Capitolo 2

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Pov Logan



Che cavolo di idea mi è venuta a scrivergli questa mail io davvero non lo so.


Mi sento imbarazzato come un ragazzino, nonostante i miei 26 anni compiuti, mi impediscano, di comportarmi come tale.


Henrich è il mio migliore amico, lo conosco da poco, eppure è già diventato fondamentale per me, non c'è cosa che faccia senza chiedergli un parere e soprattutto, non c'è momento difficile che io viva senza averlo al mio fianco.


Quando ci siamo conosciuti la storia tra me e Rhett era finita da qualche mese, ma l'amore che a lui mi lega, ancora non mi abbandona, e anzi, spesso e volentieri mi riduco in condizioni pietose solo pensandolo.


Forse è anche per colpa del mio passato disastroso. Avere una famiglia completamente annientata da un'esplosione non è cosa da tutti, e soprattutto non lo è essere l'unico sopravvissuto da una strage che ha coinvolto un'intera famiglia, padre, madre, figli con rispettivi mariti, mogli e nipoti. E tutto perché io, da bravo idiota, ero convinto di aver chiuso il gas quando invece non era così.


Sono uscito a portare fuori il cane, era Natale, eravamo tutti riuniti per festeggiare... e sono tutti morti per colpa mia.


E' successo quando avevo 16 anni, all'epoca stavo già con Rhett. Lui mi è stato vicino come nessun altro, mi ha aiutato ad uscire dalla depressione e dal dolore nel quale sguazzavo, nonostante non sia riuscito a cancellare il rimorso e il senso di colpa dai miei occhi azzurri.


Rhett diceva sempre che erano come pezzi di cielo, non importava se c'era il sole o pioveva, lui aveva la sua, piccola ma personalissima parte di cielo terso, di limpido azzurro in cui potersi perdere e per cui sognare. Peccato solo che spesso, anche nei miei occhi, proprio come nella vera volta celeste, compaiano delle nubi pesanti, delle coltri di nera disperazione che nessuno, nemmeno Rhett, è mai riuscito a dissipare.


Non so perché sono finito a parlare di lui, quando, l'unica cosa che voglio, è andare a stendermi sul divano, guardare la televisione e magari, più tardi, con calma, sentire Henrick fare due chiacchiere con lui, sperando che non vada a vedere la posta...


Ma perché cavolo gliel'ho mandata? Mi sta davvero prendendo un'agitazione che non avevo mai avvertito.


Non so perché l'ho fatto, o forse sì. Ormai ho ventisei anni, devo essere pienamente cosciente delle mie azioni e di quando faccio qualcosa, devo pagarne le conseguenza, no?


Sono scemo lo so, e molto anche, ma... Henrick, adesso come adesso, è davvero tutto quello che ho, e se lo perdessi, non saprei davvero che fare.


Ho conosciuto Henrick ad una festa, un modo piuttosto banale a dire il vero. Ero solo, in un angolo, un bicchiere di coca cola alla mano (sono completamente astemio) e lui era nella mia stessa posizione, un bicchiere di birra, e solo come me nell'angolo opposto della stanza. L'organizzatore della festa, il mio amico Damon, mi si era avvicinato un attimo per dirmi di smettere di fare l'antipatico ed andare con tutti loro, che ridevano, scherzavano e si stavano preparando a fare il gioco della bottiglia (cosa che reputo tutt'ora molto infantile, seppur divertente, se fatta da ragazzi che hanno dai 23 ai 29 anni). Colsi l'occasione al volo e gli chiesi chi era il bel moro dalla parte opposta della stanza. Lui sorrise e mi disse che si chiamava Henrick, era un suo nuovo collega di lavoro, era taciturno e schivo, ma non antipatico, anzi sembrava essere sempre molto gentile e disponibile.

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