1. Incontri ravvicinati del terzo tipo.

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(con attori che non sognavo nemmeno di incontrare)

Giovedì 3 Dicembre 2015

Okay, facciamo con calma. Bisogna rimanere rilassati. Non può andare così male, no?

Guardo il portone di ciliegio e sento la gamba destra fremere dalla paura. Non solo la gamba. Ho anche un buco allo stomaco.

Sono interamente attanagliata dalla paura. Con lentezza infilo la chiave nella toppa e faccio scattare un paio di volte. Dentro pare non esserci nessuno. Perfetto, via libera.

Neanche il tempo di mettere il piede dentro che la vedo arrivare a corsa sulle scale. Ha gli occhi infiammati e la bocca serrata. Era troppo bello per essere vero.

«Mia! MIA! Ti devo parlare subito» si posiziona davanti a me con gli occhi ridotti a fessure e le mani appoggiate sui fianchi. E, giustamente per completare il tutto sta battendo la punta dello stiletto firmato sul pavimento. Mi chiudo la porta alle spalle e sospiro. Niente vie di fuga, ormai sono in trappola.

«Dimmi mamma» cerco di far finta di niente anche se so di cosa vorrà parlare. Aspetto con finta calma che lei parli.

«Mi ha chiamato Benedetta» si prende una pausa tattica per farmi salire l'ansia, come se non lo sapesse che ne sto già morendo. «Mi ha detto che non sei passata a provarti l'abito, che non hai ancora preso quello delle damigelle e che non hai ordinato i fiori» scandisce piano, come al suo solito. Sebbene viva da più di quarant'anni in Italia non ha perso questa abitudine di parlare piano, studiare ogni parola, ogni frase prima di dirla.

«Posso usare la giustificazione che ci sono un sacco di turisti qui in questo periodo?» tento di usare la scusa del lavoro. Che poi alla fine è la verità. Ogni giorno enormi gruppi di persone arrivano a Firenze per vederla sotto Natale, per ammirare la città di giorno con tutte le sue bellezze artistiche e la città di notte, illuminata da centinaia di luci che la rendono magica. Se non ci vivessi trecentosessantacinque giorni all'anno (moltiplicato per i miei trent'anni di vita), anche io ci verrei in questo periodo.

A mia madre s'infiamma ancor di più lo sguardo e scuote con forza la testa. Okay, ci ho provato.

«Non hai scusanti» enuncia severa. «Lo sai che mi sto facendo in quattro per organizzare il tuo matrimonio? E a te non importa per niente».

«Lo sai, anzi lo sapete sia tu che la Benedetta, che io e Gabri non abbiamo mai voluta una cerimonia in grande» replico con calma, cercando di non arrabbiarmi. La odio quando è così. E lei è così. Sempre.

«Già, ricordo. Voi volevate sposarvi senza neanche invitarci. Senza neanche uno straccio di abito o di ricevimento» ricorda acidamente. Questa cosa che secondo me e il mio fidanzato non è importante la cerimonia non le è mai andato giù. Per lei non è un matrimonio. E nemmeno per la mia terribile suocera Benedetta. Allora hanno deciso di loro spontanea volontà che la dovevano organizzare loro la nostra cerimonia, sennò che avrebbe pensato la gente? Io e Gabriele avevamo anche architettato una fuga per andarci a sposare in segreto a Roma. Ma ovviamente abbiamo rinunciato, perché sennò chi le sopportava quelle due?

«Mia, darling, why are you acting like this? Io mi ci metto d'impegno e tu non sembri apprezzare i miei sforzi, e nemmeno quelli di tua suocera. Sembra che ci si tenga molto più noi che tu e Gabriele» si lamenta e io non posso non sbuffare annoiata. Me l'avrà detto almeno cento volte questa cosa. Non ce la fa a capire che a noi non interessa quel certo tipo di cerimonia, a quanto pare.

«Devo farmi una doccia adesso» cambio discorso aspramente. «Sono stata invitata ad un gala agli Uffizi stasera, e sono già in ritardo» cerco di superarla ma lei mi si para nuovamente davanti.

Per le vie di FirenzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora