Delle sagome umane erano state disegnate goffamente su dei vecchi materassi e una serie di coltelli erano poggiati su un tavolo lungo.
-Oggi impareremo a lanciare i coltelli- dissi mentre ogni ragazzo si avvicinava con aria abbastanza stanca ad una postazione.
Van sorrise beffardamente e invece Margot era terrorizzata.
Era strano vedere due ragazze tanto uguali fuori quanto diverse dentro.
-Prendete tre coltelli a testa. Qualcuno di voi li sa già lanciare?- nessuno alzò la mano.
Presi i coltelli dalle mani di Margot e con movimenti rapidi e misurati centrai in pieno la testa della sagoma.
Lei, impallidita, li riprese.
Tutti iniziarono a lanciarli e quasi tutti caddero a terra.
Tranne tre che, con una furia quasi animale, trapassavano la testa dell'uomo da parte a parte.
Quando andarono a riprendere le armi vidi una mano fasciata da della stoffa nera afferrare le armi da dentro l'imbottitura del mirino.
-Quattro, mi... mi potresti aiutare? - chiese la voce melodiosa di Margot.
Sorrisi dolcemente e le posizionai il corpo nella giusta postura.
Il mio petto era schiacciato contro la sua schiena e il mento sui suoi capelli.
-Tira indietro il polso e poi lancia il coltello in avanti... così- con la mano le presi il polso e feci conficcare il suo coltello nella sagoma.
Lei mi ringraziò e poi continuò a provare.
Van, dall'altra parte fece roteare un coltello in ogni mano. Lanciò il destro che si conficcò dritto nel cuore della vittima, poi lanciò il sinistro che ruotò appena e si conficcò a sua volta con la lama contro quella del coltello precedentemente scagliato e così fece col terzo.
La precisione era impressionante. In che fazione sarebbe stata destinata a vivere?
Ripresero i coltelli.
Mi avvicinai all'orecchio della ragazza.
-Che risultato hai ottenuto al test?- chiesi mentre lei buttava l'arma nella direzione stabilita.
-Inconcludente- un'altro.
-Quali erano le opzioni?-
-Pacifica, erudita- l'ultimo coltello vibrava nell'aria -e candida, abnegante- si cinficcò nel materasso -e intrepida-
Era rimasta immobile.
Non apparteneva a niente. Potevo capirla.
Le diedi una pacca sulla spalla.
-Continua così- le sussurrai.
⊙⊙⊙⊙⊙⊙⊙⊙⊙
Sentii bussare alla porta della mia stanza.
Era notte fonda, ma non sarei comunque riuscito a dormire.
Andai ad aprire.
Van, con gli occhi rossi, i capelli scarmigliati e una mano insanguinata era di fronte ad essa.
-Posso stare qui sta notte? - singhiozzò.
Si cinficcò un'unghia nella carne del braccio.
Non voleva farsi vedere piangere.
La lasciai entrare.
Si sedette contro il muro con le mani attorno alle ginocchia a loro volta contro al petto.
-Sei riuscita a dimenticarla?- ruppe il silenzio mentre mi muovevo sul letto.
Sospirai.
Come faceva a sapere tutto?
-No- risposi secco.
Mi mossi verso di lei e le presi la mano ferita.
Un taglio abbastanza profondo le si allungava da parte a parte del palmo.
-Non riesco a non pensare che sarei dovuta morire io al suo posto, che non avrei dovuto pensare alla mia patetica vita- singhiozzò mentre prendevo una cassetta del pronto soccorso da sotto il letto.
Di chi parlava? Chi la rendeva così fragile? Perché era così?
-Van, non è colpa tua-
Una lacrima le rigò il volto.
-Voglio morire Quattro. Voglio terminare sta merda di esistenza. Ma non posso, senza di me non so cosa ne sarebbe di Mar...- si morse il labbro mentre il disinfettante le bruciava sulla pelle.
-Sono patetica....-
Si fidava di me. Sapeva che anch'io provavo le stesse cose.
Le bendai la mano.
-Sei forte per quanto ho potuto constatare- ero seduto di fronte a lei.
Mi studiò per un secondo. Tutto l'astio, la cattiveria e la diffidenza dei suoi occhi erano scomparsi.
Due occhi da bimba ferita e abbandonata erano apparsi.
-Posso.... Posso abbracciarti?- singhiozzò.
Le avvolsi le braccia intorno al busto.
Lei appoggiò la fronte contro il mio petto. Piangeva silenziosamente.
Sentii la punta del mio cuore risaldarsi e un pò di sollievo invadermi.
Era strano abbracciare una ragazza che non fosse Tris. Ma lei, coi suoi problemi e la sua facciata, era identica a me. Era come specchiarmi allo specchio coi suoi occhi.
Passarono dei lunghi minuti. La mia schiena contro al muro, e lei sempre avvolta a me addormentata.
La presi a mo'di sposa e la adagiai sul mio letto e le tirai la coperta sul corpo. Mi sdraiai sul pavimento e dopo poco mi addormentai.
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Risurgment
FantasyTobias è stato separato dalla sua metà. Beatrice è morta per salvare la sua gente. Lui è morto dentro. [-Il seguito della saga Divergent di Veronica Roth, scritto e pensato da me]