He's playing with a brain

84 6 0
                                    

«Quale uomo non è in casa alle sei del pomeriggio?» mormorai, girando il caffè. Un movimento inutile, dato che non c'era nulla da mischiare, ma tant'è.
Quella mattina faceva freddo, ma rimanemmo comunque su un tavolo esterno. Poirot guardava la strada.
Grace bevve un sorso di frullato e poi mi guardò, giocando con la fragola sul bordo. Schioccò le labbra.«Ti dirò... a me ha fatto piacere.»
Inarcai un sopracciglio.«Stai scherzando?»
Poirot aspirò dalla pipa.« Mon Dieu, signorino, la faccia parlare.»
Io trattenni un ringhio.
«Io ho avuto tempo di studiare alcune cose, dato che domani devo dare uno degli ultimi esami. E tu...»
«Anche io ho studiato.» mormorai, guardando la tazza.
«A me ne mancano cinque.»
«Quattro.» tossicchiai.«Ho ripetuto, principalmente. E lavorato alla tesi. E ripetuto ancora. E mi sono portato avanti con le lezioni per...»
«Malcom.» la mano di Grace catturò la mia sul tavolo. Sobbalzai e il suo sguardo s'indurì.«Ti è successa una cosa terribile. Chiaro? Hai tutto il diritto di... piangere, o prenderti un giorno per staccare, lasciare il caso...»
«Lasciare il caso?» ripetei, sottraendomi e mettendo le mani in tasca.«Te lo puoi anche scordare. Voglio quello stronzo dietro le sbarre.»
«Okay. Va bene, Malcom. Va bene.» bevve un altro sorso.«Ma voglio che tu capisca che è perfettamente umano. Non lo sarebbe se tu fossi tranquillo.»
«Ma io sono tranquillo. Come un agnellino appena nato.» ironizzai, bevendo un sorso di caffè.
«La tazza è più grande.» mi fece notare.
«E quindi?»
«Non hai dormito. Hai bisogno di caffeina.»
La fissai, poggiando la fronte contro i palmi delle mani.«Non è divertente quando lo fanno gli altri.»
Una breve risata.«Tu lo fai sempre, con me. Vuoi parlarne?»
Sembrava quasi dolce. Dimostrava un'empatia che già un paio di volte era venuta a galla.
Era un passo avanti.
«No.» smisi di guardarla, giocando con una bustina di zucchero. Mi sfregai le tempie.
Ogni volta che chiudevo gli occhi, il volto di Greg mi fissava, sorridente.

«Dov'era questa mattina, sul preso?»
L'uomo incrociò le braccia, fissandoci duramente.«Al mio studio.»
«Lei non opera da tre anni.» ricordò Grace.
Lui rimase a fissarci, distaccato, e si fissò su di me.«Sei il figlio di Azzurra.»
Inarcai un sopracciglio «A quanto pare.»
«Ve l'ha detto lei, come sono finito in queste condizioni?»
«Attualmente è un problema secondario. Le tre persone che le hanno stroncato la carriera sono morte e lei sta girando intorno a una domanda semplicissima.»
«Ho un alibi. Ero a lavoro.»
«Dove?»
«Sta perdendo tempo, signorino. È innocente.» m'informò Poirot, camminando per la stanza.
«Io sono...» incrociò le braccia, sconfitto.«Sovrintendente di un Mc Donald's.»
Il telefono di Grace squillò e lei mi fece un cenno «È Templeton. Rispondo un secondo.»
Continuai a parlare con James, finché non si girò di scatto verso di me.«Malcom, possiamo andare.» alzò quattro dita.«Vuole parlare con te.»
Poirot alzò gli occhi al cielo, e io mi scusai con il signor Hamilton. Lui ci accompagnò all'uscita.
«Parker?»
«Sì, sono io. Che c'è?» domandai, scendendo le scale.
«Può venire sul luogo del delitto, per piacere?»
«Certo, mi lasci...»
«Da solo.» sottolineò.
Mi fermai in mezzo alla strada.«Ah. Va bene. Mi faccia avere l'indirizzo.»
Quando attaccai Grace mi fermò per la manica.«Che è successo?»
«Siamo... sollevati dal caso, credo. Non lo so. Vuole che io gli porti dei referti.»
Il suo sguardo si spense.«Capito. Ti accompagno?»
«Non è necessario. Anzi, ho bisogno che tu faccia un paio di cose.» guardai Poirot, che annuì.
«Dimmi.»
«Primo, assicurati che i media non sappiano della filastrocca. Finché non ne sono a conoscenza, non rischiamo di avere imitatori. Già trovare un soggetto è difficile.» la seconda cosa mi premurai di sussurrarla, su consiglio di Poirot, e lei mi guardò, confusa.
«Non capisco perché tu voglia saperlo. Gli esami...»
«Sono stati fatti da altri medici. Ho bisogno che me lo dica tu, quindi fammi sapere, va bene?» indicai le strisce pedonali.«Io vado di là.»
«Ti faccio sapere.» e fece un sorriso veloce.

«Non mi piace questo comportamento.» attaccò Poirot «Mi sento in colpa nei riguardi della signorina.»
«Puzza anche a me.» mostrai il tesserino all'ingresso del ristorante e, quando entrai, rimasi sulla porta.
«Quello è sangue?» chiesi al poliziotto alla mia sinistra. Annuì.«Preso da dove?»
«Dalla sua testa. L'ha aperta con un coltello da cucina.»

Cronache Gialle: Dieci Piccoli IndianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora