Chap 12, parte 2

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••• Dal punto di vista di Federico

Mi ero quasi dimenticato quanto fosse bello avere Ludovica vicino e quanto lei stessa fosse incredibilmente bella.
Forse cambiare aria le aveva fatto veramente bene.
Per tutto il tempo che sono stato con lei quel giorno, ho cercato di metterla a suo agio in tutte le maniere possibili; volevo tutto tranne che si sentisse in imbarazzo, ancor meno proprio con me.
In macchina non fu semplice: la tentazione di metterle una mano sulla coscia o di darle un leggero bacio sulla guancia era molto alta, ma dovetti contenermi e per fortuna ci riuscii, anche non sapendo quanto ancora sarei stato capace a resistere di fronte a tutto quel grande macello.

Ero in salotto con Wendy e Spike che li coccolavo: il pranzo lo avevo appena finito di preparare, così decisi di aspettare la mia ospite coccolando i miei piccoli mostriciattoli.
Ludovica prima di recarsi in bagno lasciò la borsa sul divano ed il suo cellulare, rivolto all'insù, sul bracciolo.
Cominciai a sentire ripetute vibrazioni di messaggi e chiamate in arrivo al suo cellulare e, anche se non avrei dovuto, pensai che mi ero trattenuto anche fin troppo fino a quel momento e che una piccola sbirciatina non avrebbe recato danno a nessuno.
Sul blocco schermo notai molti messaggi provenienti da un'unica persona: un certo Micheal.
In un istante mi balenò in mente il pensiero che quello potesse essere il suo ragazzo e, all'idea, mi si congelò il sangue.
"Come sto?"
La sua voce piombò nelle mie orecchie come un fulmine a ciel sereno e di scatto mi girai a guardarla: stava lentamente scendendo i pochi gradini che separavano il salotto principale da uno più piccolo, con una mano si metteva una ciocca di capelli dietro all'orecchio, mentre con l'altra mi faceva cenno mostrandomi il completo viola che le avevo prestato.
All'improvviso nella mia mente si fecero spazio una miriade di ricordi che si susseguirono alla velocità della luce e tutti avevano soltanto lei come protagonista, assieme a me.
"Così saresti stata pronta per andare a fare il tifo ad un certo Bernardeschi"
Dissi le prime parole che mi capitarono, cercando di non farle notare quanto i miei occhi fossero incantati sulla sua figura che pian piano si stava avvicinando.
"Al Franchi ci andrei solo in caso di un Juve-Fiorentina e basta" rispose.
"Il tuo telefono non la smette di vibrare, è peggio di un vibratore"
Decisi di cambiare argomento perché quello che si stava creando non riuscivo ancora ad affrontarlo a pieno, psicologicamente parlando.
"Ah è Micheal, ora lo richiamo" disse, come se quel 'Micheal' fosse un mio conoscente, ma scelsi di chiederle in un secondo momento chi fosse.
Vederla allontanarsi di spalle, potendo leggere il mio cognome sulle sue spalle, mi fece rabbrividire e in cuor mio sperai che quel ragazzo non fosse più di un semplice amico.
"Ho preparato l'insalata che ti sei ritrovata addosso prima, e per consolazione, anche il pollo" le dissi mentre si avvicinava dopo aver terminato la chiamata.
Aspettai che dicesse lei qualcosa in riguardo, visto che non volevo sembrare uno stalker data la nostra, apparente, condizione di estranei.
"Ed in tutto ciò la cucina è ancora come mai toccata?" mi chiese, indicando la cucina posta dietro al bancone a penisola dove nel frattempo le avevo allontanato lo sgabello per farla accomodare.
"Il campo da calcio non è il mio solo habitat"
In realtà le mie abilità nel cucinare sono pari a quelle di un bambino di 5 anni alle prese con una cucina giocattolo, ma non volevo di certo controbattere in maniera scontata.
"Modesto il ragazzo" concluse mentre le stavo versando dell'acqua nel bicchiere.
"Comunque stasera devo essere a casa di mio papà visto che rimarrò da lui fino a domani, il mio amico Micheal ha dett-"
Credo che l'unica parola che capii di tutto quel discorso fu soltanto 'amico'.
Cominciai a sentirmi più leggero.
In preda all'euforia non la lasciai neanche finire di parlare.
"Vuoi che ti accompagno io? Per me non ci sono problemi" le suggerì.
Forse il tutto le avrebbe potuto sembrare un po' troppo confidenziale per essere degli sconosciuti che si erano conosciuti da poco, ma in realtà non lo eravamo anche se, ovviamente, lei non poteva saperlo.
Sul suo viso si fece spazio un'espressione compresa tra l'incertezza e la felicità.
Forse in quelle poche ore trascorse l'avevo fatta stare a suo agio nel migliore dei modi, come d'altronde mi ero imposto di fare.
"Beh..."
Pregai perché mi dicesse di si e credo che i miei occhi in quell'istante avessero assunto un'aria di preghiera assurda.
"Accetto, grazie mille"
Giurai di aver sentito gli angeli intonare dei canti.
"Anche se mi ci vorrà un secolo per sdebitarmi di tutti i favori che mi hai fatto in così poco tempo"
Avrei voluto risponderle che anche l'eternità sarebbe andata bene, purché avessi lei al mio fianco; ma strinsi i denti.
"Ho come la sensazione che il tempo per sdebitarti ci sarà"
Del fatto che lei si sdebitasse con me non mi interessava, anche perché tutto ciò che avevo fatto lo avevo fatto di cuore; più che altro sperai che quello non fosse l'ultimo giorno in cui avrei potuto vederla.

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