I work alone

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«La gente non ti vede.» biascicai.
«Gliel'ho spiegato, signorino: pochi eletti lo fanno. Fra cui lei.»
«Ripetimi anche perché sei qui e perché dovrebbe importarmi.»
«Perché so che qualcuno trama nei miei riguardi, signorino. E mi serviva qualcuno che mi aiutasse.»
«Cristo, chiamami Malcom.»
«Malcom!» Ben aprì le braccia, facendo gonfiare il cappotto. Non lo abbracciai.
Ecco, è il caso che qui apra una parentesi, prima che sia troppo tardi per spiegarlo. Quello che spesso entra in gioco con l'affare Criminologia è la lettura della persona. Chiunque abbia visto almeno un poliziesco sa di cosa sto parlando. Il problema è che il mondo della televisione spesso e volentieri tende a farlo risultare come un divertimento, o un passatempo.
Ragazzi, è una stronzata.
La lettura della persona è una vera rogna, perché è automatica.
Ancor prima di presentarti sei inondato di informazioni, piccoli dettagli, che ti precludono alle domande sulla professione, su dove vive, minando la tua prima conversazione. Sono dieci anni che quando mi presento a una persona (sì, di solito mi presento a dei criminali, ma questo è un altro discorso) so già più di quanto socialmente sia accettabile.

Per questo sapevo che Ben aveva già fumato due sigarette, quella mattina, da un pacchetto nuovo che sporgeva aperto sulla tasca del cappotto. Si era svegliato in fretta, perché non era sbarbato, e aveva dormito male. Colazione con ciambelle, probabilmente le sue preferite. Quando vidi lo zucchero spolverato sulla barba non fatta, mi corressi.
Sicuramente le sue preferite. E quando una persona che vuole perdere peso mangia il suo cibo preferito, è irritata, triste o menefreghista.
Mi preparai mentalmente alla versione nervosa e irritabile del mio tutore, in silenzio. Lo scrutai, mi scrutò.
Lui abbassò le braccia, lanciandomi un'occhiataccia. «La domenica mattina sei sempre nervoso o hai sparato in testa al bambino che ho cresciuto?»
Infatti. «Mi sono svegliato bruscamente.»
«Già... mi dispiace. Mentre io aspetto il detective, la tua colleg-»
Alzai una mano.«No.»
«Dicevo che la tua collega sta-»
«Primo, sono uno stagista. Non sono ancora laureato, quindi ho da preparare degli esami, non so se sai cosa significa. Possiamo muoverci? Secondo. Io lavoro da solo. Lo sai.»
«Ora non hai facoltà decisionale.»
«Mandala via.»
Uno sguardo infuocato.«Va bene.» si voltò «Ehi, Grace! Malcom non vede l'ora di conoscerti!»
E il brutto bastardo si dileguò.
«Coraggio, signorino Malcom, non faccia di tutta l'erba un fascio! Solo perché ha avuto cattivi colleghi, in passato, non significa che la signorina sia da scartare.»
«Io non ho mai avuto esperienze del genere, e sai perché? Perché io lavoro da solo.»
Mi voltai, smettendo di guardarlo.
Una ragazza arrivò e mi porse la mano.«Ciao, sono...»
«Grace, giusto? Buon per te.» la sorpassai.
Lei si passò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.«... Spellman. Grace Spellman. Piacere.»
Le dedicai una seconda occhiata, stavolta studiandola. I movimenti delle mani, come spostava il corpo. Non riuscivo a capire, ero confuso. Avevo visto quei movimenti statici e quasi meccanici solo nei politici, che certamente non era una delle opzioni circa la professione del punto interrogativo davanti a me. Sbattei le palpebre, infilai le mani nelle tasche dei jeans e rabbrividii. L'uomo in terra era il mio quarto cadavere, e Grazie A Dio non mi guardava: la nuca castana stava al cielo.
« Ho l'onore di parlare con?» domandò, raggiungendo la mia destra.
Una frase del genere è indice di cinque personalità diverse. Meglio di niente.
«Malcom Parker. Non ti ho mai vista a criminologia.»
«Probabilmente perché sono a medicina.» si strinse la cartella al petto. Indole sarcastica? «Medico legale.»
No, per niente. «Che ha il nostro...»
«Calum. Calum Sheppard. Ventun'anni, modello, era ubriaco al momento della morte. C'è...» e si chinò a scostargli la testa, facendomi vedere un occhio azzurro, e mostrando un grumo rosso e scomposto «... una ferita da corpo contundente, proprio qui. Dovrei esaminarlo in obitorio, ma credo sia un martello. La morte, comunque, è da avvelenamento. Sembra tanto una di quelle vendette personali, non trovi anche tu? Niente di straordinario.»
Mi chinai dall'altro lato, con Hercule alle mie spalle.« Si sente spesso di gente famosa che viene uccisa da altra gente famosa. Debiti, dipendenze, o chissà che altro.»
Mi fissò da sopra il cadavere, con i suoi occhi di una strana sfumatura di viola. «La sua ragazza?»
Trascorsi con un pessimo fidanzato? No, Dio. Mi stava irritando.
«Una dei sospettati, vorrai dire.» mi suggerì Poirot, prendendo una lunga boccata dal sigaro.

«Prego, sì, entrate.» la donna dai capelli cotonati si spostò, dandoci una visione dell'atrio enorme. Non ci aspettò, filando in cucina, sulla sinistra.
«Pensavo andassero di moda cinquant'anni fa.» borbottai. Grace mi pizzicò il gomito.
Io ritirai il braccio, di scatto, e seguii la donna nella casa gelata.
«Posso offrirvi qualcosa?»
«No, grazie.» rispose Grace per entrambi, e le attribuii un briciolo di buon senso.
Lascai scivolare il registratore sul tavolo, poi la guardai.
«Mi chiamo Alyanne Borde, e ho vent'anni. Sono fidanzata con Calum da due.» le tremò appena il labbro.
Quando la gente usa ancora il presente per persone morte, non è mai un buon segno. Grace si lasciò andare sulla sedia, in un comportamento che poteva andare dal tranquillo professionale al disinteressato. Il suo viso era una maschera di porcellana.
«So che... vorreste farmi delle domande, insomma.» afferrò la mano di Grace sul tavolo, e lei sobbalzò appena. Spaventata? «Però... vorrei prima raccontare. Se vengo interrotta, non so se riuscirò a riprendere.»
Guardai appena Grace, che annuì, troppo concentrata sulla mano che stringeva la sua per parlare. Forse era più sorpresa.«Nessun problema, signora.»
«Bene.» Alyanne si riportò le mani in grembo, giocando con le pieghe della gonna.
«La nostra relazione, per quanto giudicata dalle riviste una pura strategia di marketing, è reale. Io amo Calum. Però è anche vero che fra noi due ci sono... dei problemi, ecco tutto. Lui è... oddiosantissimo, la devo smettere.» scosse velocemente la testa, e vi giuro, nessun capello si mosse.«Calum era una persona malinconica, persino con me. Insoddisfatto di tutto, sembrava che nulla potesse dargli sollievo se non una bottiglia di liquore. Ne aveva certe mensole grosse così, a casa.»
Poirot stava seduto sulla sedia, unica libera, guardando la donna con attenzione, perfettamente composto. Stavamo sui toni vintage del marrone, e lui spiccava con il suo completo lavanda. Fumava.«Non mi sembra stia mentendo, lei che dice?»
Lo ignorai.
«Dimenticava spesso le festività, non aveva una grande cognizione del tempo. Ha avuto problemi con qualcuno, ma mai... così gravi da...» tirò su col naso. Bevve un lungo sorso d'acqua dal bicchiere sul tavolo.«Sto bene. Sto bene, davvero.» (se qualcuno dice che sta bene ma nessuno gliel'ha chiesto, probabilmente mente. Intuibile.)«Che stavo dicendo? Ah, sì. Negli ultimi mesi nemmeno il lavoro riusciva a lenire la sua pena. E nemmeno io. Così iniziò a puzzare di whisky, o di liquore, a volte di vodka. Le bottiglie a casa si decimavano. Non mi baciava più, non mi... afferrava per la vita come faceva una volta. Sorrideva poco. Litigava con gli stilisti. Ma non per questo la sua carriera andò peggiorando.»
«Ho visto che aveva accettato un nuovo lavoro per una pubblicità, due settimane fa.» confermò Grace.
Alyanne le sorrise «Sì. Sì, è vero. Si era gettato sul lavoro. Sul lavoro e sugli alcolici. Quando io lo baciavo, sentivo sempre quel retrogusto di bourbon. Mi faceva schifo, ma non l'ho mai detto.»
Poirot inarcò le sopracciglia «So che pensiamo la stessa cosa, signorino.»
«Lei ha mai pensato che...» giocai con la penna.«Lui fosse depresso?»
Aspettammo più di un minuto, in cui lei guardò la polvere danzare nell'aria, prima di parlare:«Ad alta voce mai. Ma dentro di me lo sapevo. Ci sono state visite, controlli, qualche medicina... lo sapevamo tutti. Non lo diceva nessuno.»
Grace mi guardò. Quasi come se volessimo chiedere la stessa cosa.
«Lei ha mai pensato che...» si sistemò sulla sedia « Calum potesse essere più che semplicemente depresso?»
Gli occhi di Poirot brillarono appena.«Coraggio, signorina, lo dica.»
«In che senso?» domandò Alyanne, sbattendo le palpebre.
«Sociopatico, ad esempio. I sociopatici tendono a... infrangere regole sociali, senza volerlo, anche per quanto riguarda la misura delle parole. Magari qualcuno l'ha presa sul personale. Cosa ne pensa?»
«No, io... io non credo.»
Tossicchiai.«Okay. Dov'era ieri, fra mezzanotte all'una?»
«Qui a casa. Ci sono delle telecamere di sorveglianza, posso fornire i nastri.»
«L'ultima volta che ha visto Calum?» domandò Grace, appuntandosi le risposte su un piccolo taccuino.
«Nel pomeriggio di ieri.» scosse le spalle.«Abbiamo preso un caffè.»
Mi passai una mano fra i capelli.«Okay. Mi servirebbe un recapito telefonico del suo agente.»
«E del medico.» Poirot si alzò e la scrutò, a sopracciglia aggrottate.
«Anche del medico, per piacere.» Grace alzò appena lo sguardo sulla donna, continuando a scrivere.
Quando ci alzammo per stringerle la mano, Alyanne sembrava invecchiata di almeno dieci anni. Gli occhi pesti vagarono da me a Grace. Si umettò le labbra.«Sono quasi contenta che Calum sia morto.»
Poirot inarcò un sopracciglio.
«Come?» domandai.
«Ho detto che sono quasi contenta della sua morte.» ripetè, spenta. Eppure si torturava le dita, come se potessi ammanettarla da un momento all'altro.«Lui di sicuro lo è. Non era un uomo felice.»

Vi pubblico questo capitolo con l'umore veramente a mille, perché:
A) sono reduce dal mio primo concerto, quindi in generale il mio "umore a mille" andrà avanti per parecchio;
B) che è molto più importante, vi ho presentato Grace. È una vita che voglio che smetta di esistere solo nella mia testa.
Sono molto fiera di lei come personaggio, spero -dai commenti o comunque dalla reazione- che lo apprezziate quanto me.

enjoy, ci vediamo mercoledì 💫

Cronache Gialle: Dieci Piccoli IndianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora