2. Quando tutto ha cominciato ad andare male

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Venerdì 4 Dicembre

La mattina dopo mi risveglio con un forte mal di testa, un terribile martellio che mi tiene compagnia tutto il giorno e diventa il mio migliore amico.

Decido che sarei rimasta a letto fino almeno alle dieci, quando sarà troppo tardi per cazzeggiare. Mi rigiro tra le coperte rosa chiaro, pensando che è arrivata l'ora di cambiarle. Lo annoto mentalmente nella lunghissima lista di cose che devo fare oggi e che non riuscirò mai a completare. Almeno non tutte.

Mi volto dall'altra parte, ma un debole spiraglio di luce filtra dalle persiane e mi colpisce in pieno viso. Quando si dice la sfiga. Ritorno alla posizione di prima e provo a riaddormentarmi ma niente.

No, è ufficiale: non riesco a dormire di più. Non riesco mai a godermi il giorno off. Mi devo, sempre e comunque, svegliare alle sette e trenta, come tutti gli altri giorni.

Dopo venti minuti ci rinuncio ufficialmente, ed è allora che comincio a ripensare alla notte appena passata. Lo champagne buonissimo, le scarpe che mi fanno male, il cibo delizioso, la compagnia interessante, Mara e Augusto Rossi, gli occhi di Massimo che spesso ho ritrovato addosso a me, quasi fastidiosi. Sentivo spesso il suo sguardo sulle mie spalle. Ha provato a parlarmi un paio di volte, ma l'ho evitato. Non riesco a sopportarlo.

Solo una volta ci siamo scambiati due parole. O almeno ho provato a chiedergli delle cose, ma lui è diventato scuro in volto e ha cambiato discorso. Come sempre.

Per la rabbia tiro un pugno sul cuscino e vi premo forte la faccia. Lo conosco da una vita ormai, e lui continua a trattarmi come una preda, come un animale. È uno stronzo, uno stronzo. Non ha nessun rispetto di me. E lo odio per questo.

Okay, sono ufficialmente furiosa. Per colpa sua mi sono già rovinata il giorno di festa. Mi alzo rabbiosamente dal letto e mi dirigo in cucina, sperando di trovarci ancora una bustina di thé agli agrumi che mi ha riportato mio fratello da Londra. Dopo qualche minuto di ricerche la scovo in un barattolo per biscotti. Sorrido vittoriosa e mi preparo la tisana. Appena riesco a berne un paio di sorsi sento la tensione diminuire, mi sento più calma e rilassata, pronta ad affrontare quella pila di foto che mia madre e mia suocera mi hanno preparato per scegliere gli abiti delle damigelle, i fiori, i centrotavola, i segnaposti, le tovaglie...

Va bene, mettiamoci a lavoro. Accendo la radio per avere un po' di compagnia e inizio a sfogliare gli album, annotandomi tutto ciò che credo sia più interessante e utile.

Verso le dieci, ho selezionato quattro tipi di centrotavola e composizioni, cinque abiti per le damigelle, due colori per la tavola che potrebbero andare bene con la sala. Uno è meraviglioso perché a tema natalizio (adoro! Ma sono sicura che Gabriele me la boccia, come vederlo) e uno tutto blu e argento; forse un po' scontato, ma sicuramente questo mi viene passato anche dallo sposo (un altro era tutto sul bianco, nero e argento, ma a Gabri sarebbe presa una sincope se fosse entrato in una sala juventina. Al massimo si poteva fare giallorossa. Senza al massimo, sono sicura che l'avrebbe amata. Ma nein.).

Mi distendo sulla sedia e stiro i muscoli. Sono orgogliosa di me. Come premio posso concedermi una bella colazione da Vittorio, sull'Arno.

Mando un messaggio a mio fratello proponendogliela e lui risponde tempestivamente.

Come se ci fosse bisogno di chiedermelo

Sorrido: conosco i miei polli.

Mi alzo, non curandomi di rimettere a posto i raccoglitori e vado a farmi una doccia veloce per uscire.

Alle dieci e mezza sono davanti al bar di Vittorio (mio zio) a tremare per il freddo. Mio fratello è in ritardo. Tanto per cambiare.

Me lo vedo arrivare solamente qualche minuto dopo, col cappotto aperto e i ricci al vento.

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