Verbena

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Ogni suo petalo mi ha aperto le labbra, che dapprima erano serrate; ho iniziato a spingere fuori dalla mia bocca delle parole, che riuscivano a sciogliere tutti gli agogni di questi incantesimi.

Anch'essa era convinta della mia umanità; del mio incontro con la sua natura e della sua ispirazione, ritrovata una volta avermi conosciuta. Ma io quei piccoli fiori, così vicini e accatastati in un infernale e maledetto disegno vegetale, li ho avvelenati. Avvelenati dalle mie corde, dalla mia ira, dalla mia croce e da tutti i corpi, che si aggirano di notte attorno al mio corpo e che adesso andranno a nuocere anche il loro sonno.

Io, quei piccoli e dannati fiori, li ho utilizzati come se fossero delle lame e li ho portati dentro il mio sotterraneo. Lì dentro, proprio in quel posto, pieno di sotterfugi; stracolmo di inganni, svuotato di potere e impaurito dallo stesso tiranno. Mi sono circondata dei loro internodi, sperando che si potessero trasformare in rovi, così neri, da potermici perdere una volta addentrandomi in essi.

Ma non hanno fatto altro che accarezzarmi la pelle, passeggiando sul mio tessuto così lentamente raffreddato da rilasciarmi persino brividi. E quelle carezze, mi mancavano così tanto che sono esplosa di gioia. Non riuscivo a farmele piacere, ma correvo da loro, ogni volta che necessitavo della loro armonia addosso. I loro colori, riuscivano a darmi un posto dentro questo caos, senza luce, che si è offerto per divenire escremento di luce persa. I loro colori, mi si posavano sul mento, sugli occhi, sulle labbra. E non lasciavano neanche una parte del mio corpo, così tanto che colorarono le mie labbra di glicine, gli occhi di quel verde sbiadito, la mia lingua azzurra e il mio naso color amarena. Ero così finita che avrei voluto finirli e rubare il loro posto dentro quel mondo, dentro questo grande ologramma che li ha saziati prima, per derubarli di minerali successivamente. Con i loro pezzi addosso, finalmente avevo ottenuto un vero trucco sul mio viso. Quello era il mio stile e non mi sentivo né infantile, né intossicata. E ho deciso, proprio con i loro pezzetti addosso, che avrei smesso di sentirmi così storpia e sporca. I loro petali erano riusciti a lavarmi, a sciacquarmi via tutte le intemperie ed io, ero riuscita a difenderli dai cambiamenti climatici, dai miei errori, dalla mia destrezza, dalla mia forza e dai miei calci. Eravamo uniti, come se tra noi si fosse immobilizzata una calamita. Io, avevo le loro pezze addosso e non me ne vergognavo ed ero così diversa dagli altri occhi che ho, finalmente percepito, come costruirmi una strada soltanto mia.

L'avrei riempita di Verbena, fino a strozzarla. Non ci sarebbe stato nessun vicolo cieco, né criminali, né puttane, né matti, né ologrammi soli. Ma gli edifici sulle soglie, sarebbero crollati. E tutto sarebbe stato soltanto un'ombra, una caricatura del mio mondo così stanco di essere invaso dal nero corvino delle mie ciglia. Quei palazzi l'avrei osservati mentre cascavano, come un pezzetto di carta bruciato dal fuoco. Li avrei lasciati da soli; la distruzione non mi piace. E mi sarei sentita nuovamente scoperta, senza il mio nero. Non sarei stata più me stessa e anche il mio trucco, si sarebbe sciolto e tutto, sarebbe andato in frantumi. Ed io, avrei salutato i miei pezzi, caduti sul quella strada sporca e avida di escrementi.


"Sono qui, all'interno del mio sotterraneo. Mi manca sentire la forza del vento, mi manca quel verde che riusciva a fagocitare qualsiasi oggetto laggiù in città. Qui dentro, ci sono tutti i miei pezzi: quelli che hanno rubato. Portati via senza nessuna cura. Mi hanno lasciata da sola, con i miei insetti, col mio letto e il mio ossigeno che si è oramai riempito di Eternit. E aspetto soltanto il momento giusto in cui queste polveri, toccheranno i miei polmoni: per distruggere, per scatenare quel mondo di morte dentro i miei muscoli. Lo aspetto così tanto dentro, che i miei neuroni sono impazziti di rancore. Necessitano di una fine, necessitano di ferire e finire. 

E vorrei, ancora, essere qualcosa. Non essere così da sola, senza un vero branco vuoto. Mi basterebbe una boa, una canoa, dei licheni; per fuggire da questo istante. Ma ho perso anche il mio spartito, ho perso la mia musica e le stelle. Ho perso qualsiasi funzione  o stato d'animo. Ho perso il mio personaggio e le mie lacrime. Ma credimi, tu che possiedi le armi per farlo, credimi. Credimi, che ho cercato di sfuggirmi, di sfuggirti; ma sono rimasta intrappolata sotto questo diluvio. 

EdicarpiWhere stories live. Discover now