°Capitolo 8°

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°Quadro e sonetto•

Era passata quasi una settimana da quella piccolissima quanto distrutibile bomba, lanciata direttamente dalle labbra di William, o Jungkook, o chiunque egli fosse: l'uomo che lo aveva toccato, lo aveva posseduto e forse, in parte, amato. Era passata quasi una settimana da quando, da entrambe le parti, regnava un grandissimo silenzio, William se ne stava chiuso nella sua stanza, urlando un "Sto lavorando" quando qualcuno bussava alla sua porta; Taehyung scendeva le scale con la testa tra le nuvole, e il cuore in frammenti così pungenti che si conficcavano in tutti i suoi ospiti che, al sol vedere il loro principe così, si rattristavano tutti: salutava tutti, parlava con tutti, ringraziava e osservava le opere di quegli artisti elisabettiani.
Nella sua stanza incombeva un frastuono silenzioso che appesantiva i suoi pensieri, e la sua mente era attraversata da immagini di quella sera, quella maledetta sera, le mani che si sfioravano quasi come fossero corde alle quali appendersi per non rischiare di cadere; le labbra si combinavano e trovavano il loro perfetto posto nel loro puzzle altrimenti incompleto. Perché, maledettamente, ricordava ancora lo sguardo colpevole di quell'uomo, consapevole dell'errore commesso, ovvero quello di nascondere il suo vero nome, e a quel punto Taehyung pensava che egli avesse nascosto molto di più.
"Taehyung! Insomma come ti sembra?" Jin lo richiamò innervosito, e allora il principe alzò lo sguardo, privo di qualsiasi luce o emozione, quasi prosciugato a colpa delle continue lacrime. Perché sì, quando Jungkook (e il pensiero di doverlo chiamare con il suo nome reale gli faceva venire i brividi) se ne era andato, di tutta fretta raccogliendo le sue cose e lasciandolo lì, dopo un atto così importante con i suoi pensieri e il suo dolore, le lacrime non furono facili da gestire. Anzi, pianse così tanto che aveva fatica a respirare e allora il cuore cominciava a battere sempre più veloce quasi volesse uscire dal suo luogo costruito da mattoni dolorosi. Guardò il quadro di Jin, e immagini di sé stesso con Jungkook gli invasero la mente posizionandosi sul meraviglioso paesaggio londinese del pittore e, ancora una volta, la sua mente cedette il peso del controllo al cuore.
"È meraviglioso Jin, scusami devo sbrigare delle cose per la Regina" la voce spezzata fece rattristare Jin che, oramai da quasi una settimana, non sentiva altro che scuse su scuse, non era più il solito Taehyung colui che più di ogni altro credeva in lui e sosteneva.
In parte, però, quelle scuse erano vere: Elisabetta stava organizzando un ballo al castello reale e toccava a Taehyung designare le persone che potevano avere l'onore di parteciparvi. Un solo errore avrebbe fatto scoppiare una guerra e questo Elisabetta lo sapeva bene ecco perché lasciò tutto nella mani del prediletto, perché se fosse stata lei ad organizzarlo avrebbe invitato nessuno: ecco perché Taehyung si chiudeva nella sua stanza per diverse ore al giorno, isolandosi e facendosi portare addirittura il pranzo o la cena in camera.
Inoltre gli veniva difficile riflettere con la mente piena di pensieri, perciò sfociava in un pianto su quelle carte in cui erano scritti nome di famiglie importante, ricurvo sulla scrivania, una tazza di thé accanto: era un'immagine che per quanto triste aveva della bellezza attorno.

Namjoon guardava da lontano il principe correre sulle scale verso la sua stanca, una mano a coprire la bocca quasi a trattenere i singhiozzi, la casacca bianca sporca di inchiostro, i capelli stropicciati e gli occhi sotto i quali si innestavano due occhiaie così viola da fare invidia alla tempera utilizzata da Seokjin, il quale con le mani infilata dentro i capelli guardava il suo quadro. Namjoon si avvicinò lentamente, da dietro e rimase stupito quando vide quel capolavoro: Londra sembrava catturata in una fotografia, le strade affollate da carrozze, e le case arricchite di luce, e il lago che costeggiava tutto il territorio e infine lei, la reggia di Elisabetta che occupava la maggior parte del dipinto. Essa, con i suoi colori sgargianti attirava verso di sé lo sguardo, così come nella realtà: i giardini dipinti piccolissimi ma dai quali si poteva scorgere un ammasso di capelli rossi reclinati verso l'indietro nell'atto di ridere, oh la Regina era bellissima e nel dipinto sembrava quasi essere Afrodite in persone.
"È stupendo, Seokjin, un vero capolavoro" sospirò meravigliato Namjoon, facendo voltare verso di sé il pittore.
"Evidentemente il principe non lo pensava" e quasi come una bestia inferocita aveva presto tra le dita un pennello con setole abbastanza grandi intingendolo nella landa con il colore bianco.
"Ehi, che stai facendo?"
"Ricomincio da capo"
"Sei pazzo? Cazzo è stupendo, Taehyung può anche sentirsi male, che pensi Seokjin? Credevo di essere completamente perso per qualcuno che pensasse agli altri prima di se stesso!" Seokjin guardò il pennello e poi il dipinto "lo vuoi distruggere, fai pure, non ti fermerò, ma sappi che stai facendo un grandissimo errore". E come per magia, Seokjin guardò negli occhi Namjoon e si rese conto che, una giornata ma anche una settimana buia, la possono avere tutti compreso il principe.

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