è stato colpa tua, lo sai, vero? E sai come ho fatto a recuperare la memoria?». Ethan scuote appena la testa ed è più pallido del solito. «Leggendo l'ultimo messaggio che mi hai inviato, sono quasi morta. Te lo ricordi, immagino, quello che mi hai scritto quella notte?» gli chiedo ormai sull'orlo delle lacrime. Ethan abbassa il capo e annuisce.

«Mi pento di ogni singola parola che ti ho detto... e scritto. Se potessi tornare indietro...»

«Ma non si può» lo interrompo subito, «Non si può tornare indietro, Ethan. Ci siamo fatti un sacco di male a vicenda. Ormai dovremmo aver imparato la lezione: non siamo fatti per stare insieme».

Ethan allunga una mano verso il mio viso e io istintivamente mi scosto. Vedo la sofferenza nel suo sguardo quando riabbassa la mano. «Volevo solo asciugarti le lacrime» sussurra. Solo in quel momento mi rendo conto di aver cominciato a piangere silenziosamente. Mi asciugo in fretta le guance con le maniche della felpa e riporto lo sguardo sul mio libro.

Con la coda dell'occhio vedo Ethan appoggiarsi con i gomiti sul banco e prendersi la testa tra le mani. «Mi odi? È per questo che mi hai restituito il bracciale? Per questo ti sei fatta rimuovere il tatuaggio?» chiede a bassa voce. Riporto lo sguardo su di lui.

«Il bracciale rappresentava una promessa che non hai mai mantenuto. Mi hai tradita, Ethan. Mentre io combattevo per te e per noi contro tutti e tutto. Non significava nulla per te... e non significa più nulla per me. Così come il tatuaggio. Pensi davvero che avrei potuto passare il resto della mia vita con quella bugia marchiata sulla mia pelle?» gli chiedo. Mi rendo conto che stiamo attirando l'attenzione degli altri pochi studenti in aula, ma non vi presto attenzione.

«Non hai risposto alla mia prima domanda» mi fa notare. Mi mordo il labbro.

«No, Ethan, non ti odio. Nonostante tutto non ci riesco, perché ti ho amato tanto come non amerò mai nessun'altro». I suoi occhi si accendono di speranza, che mi affretto a spegnere: «Ma odio l'amore che ho provato per te. Perché era un inganno. Quando ho avuto davvero bisogno di te, tu dov'eri, eh?» gli ringhio contro, sentendo montare la familiare rabbia che ribolle sottopelle.

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