07| La quinta ora: La vita vera

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«Oddio... Quante volte sono venuta? Tipo cinque? Sei?» Stesa di schiena, fissava il soffitto con occhi sgranati e il respiro corto. Si doveva ancora riprendere Leslie. Aveva tutto il corpo in subbuglio, specialmente la parte più intima di sé che ancora tremava al ricordo di quello che era appena successo. Ancora e ancora. Wow!
«Sei volte, Leslie.» Hero non era da meno, anche lui si era divertito parecchio e poteva dire di essere venuto le stesse identiche volte della sua partner ed era molto orgoglioso di tutto il suo repertorio messo in atto. Era stato magnifico, davvero il miglior sesso di tutta la sua monotona vita da campione.
«Sei un fottutissimo Dio del sesso Hero Sullivan. Il tuo pene mi ha stregato.» Disse sospirando Leslie, mentre lasciava vagare la sua mano sul petto scolpito di Hero. Si sentiva galleggiare nel vuoto, era così euforica e stava così bene che non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto vivere fino a quel momento senza tutto quello, senza Hero. Inoltre la sua lingua aveva ormai vita propria e tutto quello che le passava per la testa, in automatico veniva anche detto ad alta voce al suo nell'interlocutore.
«Ne sono onorato, posso dire la stessa cosa della tua amichetta laggiù.» Sogghignò sfacciato Hero, girandosi verso Leslie e stringendole una natica con fare stranamente possessivo. Quel momento post sesso con lei era di gran lunga più piacevole di quello che avrebbe mai potuto immaginare. Leslie era una continua scoperta ai suoi occhi, tanto che si lasciò andare anche lui, mostrando il suo lato più nascosto: quello dolce e protettivo.
«E fai bene, perché non l'ho mai detto a nessuno prima d'ora. Ritieniti mooolto fortunato.» Sorrise Leslie, appoggiandosi al petto di Hero e guardandolo da sotto quelle lunghe ciglia. Il mento appoggiava al petto, così come le mani minute, ma curiose che non avevano ancora smesso di accarezzare la pelle ambrata del ragazzo, facendo dei piccoli cerchi concentrici molto rilassanti.
«Oh lo so, io sono molto fortunato.» Commentò Hero, prima di tornare a baciare quelle labbra che gli avrebbero dato il tormento per tutti i giorni a seguire, ne era più che certo. Dannazione a lui e al suo amichetto iperattivo!

Mancava sempre meno alla fine di quello che si era rivelato essere un piacevole obbligo, eppure nessuno dei due aveva ancora parlato di cosa avrebbero dovuto fare dopo tutto quello che era successo tra quelle quattro mura. Come avrebbero dovuto comportarsi? Fingere? Ammettere tutto? Nessuno dei due sapeva cosa fare, ma soprattutto non sapeva se era il caso o meno dì intavolare il discorso, ecco perché questo venne messo da parte senza neanche pensarci troppo. Dopo altri attimi di silenzio, mentre entrambi erano ancora piacevolmente sdraiati a letto, avvolti solo dal lenzuolo di cotone, decisero di tornare a parlare della loro vita. Un argomento tabù per molti, ma non per loro due. Ora che si conoscevano decisamente di più dal punto di vista fisico, potevano anche azzardare qualcosa in più dal punto di vista della sfera personale e privata.
«Te l'ho detto Hero, non sono una bella persona.» Esordì Leslie, dopo l'ennesima occhiata di rimprovero. Lui le aveva chiesto di essere onesta e lei ci stava provando davvero.

«Non mi interessa. Dimmi chi sei.» Hero tuttavia non era della stessa idea. Pensava fosse impossibile che una ragazza come quella che gli stava accanto, potesse davvero avere qualcosa di così oscuro da nascondere. La gang ci sta, ma poi? Cos'altro c'era di così brutto!
«Non ti piacerà, non sono chi tu pensi che io sia. Pensavo che prima avessi capito in realtà.» Un'ansia innaturale investì in pieno petto il cuore e la mente di Leslie. Poteva davvero fidarsi? Poteva davvero rivelare che cosa aveva fatto e faceva?
«Io non penso niente Leslie. Dimmi solo chi sei.» Hero era determinato. Voleva sapere che cosa nascondeva quella ragazza dai capelli viola. Voleva sapere tutto di lei, perché ormai c'era già dentro a quella faccenda.
«Mi chiamano Purple Queen...» Soffiò fuori dalla bocca a fatica Leslie, stringendosi maggiormente al petto il lenzuolo. Fece anche per allontanarsi da quel corpo cado che l'aveva cullata per quelle ore, ma una grossa mano dalla prese ferrea glielo impedì.
«Sei la donna di cui tutti parlano...» Il giocatore incastrò i suoi occhi neri come la notte, in quelli nocciola della ragazza accanto a lui e un lampo di consapevolezza lo investì in pieno, facendolo sentire un vero stupido.
«Sono uno scarto della società Hero,
sono la me-» Leslie partì in quinta, vomitando parole che per troppo tempo aveva tenuto solo per sé. Cassie sapeva solo qualcosa a grandi linee del suo passato e del suo presente, qualcosa che le aveva rubato a forza con mille e mille domande inopportune, in pieno stile Cassie.
«Sei quella che si prende la colpa per tutti, Leslie. Sei la loro regina!» Scattò a sedere Hero, portandosi una mano sul viso. Metabolizzare quelle parole richiedeva più tempo del dovuto, soprattutto perché la donna al suo fianco era una criminale di prima categoria che ne aveva fatte di cotte e di crude. Eppure in quel letto, ora seduta accanto a lui, con quello sguardo triste che le incorniciava il viso, non sembrava poi così letale e spietata come veniva dipinta.
«Sono un casino vivente Hero che è decisamente molto diverso.» Leslie non andava fiera di niente di ciò che aveva fatto per arrivare dov'era in quel preciso momento della sua vita, ma allo stesso tempo non aveva rimpianti. Rimpiangere non fa bene alla salute, le ripeteva sempre sua madre.

PURPLE QUEEN - Obbligo o verità?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora