Chapter IV

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Un profumo di caffè mi svegliò delicatamente.

-Buongiorno. Volevo.... ringraziarti per ieri sera- disse una voce flebile e abbastanza roca per colpa del sonno.

Aprii gli occhi. Non ero nel mio appartamento, ero nella camera dei pacifici.

Girai il viso e credetti di sognare. Gli stessi occhi scuri, le labbra carnose e il naso leggermente appuntito. Era più magra e si era tinta i capelli di scuro.

-Beatrice..- sospirai pensando di sognare.

Il mio angelo sorrise amabilmente.

-Mi spiace dirti che non sono lei, ma Van- si sedette di fronte a me.

Van...

Sbattei gli occhi un paio di volte.

-Si, scusa- mi alzai a sedere pure io.

Aveva in mano una tazza di liquido scuro e vicino a lei c'era appoggiato un muffin e un'altra tazza.

-Oggi c'è il giorno libero e Johanna ti stava cercando perciò ho pensato di svegliarti con del caffè e un muffin al cioccolato. Non so se ti piacciano come cose, ma non sapevo cosa prenderti- rispose sorseggiando la sua bevanda calda e profumata.

Le sorrisi mentre afferrai la colazione.

Una domanda mi sorse spontanea e non riuscii a trattenerla.

-Di che fazione eri prima di tutto?- la guardai prendendo un morso del dolce.

Lei chiuse gli occhi e li riaprì.

-Pacifici, ma sia io che mia sorella siamo state cresciute da una famiglia di intrepidi negli ultimi anni- sorseggiò la sua colazione.

Era bellissima stretta nei suoi vestiti coi capelli arruffati e la faccia stanca.

-Perchè?- chiesi subito.

Qualcosa in lei mi incuriosiva, volevo sapere tutto riguardo alla sua storia.

Si irrigidì e chiuse gli occhi.

-Io... Ecco... Violenze, violenze domestiche- sputò infine -mi sembra giusto che tu lo sappia perché... beh, ho dormito in camera tua, ma non vorrei che si sapesse in giro-

Violenze domestiche

Da una famiglia di Pacifici non me lo sarei mai aspettato, ma d'altronde nemmeno da una famiglia di Abneganti te lo aspetteresti.

Ogni suo muscolo era teso, probabilmente non le piaceva ricordare quegli episodi.

-Chi piangi ogni sera?- era l'ultima domanda.

Non sembravo nemmeno io, ma lei sapeva tutto di me, era giusto che la cosa fosse contraccambiata, no?

Avvicinò le gambe al corpo.

-Si chiamava Jonah. Era un intrepido divergente, aveva gli occhi verdi, la pelle abbronzata e i capelli neri lisci alzati in un ciuffo. Non mentiva mai, mi proteggeva e mi sfidava. Mi faceva sentire tanto forte come lui. Eravamo fratellastri. Quando mi vide i primi giorni pensava che fossi una buona a nulla come tutti i pacifici, soprattutto quando mi vedeva i lividi blu. Poi, una volta, mi gettò un sacchetto di patatine vuoto addosso e, incazzatissima, glielo infilai in testa. Imparammo a rispettarci , ma nel frattempo ci innamorammo l'uno dell'altra. Io avevo quindici anni nel periodo della rivolta e lui sedici. Venne ucciso durante l'attacco contro gli Abneganti. Non è riuscito a salvare la sua divergenza- finì con le lacrime agli occhi.

Le toccai un ginocchio.

Era tanto forte quanto debole, vestiva una corazza in piombo, difficile da penetrare. Però perché si apriva così con me.

-Non mi piace farmi vedere debole, ma sono certa che tu possa.. in un certo senso capirmi- sorrise triste mostrando ancora una volta quei suoi occhi dolci feriti e lucidi.

Finii il muffin e poi la attirai a me stringendola in un abbraccio.

Dei brividi mi attraversavano il corpo laddove la mia pelle era a contatto con la sua.

Sembrava di essere tornata ai primi tempi con Tris. Solo che Van era più bisognosa di affetto e comprensione, era più bisognosa di sentirsi apprezzata, era più forte, ma allo stesso tempo debole era più... più simile a me e non a lei.

-Ti capisco, anch'io mi sento vuoto a pensare che.. che adesso avremmo potuto... avere una.. famiglia. Stare insieme. Magari avremmo pure... non lo so, ricominciato- la sua mano fasciata mi accarezzava dolcemente il braccio come per dire 'Ci sono, ti ascolto, non sparisco' ed era una cosa che adoravo. 

Sentimmo bussare. Lei si alzò da me per raccattare le tazze e lasciarmi passare mentre io mi diressi ad aprire.

-Migliore amico dei miei stivali, sparisci dalla circolazione e non ti fai più sentire?- disse Christina incrociando le braccia sulla sua maglietta bianca.

Ridacchiando la presi tra le braccia facendola girare. Mi era mancata la mia migliore amica.

Una volta entrata si fermò a guardare Van che, indossando ancora la sua maschera, si era legata i capelli e si stava preparando ad uscire.

-Tris?- disse Christina dando voce ai miei primi pensieri
-Van- rispose lei.
Christina guardò la ragazza che si sistemava la canottiera e successivamente guardò me.
-Ciao Quattro, ciao te- si infilò le mani in tasca e stava per uscire quando la bloccai per il polso.
- Se sta sera non dormi passa pure- annuì e se ne andò.
Chris mi guardava come uno scienziato guarderebbe un topo.
-Noi dobbiamo parlare...-

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