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Liam aveva passato la maggior parte della notte a rimuginare su ciò che era successo la sera prima, aveva dormito poco e male e ora era particolarmente irritabile.
Jim e Milly stavano tirando giù le sedie per poter preparare i tavoli. Il pub avrebbe aperto a breve e Liam sapeva già che i clienti sarebbero entrati subito, quindi doveva essere tutto pronto.
Il Sunset era un posto di ritrovo, non solo per famiglie, ma soprattutto per gli uomini che, appena usciti dal lavoro, andavano a farsi una birra prima di rientrare a casa. "Milly sta attenta" urlò "possibile che dopo 6 mesi che sei qui tu non riesca a portare nemmeno un vassoio senza rovesciarlo" il tono fu duro e aggressivo. Milly non era abituata a quelle reazioni da parte del suo capo, Liam era sempre paziente e non la sgridava mai, nonostante gli innumerevoli guai che combinava. Infatti la reazione così esagerata dell'uomo le fece riempire gli occhi di lacrime "Scusa" mormorò per poi tirare su col naso. Liam si sentì un vero stronzo, le si avvicinò e carezzandole un braccio con dolcezza le chiese scusa per i suoi modi.
Milly gli sorrise e tornò a sistemare i tavoli cercando di fare più attenzione.
Il cartello sulla porta era girato verso l'esterno, ancora con la scritta Chiuso, eppure Liam sentì distintamente la porta aprirsi.
Quando incontrò quegli occhi azzurri che continuavano a tormentarlo da quando li aveva incrociati la prima volta, strinse le mani in due pugni e si voltò "Siamo chiusi" ringhiò a denti stretti.
"Liam, ti prego" lo scongiuro Angel.
"Ho detto che siamo chiusi" ripetè, fermo sulla sua posizione, la voce ancora più dura di prima "Aspetterò che apriate allora" non si sarebbe arreso, non prima di aver fatto ogni tentativo, voltò le spalle e si mise seduto sulla panchina di fronte all'ingresso del Sunset. Rockport era incantevole, le sue casette bianche, immacolate, il porto così colorato, quasi a contrastare tutto quel candore, la flora rigogliosa, era uno spettacolo da ammirare. Angel aveva pensato di tornarci solo per qualche mese, dopo gli studi, per stare un po' con la famiglia, visto che negli ultimi quattro anni aveva passato tutto il tempo nel campus universitario.
Poi sarebbe andato via, forse a New York, lì non c'erano molte opportunità  per chi aspirava a fare il suo lavoro e poi tornare in quella cittadina era così doloroso, eppure ora era felice di averlo fatto. Sospirò guardando verso l'ingresso del locale e si rese conto che tutto ciò che voleva era oltre quella porta.
Liam era la cosa migliore che gli fosse capitata negli ultimi due anni.
Gli faceva dimenticare tutta la sofferenza che aveva provato e poi stare con lui era divertente, rilassante, appagante.
Si ritrovò a desiderare di trascorrere molto più tempo con lui.
Quando Jim si avvicinò alla porta lo guardò, gli fece un occhiolino e girò il cartello. Non c'era nessuno ancora, così Angel si affrettò ad alzarsi, prima che altre persone entrassero e gli togliessero la possibilità di parlare con Liam.
L'uomo si accorse subito della sua presenza, era al suo solito posto, dietro al bancone di legno, intento a sistemare le stoviglie che avevano lasciato ad asciugare la sera prima. Il ragazzo si avvicinò cautamente, a passo lento, quasi avesse paura di arrivare davanti a lui.
Liam lo vide con la coda dell'occhio sedersi nello sgabello di fronte, si voltò di spalle e ripose i piatti sul pass della cucina, che Fersgus avrebbe sistemato appena arrivato.
"Cosa ti portò" domandò senza nemmeno voltarsi.
"Liam, per favore" lo implorò ancora.
"Se non sei qui per bere, la porta la conosci" Liam era davvero arrabbiato, gli stava negando anche la possibilità di spiegarsi. Non poteva dargli torto, ma non aveva  potuto fare altrimenti. George aveva giocato la carta Eric e lui non aveva potuto fare altro che seguirlo. Era troppo ubriaco e sapeva che se non lo avesse fatto avrebbe messo su un casino dalle proporzioni colossali e lui non voleva che creasse problemi nel Sunset.
George non era un cattivo ragazzo, forse un po' viziato, ma il suo comportamento nell'ultimo periodo era dovuto a ciò che era successo due anni prima. Quel dolore lo aveva completamente distrutto.
Il suo errore era stato quello di non dire nulla a Liam, di andarsene senza dare alcuna spiegazione.  L'atteggiamento di George e il suo successivo comportamento potevano dare adito a fraintendimenti e lui ne era consapevole,  ma molto probabilmente George li aveva osservati tutto il tempo,  quindi li aveva anche visti uscire dal magazzino affannati e sudati e aveva tratto le giuste conclusioni. Era sicuro che se avesse dato spiegazioni a Liam, George sarebbe esploso. L'unica cosa saggia da fare, anche se sbagliata, era seguirlo in silenzio,  e così aveva fatto. Ritrovandosi nella situazione attuale.
"Hey, Angel" lo salutò Jim abbracciandolo. Liam continuava a chiedersi come diavolo facessero a conoscersi quei due. La vita di Angel e il suo comportamento sembravano un grande mistero.
"Janet mi ha detto che stai per ripartire" il ragazzo annuì guardando nella direzione di Liam.
"È una bella occasione per te" aggiunse. "Quanto stai via stavolta?"
"Due settimane" il tono desolato con cui pronunciò quelle parole fece intuire a Jim, e forse anche a Liam, che non era proprio felice di farlo.
"Dai che passano in fretta" lo incoraggiò il ragazzo dandogli una sonora pacca sulla spalla.
Angel fece un sorriso mesto e tornò a sorseggiare la sua birra.
"Jim?"
"Sì,  amico".
"Visto che qui c'è sempre tanta gente, se senti qualcuno che affitta un appartamento me lo fai sapere?"
"Ma tu non stavi da George?" Liam voltò di scatto la testa, sgranando gli occhi. Quindi Angel e George non solo erano legati ma dividevano anche l'appartamento? Magari scopavano pure. Che stupido che era stato.
Brian aveva avuto ragione fin dal primo momento e lui così annebbiato dal desiderio di tornare ad amare ed essere amato che si era fatto prendere per il culo da quel ragazzino. Lanciò sul bancone lo strofinaccio con cui stava asciugando le mani e si chiuse in magazzino sbattendosi la porta alle spalle. Era incazzato nero.
Angel guardò Jim, il quale  mortificato gli chiese scusa.
"Ma lui non sa niente di Eric?" Angel negò "Non gliene ho parlato".
"Amico, davvero mi dispiace" si scusò ancora. Poi si allontanò perché alcuni clienti, che si erano appena seduti, reclamavano la sua presenza.
Angel prese un profondo respiro e tutto il coraggio che aveva ed entrò.
"Liam, posso spiegarti" disse palesando la sua presenza.
Liam era all'impiedi di fianco alla seconda porta, quella che dava all'esterno del locale, il lampione sempre lì ad illuminare la notte che stava arrivando.
Liam si voltò "Non mi interessano le tue spiegazioni" e stavolta sembrava dannatamente sincero.
"Non ti credo" azzardò il ragazzo avvicinandosi verso di lui.
"Non puoi stare qui. È per i dipendenti e gli amici" lo invitò ad uscire raggiungendo l'altra porta ed aprendogliela.
"Liam, ti scongiuro.  Sto per partire e starò via per due settimane. Fammi" ma non riuscì a finire la frase.
"Buon viaggio allora, spero di non rivederti al tuo ritorno" e visto che il ragazzo non accennava ad uscire dal magazzino, lo fece lui, lasciandolo lì.
Quelle parole vorticarono dure nella testa di Angel, non poteva credere a ciò che aveva sentito.
Possibile che ciò che era successo tra loro per Liam non valeva nemmeno una spiegazione? Con gli occhi pieni di lacrime se ne andò senza più guardarsi indietro.
Non poteva farsene una colpa, lui ci aveva provato,  ma Liam non aveva voluto nemmeno ascoltarlo. Sarebbe stato male per un po',  ma non si sarebbe umiliato oltre misura. In fondo lui al dolore ci era abituato.

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