Chap 8

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Tornata a casa -tra l’altro mezza sudaticcia per via della scelta poco ferrata di indossare dei jeans lunghi in una così afosa giornata- Ludovica si piombò sul pc e da lí aprì il suo profilo Instagram: voleva vedere se da qualche parte sulle page social della Juventus si parlasse del nuovo arrivo -se così possiamo chiamarlo- di mercato medico, ovvero suo padre.
Sapeva che era piuttosto conosciuto nell'ambito della medicina sportiva, infatti diverse società in passato avevano chiesto di lui per seguire in prima persona i giocatori e, una volta, venne convocato anche nello staff medico della nazionale italiana.
Fece scorrere le home di un paio di page, finché i suoi occhi non si bloccarono su di una foto in particolare: ritraeva Andrea Agnelli mentre stringeva la mano ad un uomo vestito con un camice bianco, lungo fino a poco più su del ginocchio, con lo stemma della Juventus in alto a sinistra. Il cartellino con su scritto il nome era troppo piccolo e lo zoom rese ancor più sfocata la scritta, ma non ci mise molto a capire che era proprio suo padre.
Nella descrizione della foto vi erano queste parole: 'Era da tempo in trattativa e, benché fosse richiesto anche da altre squadre, da oggi possiamo dire di avere l'onore di avercelo noi nel nostro staff! Ecco a voi il nuovo direttore tecnico di fisioterapia e riabilitazione bianconero, Filippo Riggioni.'
Quelle poche righe la riempirono d'orgoglio e le scappò una risata nel leggere quella descrizione che sembrava fatta su misura per l'arrivo di un nuovo giocatore e non di certo per un medico. King, il suo cagnolino, si mise a saltare per tutta la stanza contagiato dalla felicità della ragazza. Si capivano solo con gli sguardi quei due.
Suo padre sarebbe stato a capo di un team di fisioterapisti che seguono i calciatori bianconeri nelle sedute quasi giornaliere di fisioterapia, soprattutto dopo gli infortuni, e nei pre-partita.
Sarebbe stato a contatto con dei professionisti, sia di calcio che dell'ambito medico, h24.

Era già giovedì e l'indomani Ludovica avrebbe preso il treno assieme a Micheal alla volta di Torino; lui per far visita a sua cugina e lei per fare una sorpresa al padre.
Nella sua mente passarono in fretta e furia più pensieri contemporaneamente che le davano una scarica di adrenalina immensa. Le capitava sempre quando era particolarmente emozionata per qualcosa anche se ciò non le giovava affatto a livello cardiaco.
Da una parte era contentissima dell'opportunità che aveva avuto Filippo, perché lavorando con una società di livello come la Juventus avrebbe reso il suo nome ancor più noto e sinonimo di competenza professionale, ma dall'altra era consapevole che, assieme a suo padre, a ruota, sarebbe entrata automaticamente anche lei in quel contesto e già riusciva a vedersi spaesata a tutti gli eventi a cui avrebbe dovuto partecipare al suo fianco.
Lei non era fatta per quel mondo fatto di interviste e macchine fotografiche e sapeva che suo padre avrebbe cercato di tenerla al di fuori di ciò il più possibile.

Erano già le 7.40 e Ludovica e Michael avevano il treno alle 8.45, quando la ragazza si sentì suonare inaspettatamente il campanello.
Si era svegliata da poco da ritardataria doc com'era e stava ancora dando da mangiare al suo rottweiler, il quale istintivamente corse subito ad abbaiare alla porta a quel suono fastidioso.
“Vedi di muoverti, so che ti sei appena svegliata" si sentì dire ridendo da dietro la porta.
Era Micheal, ormai la conosceva già fin troppo bene.
"Io ti aspetto giù" finì il ragazzo per poi allontanarsi e scendere i pianerottoli.
Fece tutto di corsa e nella fretta non prestó tanta attenzione al tipo di look che avrebbe indossato. Stava per far visita al padre e molto probabilmente avrebbe incontrato anche dei giocatori o, al massimo dei casi, il presidente Agnelli in persona; quindi di certo non poteva presentarsi nelle più informali delle maniere.
Mise una gonna a tubo in jeans nera, molto attillata, che le arrivava sopra al ginocchio, ed una canotta lilla con le bretelline ed un contorno di pizzo nero sulla scollatura.
Il tutto lo completò -stranamente- con un paio di zeppe nere da 12 centimetri ed una borsa a spalla capiente, viola come i bracciali.
Dopo essersi data un'ultima occhiata allo specchio scese le scale del palazzo, stando attenta a non inciampare nel guinzaglio di King e con quei trampoli che si ritrovava ai piedi. Lo avrebbe lasciato alla signora Catelli per quei pochi giorni in cui sarebbe stata assente.
Già suonando al campanello della dolce vecchietta sentiva la mancanza di King che nel frattempo la guardava dal basso con occhi dolci e malinconici quasi ad implorarla di essere portato con lei.
Vide Micheal al di fuori del cancello che camminava avanti e indietro di fronte ad un taxi. 'Aia, chissà da quanto starà aspettando' pensò Ludovica mordendosi un labbro.
Guardò l'orologio al polso, segnava le 8.20. Si meraviglió che il ragazzo non fosse già partito da solo.
"Scusami scusami" disse Ludovica con il volto sfigurato dalla corsa fatta precedentemente giù per le scale.
"Mal che vada la prossima volta possiamo dire al treno che passi direttamente davanti casa" la provocò lui aprendole la porta del taxi.
Ludovica entrò in auto con un leggero velo di imbarazzo che glielo si poteva leggere in volto e si scusó per il ritardo anche col tassista che sbuffó.
Sia santa la pazienza, e con lei ce ne voleva anche fin troppa.
Partirono in fretta con la stazione di Milano come meta e, dopo neanche 5 minuti dalla partenza, la ragazza notó di aver dimenticato di mettersi il rossetto specchiandosi con la telecamera del cellulare.
"Ludo...Che stai facendo?" chiese il ragazzo osservandola mentre farfugliava con la mano dentro la borsa.
"Eh il rossetto... non lo trovo" disse con voce disperata. Non usciva mai di casa senza le labbra colorate.
"Siete tutte uguali voi donne" esordì allora Michel riscontrando approvazione da parte del tassista, ma non fece neanche in tempo a ridacchiare che si sentì qualcosa colpirlo.
"Trovato, voi un po'?"
L'impresa di mettersi il rossetto con l'auto in preda ad una corsa pazza fu fallimentare, contando anche le fastidiose battutine del ragazzo che la facevano ridere continuamente.
"Finirà che diventerò pazza come tua cugina, ormai ne sono sicura" disse lei ormai arrendendosi.
Per la prima volta da quando era salita su quell'auto si concentrò su ciò che vi era all'esterno, così notó che erano già arrivati alla stazione.
L'orologio digitale del telefono segnava le 8.39.
Velocemente pagarono l'autista dividendo il prezzo e, cercando di schivare la marea di gente presente in stazione, si recarono al loro binario.
Erano ancora le 8.42 e il suo essere ritardataria non aveva avuto la meglio sul loro raggiungimento del treno. Quindi quelle corse e i piedi indolenziti ne erano valsi la pena.
Una volta saliti notarono il quasi riempimento del loro vagone e si sedettero vicini rispettivamente nei posti 22 e 23. Quello della ragazza dava sul finestrino, cosí almeno la sua mente sognante avrebbe potuto perdersi tra pensieri e sogni ad occhi aperti avendo un susseguirsi di paesaggi come sfondo.
"La prossima volta ricordami di venirti a suonare mezz'ora prima come minimo" disse il ragazzo ancora con le lacrime agli occhi dalla risata fatta durante la corsa frenetica tra la gente andando a sbattere ogni tanto addosso a poveri pendolari.
In effetti, forse su quel treno non si sarebbero seduti se non fosse stato per lui.
"La prossima volta da dietro la porta ricordami anche di mettere il rossetto già che ci sarai" ribatté Ludovica. Voleva sempre avere l'ultima parola su tutto e così fu, infatti la conversazione finì lì.
Ma ora c'era un problema: come avrebbe fatto a sapere dove si sarebbe trovato il padre una volta giunta a Torino? Lavorava al J-Medical, si, ma se in quella mattinata avesse avuto un appuntamento con un direttore o se i giocatori avessero avuto delle sedute da fare proprio in campo? Forse nel fare questa sorpresa si era fatta prendere un po’ troppo dall’euforia, tanto da non preoccuparsi dei particolari.
Il treno era già partito e Micheal aveva tempestivamente informato la cugina dell’imminente arrivo anche di una sua 'amica'; quindi oramai sarebbe stato troppo tardi per tirarsi indietro.
Cercò di tenere a bada per un momento il suo essere paranoica e provó ad addormentarsi, anche se il viaggio sarebbe stato relativamente breve.
Se si fosse svegliata con il trucco sbavato ed il volto simile a quello di un panda la sua indole terribilmente lunatica le avrebbe fatto visita e, molto probabilmente, sarebbe stata capace di prendere il primo treno e tornare indietro.

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holaaa sono tornata!

d'ora in poi penso che non metterò un titolo vero e proprio ai capitoli in quanto saranno piuttosto quotidiani, alcuni più ed alcuni meno

vi dico già ora che andando avanti con la storia troverete incongruenze con la realtà di alcuni fatti (partite etc), ma ciò mi servirà per far andare la storia nella direzione in cui la immagino

il prossimo capitolo arriverà entro 2 giorni

alla prossima♡

gaia

DisarmanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora