Sunday bloody sunday

1K 22 15
                                    

Se dovessimo ripescare la mia laurea dalla cornice e spolverarla, a quattro anni di distanza dalla consegna, leggereste ancora perfettamente la conferma dei miei studi in criminologia.
Ma io sono più che sicuro che chi fa il detective sappia leggere gli occhi, solo che mica puoi scriverlo, su un documento ufficiale.
La criminologia è impegnativa, sì, io mi sono spaccato la schiena dalla borsa di studio; ma la lettura degli occhi è un'altra cosa.
Se sei un detective e non sai leggere gli occhi della gente hai perso metà della tua credibilità.
Templeton non lo sapeva fare (di questo personaggio parleremo dopo), ma non fu esattamente questo a-
mi stanno dicendo di andare per gradi. Va bene, ragazzi, scusate.

Dicevo, questa cosa degli occhi è una regola non scritta, che mi sono ritrovato davanti quando avevo ventiquattro anni, quasi quattro anni fa.
Ho visto il mio primo uomo morto. E quando lo vedi, quando tu lo guardi e lui non ti guarda più, capisci che il mondo è crudele e che la gente è crudele e che quella persona -quegli occhi vuoti senza storia- potevi essere tu.
E inizi a vederli su chiunque, quegli occhi vuoti che però sono su di te e non si possono muovere, così freddi che vorresti rinchiuderti in casa.
Poi ti abitui. Dividi lentamente lo sguardo del bambino nel parco dall'uomo abbandonato nel vicolo.
E inizi a vedere le piccole sfumature di vita nelle occhiate per strada, il bene e il male, la brava persona e il criminale.
Ma come vi dicevo, mi ci vollero ventiquattro anni per capirlo e-
scusate
un anziano detective.

•••
«Malcom, il telefono!»
Inspirai, tenendo gli occhi chiusi.«Ignoralo, mamma.»
«Ma è Ben.»
«Ignoralo, mamma.» mi passai una mano fra i capelli, aprendo gli occhi sul soffitto.
«Ci vediamo dopo, Malcom.» mia madre mi salutò con un cenno e uscì dalla porta.
Guardai la parete.«Devo fare colazione.» mormorai a me stesso. Mi alzai e ascoltai il telefono squillare ancora, grattandomi la nuca.
«No, Ben, io non ti risponderò.» mi versai del caffè nella tazza, lentamente.«Lo sento, il tuo smaniare dietro quel telefono, non mi avrai.»
La terza chiamata inondò il salotto, coprendo la voce del mezzobusto.
«Dio santo, ho capito.» presi il cordless e schiacciai il tasto centrale.«Ben, è domenica mattina, Cristo.»
«Buongiorno anche a te» il mio professore inspirò dal telefono.«Ho un cadavere.»
«Non m'interessa.» inghiottii una striscia di bacon.
«Malcom, non potrai rifiutarti il 90% delle volte! Stai per laurearti!»
«Uhm, lo sto facendo. Io sto rifiutando.»
«Cazzo, Malcom, per favore.» sibilò.
«Sto cordialmente rifiutando la tua offerta.» feci scattare il timer del tostapane e mi poggiai all'isola della cucina.
«Allora, vediamo un po'.»
«Oooh.» cercai la maniglia del frigorifero «Eccola qui, la tua cara vecchia minaccia.»
«Sono il tuo professore.»
«Patetica.» feci io, scavando nel frigo per il succo.
«Etica morale.»
«Mai avuta una.» bevvi un lungo sorso di succo d'arancia e presi aria «Che bella la domenica, non trovi? Credo resterò in pigiama.»
«Malcom!»
«Okay, okay, vedrò di pen- porca puttana!»
Immaginai, in quel momento, le narici di Ben che si dilatavano.
«E ora che succede?»
«Mi sono scottato col fottuto tostapane.» soffiai sulle dita rosse, agitandole all'aria.
«In ventiquattro anni di vita non sei mai stato così volgare.» ridacchiò.
Io iniziai a salire le scale.«Mi hai rovinato la domenica. Dovevo gettare il cordless giù dalla finestra.»
«Sarebbe stata una scena da guardare, effettivamente. Quindi vieni?»
«E che cavolo, sì. Hai rotto.»
Ben ridacchiò «Finalmente ho questo onore, dopo quattro mesi. Hai già aperto l'acqua?»
Io rimasi a fissare la porta del bagno «Non io.»
«Tua madre, allora?»
«Mia madre è a lavoro.» i colpi sordi che risuonarono nel corridoio mi fecero fare un passo avanti.
«Malcom, che sta succedendo?»
Io aprii la porta di scatto, con un calcio.« Ti richiamo.» dissi tranquillamente, e agganciai.«E tu chi diavolo sei?»
L' uomo ispirò e guardò il lavello «Credo di averlo rotto.»
«Ti ho chiesto chi sei.»
«Ha le dita scottate.»
«Non me ne frega.»
«L'ho rotto.» ripetè, con accento francese, e indicò il lavandino. Io tirai giù il rubinetto e lo fissai.
«Ha ancora le dita scottate.»
Trattenni una parolaccia sulla lingua, dopo aver capito che ne avevo già dette fin troppe. Mi passai della pomata sulle dita scottate, chiudendo l'armadietto e facendo vibrare lo specchio.
«Ora vuoi dirmi chi cavolo sei?»
Lui rizzò la schiena «Ha del caffè? Bello forte.» mi sorpassò, scendendo le scale a passo lento.«Sa, il mio viaggio è stato... stancante. Vorrei rinvigorirmi un po', prima d'iniziare. Posso?»
Io posai lentamente il telefono sull'isola della cucina e guardai la poltrona, poi lui «... sì.»
«Oh, grazie.»
Guardai il suo atteggiamento tranquillo, mentre si passava una mano sui baffi.
«Non sei a casa tua. Vorrei sapere il tuo nome.»
I suoi enigmatici occhi azzurri mi scrutarono, poi lo ritrovai a sorridere: «Hercule Poirot.»

