Capitolo 11 - Corso di teatro e soprannomi

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Il weekend è già finito. E mi ritrovo di lunedì a dovermi trascinare a scuola per la stanchezza. Anche ieri sera sono rimasta sveglia quasi tutta la notte per una nuova serie tv, non imparo mai. Inoltre anche stamattina ho preso l'autobus, perché la macchina di Alan è dal meccanico e quindi non ho potuto approfittare del passaggio. Sono in ritardo, per cui ho scritto a Mir e Tom di non aspettarmi in giardino ma di entrare già a scuola. In cortile non c'è più nessuno, ciò significa che sono più in ritardo di quanto pensassi. Però appena entro vedo che il corridoio è ancora popolato dagli ultimi ritardatari, come me. Mir purtroppo non è uno di questi, perché appena raggiungo il mio armadietto vedo che quello accanto, il suo, è chiuso e non c'è nessuno davanti. Mi preparo allora psicologicamente ad affrontare la mattinata intera da sola, visto che non ho lezioni in comune con lei. E se non ricordo male nemmeno con Travis. Forse per una volta la fortuna mi assiste.

Ed effettivamente riesco ad arrivare alla mensa senza incontrare nessuno di sgradito. In fila incontro invece Alan.

«Ehi.»

Mi sorride. «Ciao. Come va?»

«Bene, hai per caso visto i gemelli oggi?» Gli chiedo, dato che sono improvvisamente spariti anche loro.

«Sì, avevo con loro la lezione di matematica. Non so però poi che fine abbiano fatto. Speravo vivamente di incontrarli qua, oppure di vedere qualcuno di voi, visto che altrimenti non conosco nessuno.»

«Beh, non preoccuparti, se anche non ci trovi puoi tranquillamente sederti al tavolo della scorsa settimana, là in fondo.» Gli indico con il dito il tavolo tra la finestra e Kevin. «Prima o poi arriviamo anche noi.» Lo rassicuro.

«Grazie mille.»

«Ma poi credevo che tu avessi già conosciuto i ragazzi della squadra.» Gli faccio notare.

«Beh, non proprio. Diciamo che non mi ricordo ancora nemmeno i loro nomi» mi sorride, questa volta un po' imbarazzato. Nel frattempo ci siamo serviti e ci stiamo dirigendo ai nostri posti. Che sono ancora liberi, a differenza di quelli accanto. Travis mi squadra con occhio indecifrabile, ma io decido di non soffermarmi su di lui e continuare a dare attenzione al ragazzo che ho di fronte.

«Succede a tutti.» Minimizzo la cosa. «Io qui non conosco altra gente all'infuori di te, i gemelli e Mir e Tom. Tutti gli altri li saluto magari perché abbiamo qualche lezione in comune, ma niente di più. E anche io il più delle volte non so nemmeno come si chiamano.»

«Almeno non sono l'unico! Non che cambi molto, non sono mai stato uno dalle tante amicizie.»

Sgrano leggermente gli occhi. «No? E io che credevo che con il tuo bel facciano e il tuo fisico aitante facessi strage!» Gli dico sinceramente.

«Ma figurati» Scuote il capo lui, accennando un sorriso malinconico. «Fino all'anno scorso non ero così appassionato di sport. Lo praticavo, ma non il basket e non a livello agonistico. E, che tu ci creda o no, non ero nemmeno così palestrato.»

«Non ci credo!»

«Già.» Scuote la testa imbarazzato, continuando a guardare in basso verso il suo piatto di pasta. «Ero cicciottello. Non grasso, ma un po' più in carne di adesso. E soprattutto non ero allenato, cosa che fa molto la differenza. Inoltre, con il divorzio dei miei avevo preso a magiare sempre di più.»

«Cavolo, mi dispiace tanto. Posso solo immaginare cosa hai passato, ed ognuno ha il suo modo di affrontare la questione.»

«Esatto. Io mi riversavo sul cibo.» Fa una pausa per mandare giù un boccone, mentre io sono rimasta ferma ad ascoltarlo e non ho ancora toccato niente del piatto. «All'inizio dell'anno scorso ho deciso di prendere in mano la situazione, dato che mi piacevo sempre meno ogni volta che mi guardavo allo specchio. Così ho scoperto il basket e mi sono appassionato. Sono andato al campus, ho conosciuto i gemelli e mi sono trasferito qui. Per fortuna.» Alza lo sguardo verso di me e mi regala un'altro dei suoi bellissimi sorrisi.

Una predizione di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora