And Then There Were None

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Alzai il nastro giallo e lasciai passare Grace, che fece dondolare la valigetta.
«Avvelenata!» esclamò il poliziotto che usciva dalla casa.« Nel bicchiere.»
Poirot scrutava il giardino ombroso, assorto. Fece un verso d'esultanza e corse verso un olmo.
«La proprietaria?»
«No, la sua cameriera.» alzò le spalle.«Nel sonno. Templeton è nella sua stanza.»
«Perché la pittura?» chiese Grace, ripiegando il referto.«Ho un campione di muro, qui.»
L'ufficiale guardò prima lei, poi me.«È questo che dovete vedere.»

«È un verso di Dieci Piccoli Indiani.» annunciai, guardando la parete.«Anzi, due.»
«Lo so.» Grace alzò appena la testa dal viso della donna.«Mia sorella ne va pazza.»
La scritta dipinta sul muro era rossa, proprio sopra la vittima. Recitava:

Dieci poveri negretti
Se ne andarono a mangiar
uno fece indigestione
solo nove ne restar.
Nove poveri negretti
fino a notte alta vegliar
uno cadde addormentato
Otto soli ne restar.

«Uno cadde addormentato...» Grace si scostò appena dal cadavere.«Quindi lei è...»
«Il nono negretto.» finì Poirot.«E Calum era il decimo.»
Lo ripetei a Grace, che guardò tristemente il letto. Amy era una donna minuta, in veste da camera, a faccia in giù nel cuscino. Reggeva un bicchiere vuoto.
Infilai i guanti mentre Grace la voltava: le labbra viola erano dischiuse sulla gola gonfia.
«Ha preso del sonnifero, ma è morta per asfissia.» le sfilò il bicchiere dalle mani e lo porse a un membro del coroner.«Questo è da esaminare. Credo che oltre sonnifero le abbiano...» accese una piccola torcia « Somministrato qualcosa a cui era allergica o simili. Volevano assicurarsi che morisse.»
«Le allergie non sono qualcosa che emerge molto facilmente in un discorso. Oltre ai ristoranti, tendi a rivelarle a qualcuno con cui...»
«Devi convivere a lungo termine.» terminò Grace.
Annuii.«Probabilmente è in questa casa. Quando è morta?»
«Verso mezzanotte. Sicuramente quella del sonnifero era un'abitudine, un motivo in più per credere che l'assassino sia qui. Dovremmo chiederlo agli interrogatori.»
«Sta seguendo bene il libro.» Poirot le alzò una ciocca di capelli.«Il primo era un ricco giovane a cui avvelenarono il bicchiere. La seconda la domestica. Solo, perché il colpo in testa? Non c'entra.»
«Chi c'è, dopo?» domandò Grace, alzandosi.«Nella filastrocca, intendo.»
«Un vecchio. Colpo alla nuca, su una panchina.»
«Sai che...» continuò, aggiustandosi il camice.«Potrebbero sollevarci dal caso?»
«Certo che lo so.» la guidai fuori, tenendola per la spalla.« Questo qui è un totale psicopatico, e basterà un altro cadavere per dichiararlo un assassino seriale. Sta seguendo un romanzo, che è quasi peggio.»
«È già un serial killer. Non danno gli assassini seriali agli stagisti.»
«Noi ce lo terremo, invece.» scesi velocemente le scale.«Ho tutta l'intenzione di sbatterlo dentro.»
«Totalmente d'accordo con lei, mon ami.»
«E se ci sollevano e basta?»
«Io lo troverò e lo prenderò.» aprii la porta e li feci passare entrambi.«E sai perché?»
«Ho paura a chiedertelo.»
«Perché se tutto va come vuole lui, ucciderà altre otto persone.»

Ernest Templeton era probabilmente la persona più snervante di tutta Boston, e io l'avevo beccata nel mio stesso obitorio.
L'avevo beccata nel mio stesso obitorio con due cadaveri, otto in vista e una semi-sconosciuta che non riuscivo a capire.
Due cadaveri, otto in vista, una semi sconosciuta e un detective che mi parlava nelle orecchie quando io tentavo di parlare con gli altri.
Sospirai.
«Sono più che convinto che ci sia un nesso fra le due vittime. Probabilmente si conoscevano.» rimuginò l'uomo alto e sottile davanti alla lavagna. Lui era uno spasso, da vedere: pieno d'ansia, complesso d'inferiorità professionale mischiato a narcisismo, riusciva a malapena a tenere il controllo dei suoi pasti.
Grace smise d'incidere lo stomaco di Amy e lo guardò.«Un modello e una cameriera. Perché non ci ho pensato prima?»
Allora esisteva, la vena sarcastica.
L' avrei caldamente appoggiata, tra l'altro, se non fosse stato Templeton. «La mia collega voleva semplicemente dire» la corressi, lanciandole un'occhiataccia «Che è più probabile che l'SI cerchi l'impiego, piuttosto che l'identità.»
Templeton aggrottò la fronte.«Non la seguo.»
Poirot borbottò un incompetente prima di farmi continuare.«Dieci piccoli indiani è un romanzo in cui si uccidono delle... figure professionali, diciamo. Dei canoni.»
«Un giovane della City, una domestica, un ex militare, un domestico, un'anziana, un giudice, un medico, un poliziotto, un esploratore e un'educatrice.»
Feci un cenno verso Grace.«Esatto. Hai trovato il testo?»
«E anche il contenuto dello stomaco di Amy.» si allontanò dal computer «Pollo, verdure, passiflora ed estratto di vaniglia.»
Templeton inarcò un sopracciglio «Mi scusi?»
«La sua cena, più il sonnifero -in questo caso la passiflora, che cresceva sotto gli olmi in giardino- e la sostanza a cui era altamente allergica.» ricoprì la salma.«Almeno, secondo la cuoca.»
Guardai Poirot, che era corso agli olmi quella mattina. Mi fece un occhiolino.
Ernest annuì appena e Grace ritornò al computer.«Stava dicendo, Parker?»
«Sì. Data la... peculiarità degli omicidi, non è da escludere il fatto che lui stia ricreando le figure all'interno del romanzo. Finché non troviamo un nesso tra le vittime, qualcosa che le leghi o che le veda coinvolte insieme, il nostro omicida ha semplicemente ucciso il primo giovane riccone e la prima cameriera che si trovava davanti.»
«E se vogliamo seguire questo profilo...» continuò, avvicinandosi alla lavagna.«È probabile che agisca con una certa premeditazione, senza fini personali. Ma più gli stiamo dietro, più diventerà confusionario.»
«E veloce.» sottolineò Poirot.«Il suo obiettivo è terminare il libro, è un fattore importante. Glielo dica.»
Mi curai di ripetere le sue esatte parole, prima di aggiungere alla lavagna la foto di Amy. La collegai a quella di Calum con un punto interrogativo.
«Una cosa che ci serve sapere è il fattore di stress. Cosa è successo negli ultimi tre giorni che ha portato qualcuno ad agire in un modo così... particolare?»
Templeton controllò un messaggio sul suo cellulare, sbiancando appena. Fu un secondo.«È quello che dobbiamo scoprire. Può essere una morte, una perdita del volume originale, o un licenziamento. Ma finché non abbiamo un profilo più delineato, è l'ultimo dei nostri problemi. Direi di tenere ancora in considerazione la fantomatica conoscenza.» esitò, poi annuì con convinzione.
Io e Grace ci guardammo, e lei annuì. Io mi schiarii la voce.«Il caso è ancora nostro?»
«Per ora sì. Se ci avvicineremo a quota cinque, probabilmente il dipartimento inizierà a dare problemi. Spero non accada.» ci sorrise. Un sorriso di circostanza.«Siete una bella squadra. Buona serata.»
Poirot lo osservò andare via, mentre io rimasi a fissare la lavagna.«Quota cinque.»
Grace smise di mordicchiarsi la penna e si lasciò andare contro la sedia da ufficio. Spostò il bicchiere del frappé con gesto stanco.«Sappiamo entrambi che vuol dire.»
«Già.» guardai la lavagna, e gli occhi di Calum ed Amy, come se potessero sorridermi.«Se ucciderà altre tre persone, saremo sollevati dal caso.»

piccola curiosità
in realtà il titolo "And Then There Were None" (e poi non rimase nessuno) è l'adattamento americano dell'opera, che io ho usato appunto perché la storia è ambientata in America.
Se volessimo usare il titolo britannico, il capitolo si chiamerebbe
"Ten Little Niggers", sostituito poi in "Then Little Indians", in quanto il termine "niger" (negro) era considerato dispregiativo.
Carina la pillola di cultura generale, eh?

Cronache Gialle: Dieci Piccoli IndianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora