4. Ludwig

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Arianna tornò a casa sconvolta: salì difilato le scale nonostante il fiato corto per la corsa, aprì con violenza la porta e si gettò sul letto nel bel mezzo della stanza ancora sfatto prendendo a pugni il cuscino, dando sfogo a tutta la sua rabbia, sfociata in una crisi di pianto isterico.
- PERCHÈ? - strillava.
- Perché ho lasciato che andasse a casa da solo? - Avrebbe voluto sussultare, cadere dal letto per poi svegliarsi e scoprire che quel dolore forte che provava nel petto era ancora lo spettro del tradimento subìto che non la aveva abbandonata. Invece no. Stavolta era un dolore diverso: il dolore dei sensi di colpa, della sorpresa negativa, dell'imprevisto bastardo, dell'ingiustizia che incombe, dell'ennesima perdita.
Sulle spalle sentiva ancora la stretta del Comandante Hoffman, la quale le aveva imposto di non sentirsi rea per quanto accaduto, fermando lo stato epilettico di Arianna dinanzi ai fastidiosissimi reporter che accorsero in gran numero quella mattina, sempre lì, al quartiere di St. Pauli, dove da due settimane qualcosa cambiò, ed isolamento, paura, angoscia si insidiarono al posto del divertimento e della lussuria. Al confronto, St. George era il Paradiso.

***

- Chi figura ci farà la Polizia tedesca? - aveva strillato Regina Hoffman, poco prima della scoperta della tragedia.
Sembrava scorrere tutto normale alla Stazione Centrale di Polizia. Arianna era in leggero anticipo, aveva promesso a Ludwig che avrebbe consumato la colazione, quando l'aveva riaccompagnata a casa la sera prima. Aveva intenzione di sdebitarsi, in qualche modo, per il suo comportamento troppo impulsivo, nonostante fosse comunque tutto già risolto.
"Una cena tra colleghi cosa potrà mai essere?" Aveva pensato la ragazza.
Ma non c'era tempo per lo svago: le grida del Comandante Regina Hoffmann avanzavano verso il suo ufficio, una pressione emotiva quasi tangibile.
"Andiamo, cazzo, rispondi!"
- Pronto? -
- Ludwig! Senti devi fare in fretta, Regina...-
- Agente Zimmermann sempre al vostro servizio! Lasciate un messaggio e la risposta arriverà quanto prima possibile! -
Arianna alzò gli occhi al cielo, maledicendo ogni centimetro di pelle del collega stranamente negligente, quella mattina.
- Io lo ammazzo! - aveva sussurrato in un ringhio.
- Morrison! Zimmermann! -
Arianna balzò sull'attenti allo sbattere della porta del suo ufficio, dentro il quale piombò il Comandante con intenzioni tutt'altro che diplomatiche.
- Dov'è quel lurido sacco di merda del tuo collega?- gridò.
- Non lo so, signora! -
- Non lo sai? - il tono era sempre più adirato.
- Non solo non siete cazzo di trovare una pista tangibile di un assassino pazzo seriale che sta amabilmente prendendo per il culo la polizia più stimata al mondo, hai anche il coraggio di non sapere dove si è andata a ficcare quella palla moscia del tuo collega che neanche si è presentato al lavoro? Sappiate che siete entrambi licenziati! -
- Si...Signora, io...-
- HAI ANCHE IL CORAGGIO DI CONTROBATTERE? -
- Comandante Hoffman! -
Un agente piombò impallidito e col fiatone nell'ufficio di Arianna e Ludwig, passando alla donna un telefono cellulare, probabilmente con qualcuno in linea.
- PRONTO!?-
Il Comandante cambiò totalmente espressione, passando dall'ira più funesta ad una assoggettante serietà.
- Si. Si, grazie. Senza dubbio - ribatteva al telefono, asciugandosi la fronte con un fazzoletto. L'enorme donna si accasciò su una delle due sedie libere, restando a fissare il telefono per qualche interminabile minuto. Si morse le labbra sbavandosi il rossetto rosa, per poi nervosamente picchiettare ancora e ancora lo schermo del cellulare.
Arianna intuì che quella telefonata era tutt'altro che rassicurante, avrebbe voluto chiedere alla donna di parlare, gridarle di sapere, ma in realtà non ne aveva il coraggio.
Regina Hoffman prese poi un grossissimo respiro, e con grande responsabilità sulle spalle e con lo sguardo più dolce e di pietà che mai nessuno aveva mai visto negli occhi di quella macchina da guerra, aggiunse.
- Arianna...Ludwig è stato trovato -.

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