•••
«Questa è una puttanata.»
Lui posò la tazza sul tavolino a destra.«Non so cosa significhi.»
«Ora ti spiego una cosa molto facile: Hercule Poirot è un personaggio inventato di un libro. Da quale casa di cura sei scappato?»
«Perché non mi crede?»
«Perché è irragionevole. E io credo solo alle cose assolutamente ragionevoli, e tu non rientri nella categoria.»
«La trovo una mente molto schematica, la sua. Il fatto di accettare la mia esistenza la turba.»
«Quale parte di è una puttanata devo spiegarti? Non è possibile. Punto.»
«Non sono sicuro che questa parola sia educata o cortese.»
Mi sfregai il viso.«Ascolta: adesso io ho da fare. Ti accompagno alla centrale di polizia e poi vado a vedere i fatti miei.»
Salii le scale, e lui mi seguì prontamente.
«Posso chiedere che impegni, di grazia?»
Mi chiusi in camera sbattendo la porta «Un caso.»
«Che caso?»
Infilai la camicia, appena dopo i jeans.«Omicidio.»
«È un disturbo la mia presenza?»
Arrotolai le maniche, sbuffando.«Decisamente. Ti ho già detto che ti porterò-»
«Signore, con chi sta parlando?»
Mi zittii. Aprii lentamente la porta della mia camera, guardando la signora delle pulizie.
«Ciao, Dolores.»
L'uomo la guardò, ma non la salutò.
«Con chi parlava, signore?»
«Con lui.» e indicai Poirot. Lei fece un giro sui tacchi e sembrò non vederlo.
«Lui chi?»
Mi chiusi lentamente la porta alle spalle, avvertendo un brivido proprio al centro della schiena. «Lei... non lo vede?» domandai, scandendo le parole.
«Non volevo se ne accertasse così.» Poirot si sistemò il panciotto.
«Signor Parker » Dolores sembrava preoccupata «Ci siamo solo noi due, qui.»

Cronache Gialle: Dieci Piccoli IndianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora