Capitolo 13 - Autostima e luna park

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Che schifo non avere autostima.

Quando ti guardi allo specchio e l'unica cosa che vorresti fare è scappare. E magari correre da un bravo chirurgo estetico. Per farti rimuovere la ciccia di troppo, ritoccare le labbra inesistenti, o ancora cercare di non assomigliare ad una tavola da surf e farti regalare qualche curva in più. Che poi, regalare. Diciamo che scambi un rene per un po' di qualcosa che nel tuo immaginario contribuirà a renderti migliore. Più bella.

È esattamente così che mi sento in questo momento.

Sono davanti allo specchio di camera mia, e ho appena indossato un paio di pantaloni neri ed una semplice maglietta bianca per andare al luna park insieme a Mir e Teo.

E dopo aver detto questo, ci si potrebbe chiedere dove stia il problema.

Beh, lo dico subito: le mie gambe.

Purtroppo quando mia mamma ha deciso di mettermi al mondo avrà pensato che delle gambe non me ne facessi molto, oppure deve avermi voluto veramente male, altrimenti non mi spiego il perché di queste due "cose" che mi ritrovo attaccate al bacino. Onestamente, più le guardo e meno riesco a trovare qualcosa di bello in loro. Sono senza ombra di dubbio la parte più brutta di tutto il mio corpo. E anche qui, qualcuno potrebbe dire (come praticamente fa Miriam ogni volta che mi lamento): "ma dove sta il problema? Hai un viso bellissimo, che t'importa delle gambe? Anche perché non sono così brutte come credi".

Ed è qui che si sbagliano.

Cosa vuoi che interessi a me del mio viso quando il mio problema sono le gambe? Tutti noi abbiamo delle fissazioni riguardo al nostro corpo, e la maggior parte delle volte ci impuntiamo su dei difetti che spesso risultano difetti solo a noi. Ma in ogni caso, non ci sarà nulla che delle persone esterne possano dire su quella parte del corpo che a noi non piace che ci farà stare meglio, purtroppo. Perché comunque non rispecchierà quello che è il canone estetico per noi. E poi io, un rene in più da vendere, non ce l'ho.

Motivo per cui decido, come faccio praticamente ogni volta che devo uscire, di passare circa trenta secondi del mio tempo a guardarmi in uno specchio a figura intera, e di passare il restante a pensare al mio viso. (Che comunque così bello come me lo spacciano gli altri io non lo vedo).

"«Cass?» Richiama mia madre.

«Che c'è?» Urlo.

«È arrivata Miriam. La faccio salire?»

«Sì.»

Tempo due secondi che me la ritrovo sdraiata sul letto. Come al solito indossa una delle sue gonne, questa volta di colore azzurro, abbinata a una maglietta semplice nera.

«Ah» sospira. «Sei pronta?» Non mi guarda nemmeno, troppo presa dalle foto che penzolano sopra la sua testa.

«Certo, un minuto e ci sono.» L'avviso, mentre lotto con il rossetto.

È sabato sera, e abbiamo deciso di andare al luna park che hanno allestito durante la settimana a cinque minuti da casa. Ovviamente siamo solo noi due, più Thomas che si è auto-invitato. I gemelli sono costretti a letto, si sono presi l'influenza ed hanno una febbre da cavallo. Non so cosa abbiano combinato ieri sera per ridursi così, e sinceramente non voglio nemmeno saperlo.
Appena ritengo di aver ottenuto un risultato decente mi stacco dallo specchio e mi avvio verso il letto. Poi, aggraziata come mamma mi ha fatto, salto addosso alla mia amica, che all'impatto per poco non rigetta un polmone.

«Cass! Ma che fai! Togliti che non respiro!» Annaspa per un po' d'aria.

Rido come una matta, mentre lentamente mi rotolo su di lei fino ad arrivare sul letto.

Una predizione di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora