Capitolo 6

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La mente di Emma era un casino. Il professore lo aveva già detto anni prima, quando aveva provato per la prima volta a capire cosa le stesse succedendo, e poté ribadirlo nuovamente.

I pensieri erano stipati all'interno di quel cervello senza nessun ordine; in altre circostanze avrebbe definito 'bellissima' questa condizione di caos, ma in quella situazione non poteva che essere agitato. Come avrebbe potuto trovare ciò che stava cercando se non aveva un punto di partenza? I pensieri della ragazza non seguivano una linea cronologica dai più recenti ai più lontani o viceversa, ma sembravano essere messi lì da migliaia di personalità diverse.

Si accavallavano nomi, volti, nozioni di scuola apprese diversi anni prima, le prime memorie di Richard sovrapposte a stralci di dialoghi con Pietro e Logan.

Xavier uscì da quel disordine mentale molto turbato.

«È messa così male?» dal basso la voce di Emma, resa stridula dalla posizione scomoda in cui la ragazza era costretta, fece voltare il professore.

«No cara, è solo piuttosto... confusa.»

«Può comunque fare quello che aveva detto?»

«Certo che posso. Prima però dovrò riordinare il tuo disordine.»

«È possibile farlo?»

«Emma, abbi fede: non posso fare miracoli, ma posso aiutarti a capire. A qualsiasi costo.»

La ragazza sospirò. Se per arrivare a comprendere perché a volte la sua mutazione funzionava così male doveva passare da quella fase, allora l'avrebbe fatto.

Jean, seduta accanto a lei, le stringeva la mano e le sorrideva: serviva più come supporto morale che altro, ma era comunque un grande conforto per Emma sapere che l'amica era al suo fianco.

Il professore allora riprese, ponendo entrambe le mani sulla fronte di Healer, che perse conoscenza.

«Emma» sentì la voce di Xavier provenire da un punto imprecisato. «Ora dovrò chiederti un grandissimo sforzo: dovrai concentrarti sul ricordo più vecchio che possiedi

Emma si era aspettata una domanda del genere e aveva già pensato al ricordo più vecchio che aveva: era il giorno dell'incidente grazie al quale aveva scoperto di essere una mutante.

Ricordò di aver visto una foto incorniciata sopra un mobile, che ritraeva la sua mamma incinta e il suo papà.

Sua mamma le aveva tanto parlato di quell'uomo, soddisfando la curiosità di una bambina abbastanza grande da sapere che in una famiglia c'erano, normalmente, due genitori ma troppo piccola per comprendere che a volte le famiglie si spezzano. Tuttavia, le storie della buonanotte non le bastavano più, voleva vedere da vicino il volto del suo papà e fantasticare su di lui. Per qualche strano scherzo della mente, se l'era sempre immaginato vestito da esploratore, con tanto di binocolo, bussola e cartina geografica. Se lo vedeva sempre in qualche foresta sconosciuta a studiare una nuova specie di insetti o uccelli dalle piume colorate.

Non le importava che sua mamma le avesse raccontato che lavorava in un cinema come bigliettaio e che lei fosse la donna delle pulizie lì: la mente fantasiosa di Emma aveva trovato una giustificazione apparentemente plausibile per la sua assenza da casa.

Quando anche la signora Carter la abbandonò, dopo l'incidente, Emma realizzò tutto: era lei il problema. Tutti scappavano da lei perché non la volevano.

Grande fu la gioia che provò quando Xavier venne a trovarla. Era un uomo piuttosto anziano, ma non vecchio, probabilmente aveva circa sessant'anni, un sorriso gentile e un paio d'occhi calmi. Erano azzurri, bellissimi, ed erano perfettamente inseriti nel suo ovale volto calvo.

Fulmini e saetteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora