CAPITOLO 15

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Elena era seduta davanti allo specchio. "Stai molto bene."
Alla voce dell'amico, Elena si voltò: Bucky era appoggiato allo stipite e la osservava sorridendo dolce. "Dove hai preso questi vestiti? Non sono come le tute che avevi." Elena si strinse le spalle, infilate in una camicia bianca molto morbida. "Sono un regalo di Peter. Sai, il ragazzo che mi ha accompagnato quando Wanda mi aveva perso in giro per negozi." Bucky la osservò: oltre alla camicia bianca, la ragazza indossava dei pantaloni neri a vita alta, con delle converse bianche ai piedi. "Direi che Peter ha azzeccato la taglia. Gliel'hai detta te?" Elena scosse la testa. "È venuto una settimana fa. Passava per parlare con Tony... e... beh, ha detto che aveva questi per me." "Raccontami che cosa è successo bene."

Una settimana prima
Peter si avvicinò a Elena, seduta sul divano. "Ehi, ciao." La ragazza alzò lo sguardo. "Ehi, Peter giusto?"
Il ragazzo sorrise ampiamente. "Ti ricordi il mio nome? Wow. Cioè, non che non è gentile solo..." guardò il libro che aveva in mano Elena. "Bello, il buio oltre la siepe. È un bellissimo libro, l'ho letto qualche mese fa. Beh, non proprio. Un anno fa. Forse due. Comunque..." "Peter? Stai straparlando." Gli fece notare la giovane. "Giusto, scusa. Ero venuto perché il signor Stark voleva vedermi, ma ho pensato di darti qualche vecchio vestito di mia zia. Vecchio più o meno: sono di una settimana fa. A lei piace fare shopping." Elena fissò il pacchetto. "Grazie mille, ma non saprei come sdebitarmi." "Non devi farlo. Mia zia ha saputo cosa è successo. O meglio, le ho detto cosa è successo, a te e a Steve. Ha deciso di aiutarti così. Anche perchè credo che tu non andrai mai più a fare shopping." Elena annuì. "Esatto. Ma, davvero, come posso ringraziarvi?" "Potresti riservarmi un ballo. E poi ringraziare mia zia di persona, se proprio ci tieni. Viene anche lei al compleanno di tuo fratello." Elena annuì. "Mi hai appena chiesto di ballare? Non è fuori moda?" "Mi piace il fuori moda. Allora?"

Bucky interruppe il discorso. "Tu?" "Io ho accettato. Mi sembrava giusto." "Steve lo sa?" "Che ballo con Peter? Lo vedrà stasera." "Non glielo hai raccontato?" "No. Poi andrebbe fuori di testa. E quando lui va fuori di testa, io vado fuori di testa. Diventa un circolo vizioso." Bucky scosse la testa. "Hai finito, comunque? Volevo andare un po' di là, ma c'è già Stark con Steve." Elena disse. "Mi manca solo il trucco, ma penso che chiederò a Natasha di sistemarlo. Hai visto come è sempre in ordine? Mi domando come faccia..." Bucky annuì distrattamente. "Comunque, Buck, puoi cominciare ad andare. Steve ti adora lo sai, no?" Bucky la guardò. Capendo che la ragazza cercava di consolarlo, rispose. "Vorrei che mi bastasse. Davvero, lo vorrei tanto." Poi andò alla porta. "Vado a raggiungerli. Non mi piace Stark." Elena lo guardò andarsene.
Sebbene sapesse cosa Steve provasse per Bucky e immaginasse cosa provava per Tony, non poteva non stare male per Bucky. Da quando erano nati, i tre erano praticamente dei fratelli, non di sangue ma per scelta. Elena sospirò. Avrebbe risolto più tardi quel problema. Ora aveva un altro problema da risolvere: cosa era quel pennarello nero? Doveva metterselo sugli occhi o da qualche altra parte? E quel pennello a che serviva? A fare l'artista? Elena si alzò. "NATASHA, MI SERVE UNA MANO!"

Steve e Tony erano sul divano, a parlare. Ad un certo punto, sentirono Elena chiamare Natasha, e la spia russa rispondere con un "VIENI TU QUI."
Tony guardò Steve, che non si alzava dal divano. "Non sei preoccupato? Ha praticamente urlato per chiamare Romanoff." Steve scosse la testa. "Probabilmente riguarda il trucco. Mi ha detto che è una delle cose che più la mette a disagio. Perchè dice che in generale il mondo non è cambiato. Ma poi vede quelle nuove invenzioni e si sente estranea. Un pesce fuor d'acqua." Tony lo fissò. "E per te cosa è stato?" Steve alzò lo sguardo. "In che senso?" "Cosa ti faceva sentire fuori posto?" Steve sospirò. "L'incertezza." Tony lo fissò. "Non credo di capire." "Nel 45... le cose potevano essere più difficili, la tecnologia in effetti è stata un'ottima invenzione. Ma... sapevi chi erano i tuoi amici chi i tuoi nemici. Avevi un chiaro quadro della situazione. O era nero o era bianco. Adesso... mi sembra di vivere nelle sfumature del grigio. Non c'è il giusto o il sbagliato. Ora ci basiamo sul conveniente, sull'utile, sul possibile. Non so come può servire un Capitan America, se non sa nemmeno per cosa combatte." Tony gli prese la mano. "Allora non essere più Capitan America. Diventa semplicemente Steve. E riportaci almeno nelle battaglie in quei momenti in cui si combatteva per ciò che era giusto, contro ciò che è sbagliato. Riconosci tu le sfumature e aiutaci a eliminarle." Steve lo guardò, confuso. Poi sorrise. "Grazie, Tony." L'inventore scrollò le spalle.  "Siamo una squadra, no?" Steve annuì. Tony lo guardò. "Come è andata da Carter? Hai portato Elena no?" Steve annuì nuovamente, questa volta pensieroso. "Volevano parlare da sole." "E..? Non sai cosa si sono dette?" "Ho origliato da dietro la porta." Tony scoppiò a ridere. "Che si sono dette?" Steve sospirò, prima di cominciare a raccontare.

Avengers, age of revenge Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora