Capitolo 4

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«Professore, abbiamo bisogno del suo aiuto.»

Pietro, Jean ed Emma si precipitarono nell'ufficio di Xavier senza nemmeno curarsi di bussare.

«Buon pomeriggio anche a voi» rispose l'uomo, interrompendo ciò che stava facendo ed esibendo il suo solito mezzo sorriso. «Cosa posso fare per aiutarvi?»

«La mia mutazione ha un problema» si fece avanti Emma. Gettò un'occhiata verso il professore e capì che lui aveva colto al volo il significato delle sue parole.

«In che senso?» stette comunque al gioco.

«È troppo difficile da spiegare. È meglio se mi guarda qui dentro» spiegò Emma, picchiettandosi un dito sulla tempia.

«Vuoi che legga la tua mente? Sei sicura?»

«Sì, signore. Ho bisogno del suo aiuto.»

«D'accordo, cara. Accomodati.»

Emma si sedette su una delle sedie che il professore le indicava. L'uomo fece muovere la sedia a rotelle fino a portarsi di fronte alla ragazza. Le pose due dita sulla tempia ed Emma poté staccare la spina virtuale che collegava il suo corpo al suo cervello. Guidò il professore fino al momento che desiderava mostrargli e gli fece vedere tutti gli avvenimenti di quella giornata, dal discorso tra lei e Logan all'incidente con Pietro.

«Uscite un momento» disse l'uomo, uscendo dalla mente della giovane. «Vi inviterò di nuovo ad entrare quando avrò trovato qualcosa.»

Sapendo che era meglio non protestare, i tre fecero come era stato loro ordinato e si misero fuori dall'ufficio.

«Secondo voi cos'ha in mente?» chiese Pietro, curioso.

«Sa già cos'è successo» rispose Emma, sicura di sé. «Vuole solo temporeggiare per essere assolutamente certo che le sue ipotesi siano corrette. Non che ne abbia realmente bisogno, si capisce.»

I tre rimasero fermi fuori dallo studio, con le teste basse e i respiri pesanti.

Poco tempo dopo, tuttavia, il professore li invitò a entrare: Healer sollevò un sopracciglio, come a dire "ve l'avevo detto".

«Pietro, vieni qui. Siediti, per favore» ingiunse Xavier, indicando la sedia su cui qualche minuto prima si era accomodata Emma.

Il ragazzo ubbidì senza dire niente.

«Emma, avvicinati» ordinò di nuovo l'uomo, invitandola a porsi davanti al ragazzo. «Ora dovrai sforzarti e riportare tutto il dolore che hai preso da lui nel suo corpo. So che ce la puoi fare.»

Emma raggelò: come poteva chiederle una cosa del genere? Sapeva bene che non cedeva mai il dolore alla gente. Soprattutto non da quando...

Uno sguardo al vecchio professore le fece capire che non poteva scegliere.

«Emma puoi farcela, d'accordo?» la esortò Jean.

«Lo spero bene. Non voglio una replica di ciò che è successo dieci anni fa» sussurrò lei a denti stretti per non farsi sentire da Pietro.

Si portò davanti a lui, si inginocchiò e gli sorrise per incoraggiarlo.

«Pronto?»

«Certo, dolcezza.»

Inspirando, concentrò tutto il dolore che avvertiva nel suo braccio sulla punta delle dita. Poi toccò il ginocchio di Pietro con i polpastrelli e indietreggiò leggermente, sussultando, quando una scarica si generò nuovamente tra la sua mano e il ginocchio di lui.

«Bene... e ora? Qualcuno può spiegarmi cos'è successo?» chiese QuickSilver, alzandosi in piedi.

Emma si scurì in volto: non poteva dire a Pietro cos'era successo, l'avrebbe esposta troppo. Quel ragazzo era suo amico, non poteva permettere che la giudicasse male. Lo conosceva troppo poco per potersi permettere una tale libertà.

Fulmini e saetteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora