Capitolo 3

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«Dai, Emma, impegnati di più!» esclamò Logan, parando un calcio della ragazza diretto al suo stomaco. Tenne fermo il piede della ragazza tra le sue mani per permetterle di correggere la sua posizione e capire l'errore fatto

«Scusami, sono distratta» si giustificò lei, rimettendosi subito in guardia.

«Distratta da cosa?»

«Stavo pensando ai mutanti che hanno attaccato la casa del senatore. Chi sono? Chi li ha mandati?»

«Probabilmente sono solo dei ribelli disorganizzati insoddisfatti della politica anti-mutanti.»

«Non molto disorganizzati» fece notare lei, schivando un pugno diretto al suo naso. «Hanno ferito Pietro e voi siete scappati come delle donnicciole spaventate.»

«Era per non compromettere la missione, che ce ne siamo andati.»

«Avreste potuto far tornare solo Kurt, invece siete venuti indietro tutti insieme. Ciò significa che c'è qualcosa che non ci stai dicendo.»

«Perché io?»

«Paradossalmente tu sei quello che sa sempre tutto, nonostante faccia di tutto per dimostrare il contrario. Guidavi tu la missione e, se hai deciso di far tornare tutti indietro, ci dev'essere un motivo» questa volta, il calcio laterale che Emma diresse allo stomaco di Logan colpì nel segno, facendolo indietreggiare di un paio di passi.

Lui si fermò a riflettere: Emma aveva ragione, aveva sentito qualcosa. Non era niente di definito, più una... sensazione.

«Logan?» lo richiamò lei, schioccandogli le dita davanti agli occhi.

«Scusa... ho bisogno di una pausa.»

Si allontanò dal tatami che aveva montato al centro della palestra per bere da una borraccia. Emma fece per sorseggiare anche lei un goccio del suo contenuto, ma arricciò il naso, disgustata.

«Bevi whisky alle dieci di mattina?» chiese.

«Mi aiuta a concentrarmi» si giustificò lui.

«Il tuo fegato andrà al macero prima che tu possa dire "aiutatemi"» lo rimproverò.

«Non credo. La mutazione funziona ancora perfettamente bene.»

«Sì, la mutazione...» lo prese in giro.

Prese un sacco da boxe, se lo caricò in spalla e lo appese a un gancio vicino. Indossò dei guantoni e iniziò a colpirlo con pugni e calci.

«Alza la guardia» la corresse una voce proveniente dalla porta della palestra.

Emma si voltò appena per poter fissare Pietro che, appoggiato allo stipite, la osservava con un mezzo sorriso.

Emma non rispose, alzò le braccia a coprirsi il volto e ricominciò a tempestare di calci il sacco. Logan nel frattempo si rimise in piedi, tenendo fermo il sacco per l'amica.

Una ciocca ribelle le sfuggì dall'acconciatura improvvisata e le ballonzolò davanti agli occhi. Lei non si prese la briga di spostarlo, troppo impegnata ad esercitarsi sulle tecniche di gomito per prestarvi attenzione.

Quando finalmente si fermò, aveva il fiatone e la fronte completamente sudata. Si sistemò la coda di cavallo in cui aveva raccolto i capelli e si tamponò la pelle con un asciugamano.

«Qualcuno ha dell'acqua?» ansimò, riponendo il panno.

«Ecco, tieni» Pietro le allungò una bottiglietta d'acqua.

«Grazie» sorrise, poi bevve una lunga sorsata. «Riprendiamo?» chiese a Logan, restituendo la bottiglia al suo proprietario.

«No, ragazzina: io passo. E dovresti fare una pausa anche tu.»

Fulmini e saetteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora