11 - Così ho ucciso Emma Degano

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Prese un respiro profondo ed iniziò: "Molto bene...questa situazione personalmente non mi piace...avere gli occhi di tutti puntati addosso è un po' pressante, ma è giusto così...devo pagare per quello ho fatto...per quella cosa terribile che ho fatto! Quella sera ricordo che ci fu un lampo fortissimo che ci fici satare tutti di quelli che eravamo quaggiù e seguì un tuono molto rumoroso..."

"Quello che mi ha svegliato" pensò Elena, senza dire niente a nessuno.

"Poco tempo dopo, l'ora precisa u nu sacciu, la signorina Emma salì al piano superiore dicendo che aveva bisogno di un cerotto perché le scarpe con il tacco alto le avevano provocato dolore."
"Ne so qualcosa" commentò Pamela pensando ai suoi tacchi a tortura.

Cercò di riprendere il filo: "Ah sì, e restammo io, la signora contessa, Letizia, Gianmarco, Giusto e la signora Silvia a parlare ancora un poco...degli stipendi dei vari lavori! Abbiamo poi divagato e siamo arrivati a parlare degli orecchini che Giusto aveva regalato a sua moglie, la quale chiese alla cameriera Letizia di andare nella propria camera..."
"dove a quanto pare è stato trovato l'orecchino" precisò il carabiniere.

"Sì, ma fatimi parrari!! La signorina Letizia, con la quale ebbi un po' più di confidenza quella sera mi domandò se avessi voluto salire con lei a prendere gli orecchini...e così fu: salimmo. Arrivati al terzo piano non siamo subito entrati nella stanza dei signori, ma prima avevo proposto a Letizia di sederci un attimo sul divano, quello che c'è al terzo piano...in mezzo al corridoio..." disse cercando di farsi capire. "per vedere il temporale e approfondire la conoscenza. Lei rispose di no. Voleva prendere subito gli orecchini, così entrammo nella stanza dei signori, ma non avemmo neppure il tempo di cercare l'interruttore quando un altro lampo, forte come quello che pochi minuti prima c'aveva accecati al piano terra, si scagliò vicino alla villa ed illuminò la figura di Emma. Lei stava lì. In piedi. In parte al letto, coperta per metà da un quadro. Un quadro che non era uno qualsiasi, ma poteva sembrare. Riconobbi quel quadro perché lo studiammo a scuola, quando la professoressa di storia dell'arte ci fece fare una ricerca su opere non divenute famose. E questo quadro me lo ricorderò per sempre perché un tre mi aveva fatto prendere! Restammo un momento in silenzio, fermi, tutti e tre spaventati. Chi per un motivo, chi per un altro. A interrompere quel silenzio fui io che dissi a Letizia di prendere gli orecchini, di scendere e di non dire niente onde creare problemi. E così fece" commentò prendendole la mano. "Rimasi così al piano superiore, da solo con Emma. Le chiesi cosa stesse facendo. Lei rimase in silenzio. Glielo richiesi. Silenzio. Quando mi avvicinai a lei, alzò una mano verso di me, come per proteggersi. Le dissi di stare calma e le chiesi cosa stesse facendo con quel quadro. Notai poi che era stato tolto da una parete di quella stanza perché sul muro si potevano vedere i segni lasciati dal tempo e dal quadro. Piuttosto indiscretamente, devo dire, le chiesi se stesse rubando un quadro. Silenzio? No. Questa volta parlò e da quelle parole uscì quella che credo fosse la vera Emma Degano. Dopo aver fatto una risata mi disse: "Bravo, siciliano! Non l'avrei mai creduto: mi hai scoperta! A me non interessa niente di questa stupida festa, di questo stupido anniversario, e di voi, stupidi esseri umani. Io sono venuta qua perché mi è stato dato un ordine da seguire: rubare questo quadro...non so se lo sai, ma questo quadro è qualcosa di molto più prezioso di quanto possa sembrare.- le risposi che lo sapevo, le raccontai poi la storia del quadro per dimostrarglielo: il pittore, di cui purtroppo ora non ricordo il nome (sono passati molti anni da quella ricerca) era vissuto agli inizi del XX secolo, e aveva fatto quel dipinto durante la prima guerra mondiale, poco prima che qualcuno desse fuoco alla sua casa. Solo alcuni dei suoi quadri si salvarono, tra i quali: questo banalissimo vaso di fiori. Ma tornando nel XXI secolo...Emma lasciò cadiri il quadro per terra, mi applaudì e disse: - Bravo! Non ti facevo così acculturato...Nicolò...peccato che ora sai troppo di me, se fossi restato nell'ignoranza un pensierino su di te l'avrei fatto – si mise molto vicina a me, come nei film quando una coppia è sul punto di baciarsi. – ah giusto – continuò – io non posso fare un pensierino su di te, perché sei già occupato con la sguattera. Quella povera donna condannata all'eterna schiavitù. Non ti calcola. Ti usa e basta. Vuole solo che tu la porti via di qui; vuole che tu la liberi dalla schiavitù; vuole che tu faccia l'eroe; per poi pugnalarti alle spalle quando meno te l'aspetti...letteralmente...di persone terribili come lei ce ne sono poche al mondo. Lo dico per te, Nicolò, non vorrei mai che tu un giorno ti svegliassi senza la sguattera, dopo che ti ha giurato fedeltà nella buona e nella cattiva sorte e tutte quelle cose lì. Io te lo ripeto. Lei quello è: una sguattera! Una serva pagata per pulire il pavimento, per raccogliere i piatti a cena, per rifare la stanza e tutti quei lavori da gente povera. Mi domando come ti possa andare bene tanto squallore..." – lì persi la testa. Già ero arrabbiato per il terribile scherzo che Ste' mi fece. Ricordo che lui mi disse anche: - mi ringrazierai un giorno – seriamente che andasse a finire così pensavi?" domandò all'amico, che lo guardava incredulo. "come dicevo: persi la testa, le afferrai il collo con le mani, ma non per ucciderla, solo per dirle di smetterla di comportarsi da superiore, quando in realtà era l'essere più spregevole di questo mondo. Lei mi rise in faccia e mi disse che non avrei avuto il coraggio di ucciderla e quindi di chiamare la sguattera, dato che aveva sentito che voleva strangolarla. Poi la insultò ancora, offendendola seriamente. E in quel momento cominciai a premere le mie dita sul suo collo, senza pensare alla gravità dell'azione che stavo facendo. Poco prima di esalare l'ultimo respiro, vidi nei suoi (purtroppo) meravigliosi occhi azzurri che aveva paura, che per un momento si era sentita inferiore a qualcuno. Dopo un attimino, mollai la presa, lasciandola cadere a terra. In quel momento perse l'orecchino, ma non me ne accorsi: altri erano i miei pensieri. Sentii poi Giusto cantare mentre saliva le scale, quindi sollevai il corpo e mi nascosi per un momento nella stanza accanto, quella di Letizia. Giusto andò dritto in camera, e borbottò qualcosa sul fatto che c'era il quadro per terra."

IL SEGRETO DELLA VILLADove le storie prendono vita. Scoprilo ora