Chap 13

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Il giorno seguente Federico venne attanagliato da ricordi pungenti e dolorosi nonostante l'amore con cui fossero custoditi gelosamente nel suo cuore.
Dovette far finta di nulla, fingere che fosse tutto normale, che quella situazione fosse come un evento qualsiasi non degno di particolare attenzione.
Se lo ripetè costantemente.
Tenere a freno la mente da paranoie varie ed inutili e tenere parole soffocate in gola alle volte può risultare possibile anche con un minimo di autocontrollo, ma se c'è un qualcosa a cui non si può mentire, con cui non si può fingere e di cui, soprattutto, non si può fare a meno di tener conto, è il cuore: quell'essere apparentemente privo di vita propria e funzionante in maniera involontaria è l'unico col coraggio di battere facendo sentire le proprie urla anche quando regna il silenzio ed in grado di continuare a vivere nonostante tutto, anche se il resto attorno a lui pare voler morire e, quindi, smettere di lottare.

Federico era solito farsi voler bene e fare prime buone impressioni anche grazie al suo sorriso sincero e smagliante, capace di incantare gli occhi di chiunque lo guardasse, eppure quella mattina durante il tragitto verso il JMedical, dove stava accompagnando Ludovica che aveva appuntamento col padre, il suo volto riuscì a prendere soltanto le sembianze un sorriso falso, spento; uno di quelli di circostanza al cui interno non vi è celato nulla se non emozioni e sensazioni tutt'altro che felici e spensierate.
Era colmo di gioia per avere proprio Ludovica lì, nella sua auto, a pochi centimentri di distanza dal suo corpo, tanto vicina da poterne sentire il calore che amanava e di cui si voleva cullare e beare infinitamente, anche se al contempo sentiva un'angoscia soffocante affiancata alla paura di perderla, di nuovo.

Per quanto si fossero fatte intense le sue emozioni quasi si dimenticò di assumere quella razionalità che, in momenti di necessità, gli permetteva di creare una barriera tra il mondo esterno e quello che era lui, nella sua forma più pura e umana, pieno di insicurezze, debolezze e sentimenti.
Ci pensò la voce squillante del fotografo, venuto appositamente a Vinovo per fare le foto di squadra ufficiali, a farlo sobbalzare e svegliare dal suo mondo.
"Quelli alti li voglio in piedi sulla panca dietro a tutti gli altri per cortesia"
Erano tutti vestiti eleganti con un completo nero composto di giacca, indubbiamente targata Juventus, pantalone, cravatta e camicia bianca.
I più meticolosi, tra cui Federico, quella stessa mattina impiegarono una buona mezz'oretta, se non di più, per rendere impeccabile la propria chioma -per quanto corta potesse essere- di fronte alla macchina fotografica.
Il tempo sembrava essersi fermato agli anni cinquanta quando, nelle scuole maschili private più facoltose, gli studenti venivano immortalati nelle loro divise estremamente ordinate ed eleganti in delle foto di classe prima che l'anno cominciasse: erano delle banalissime foto, eppure ricche di personalità grazie all'aspetto vintage in cui si presentavano.
Ma se in quegli anni le foto venivano appese nelle aule o spedite a casa delle famiglie, in questo caso gli scatti sarebbero stati semplicamente -per modo di dire- pubblicati sulle prime pagine dei giornali locali, se non nazionali, e fatte girare in rete dove chiunque avrebbe potuto vederle e, chi lo sa, magari anche appendersele su qualche muro della casa.
Federico aveva preso posto in piedi sulla panca, più precisamente era il primo a partire dalla sua sinistra.
Doveva ancora conoscere per bene tutti i componenti della squadra e dello staff e le dinamiche che caratterizzavano le giornate targate Juventus, ma non si fece intimorire di fronte a quel nuovo ambiente: il suo carattere forte e determinato lo aveva già fatto contraddistinguere in mezzo a tutti gli altri.
Perché si sa, quelli come Federico non seguono la massa e, soprattutto, non permettono a nessuno di intaccare la propria autorità.

"È proprio bella la figlia del dottor Riggioni..."
Mentre tutti prendevano posto, Mattia si posizionò di fianco a Federico, quando all'improvviso esortì con quella frase.
"È bella, si... Ma credo sia fidanzata"
Sapeva che non lo era, ma si sentì costretto a mentire quando la gelosia lo invase, facendo riferimento all'anellino che Ludovica era solita portare.
"Beh... Non è mai tardi per cambiare idea, no?"
Federico annuì, anche se si trattenne dal lanciargli un'occhiataccia per non apparire male nelle foto.
"Al mio 3 scatto ragazzi... 1,2... 3"
Se una foto avesse il potere di immortalare anche l'aspetto interiore di una persona, molto probabilmente Federico sarebbe risultato allo scatto come un mix tra il nero ed il rosso per il nervoso che Mattia gli aveva involontariamente, o quasi, procurato.

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