Capitolo 3

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Al quinto bicchiere di gin entrambi percepivano i primi sintomi di una sbronza e si poteva capire che i due erano sulla buona strada per un dopo-sbornia coi fiocchi. Erano seduti sulle poltrone l'uno difronte all'altro in silenzio poi Sherlock prese a parlare
"Okay, adesso tocca a me. Io dico che non riesco a provare dei veri sentimenti per qualcuno, è vero o falso?" poi portò le sue mani giunte sotto il mento.
"Secondo me è solo una cosa che vuoi far credere." le parole uscirono dalla bocca di John fluentemente e senza intoppi.
"Credi che i sentimenti ti rendano fragile quando in realtà grazie a quelli spesso riusciamo ad andare avanti."
"Quindi la tua risposa definitiva?" disse il detective impassibile.
"Falso, per me è falso." disse John con convinzione.
Sherlock staccò la schiena dalla poltrona e si portò avanti guardando John dritto negli occhi. L'altro senza pensarci lo imitò. I due erano a poca distanza l'uno dall'altro.
"Quindi? Ho ragione o no?" sussurò il dottore. Entrambi potevano sentire il respiro dell'altro a contatto con la propria pelle. Sherlock ritornò nella posizione precedente e senza professare parola riempì il bicchiere e bevve. Un ghigno di soddisfazione spuntò sul volto di John ma ci volle un po' per realizzare ciò che era appena successo. Sherlock aveva appena ammesso di poter provare sentimenti per qualcuno e i loro volti erano stati talmente vicini che John si stupì di quanto autocontrollo riuscisse ad avere a non baciarlo.
'John cosa cazzo pensi? Da quando l'alcool ti a diventare occasionalmente gay!' disse fra sè e sè.
I suoi pensieri furono interrotti dallo sguardo di attesa di Sherlock dovuto a quella pausa.
"Adesso tocca a me! Tutte le mie relazioni vanno a monte perchè le donne hanno la sensazione di dover competere con te per ottenere la mia attenzione." John parlò tutto d'un fiato e quando ebbe finito in parte si pentì di aver tirato fuori quell' argomento.
Il detective aveva un'espressione interrogativa sul volto poi esclamò.
"Certo che non è vero, le tue relazioni non falliscono di certo per colpa mia!" L'espressione divertita e il sorriso sulle labbra.
John si fece serio, una strana smorfia comparve sul suo volto.
"Ah no? Tu credi? Mi dispiace deluderti ma dovrai bere di nuovo. A quanto pare non sei poi così bravo con le deduzioni quando si tratta di te"
"Non ho intenzione di bere" disse l'uomo in modo cupo. "Sei tu che non riesci a mantenere solida una relazione con una donna, forse per qualche strana paura..." Sherlock osservó ogni singolo movimento, ogni singolo respiro e gli occhi dell'uomo che lentamente si rimpicciolivano.

"Oh, no... non è paura, vero dottor Watson, c'è dell'altro, qualche pensiero che ti tormenta, qualcosa che ti impedisce di andare fino infondo..."

"Smettila di fare così con me, non sono un cliente a cui 'leggi la mente' per dimostrare quanto sei bravo!" disse il dottore con gli occhi che diventavano lucidi dalla rabbia.

"Qualcosa oppure qualcuno..."
"SMETTILA! Ho detto basta!" Scattò in piedi, il petto si alzava e si abbassava velocemente e John sentiva il sangue affluirgli alle tempie. Si avvicinò a Sherlock e puntandogli un dito sul petto disse a denti stretti:
"L'unico vero motivo sei tu. Io corro da una parte all'altra della città solo per i tuoi capricci. Mando a fanculo tutti i miei piani solo per andare su una scena del crimine in cui il mio unico scopo è elogiarti e farti sentire al disopra di tutti. Io metto il mio lavoro e te davanti a tutto e non riesco ad ottenere nemmeno un minimo di gratitudine!"

Sherlock non aveva la solita espressione, questa volta sembrava che le parole avessero colpito anche lui, che la verità gli avesse fatto più male di un pugno nello stomaco.
"Non sei tenuto a farlo se non ti va! So andare avanti anche senza te" disse lasciando il bicchiere sul tavolino accanto a sè.

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